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24 Agosto 2025
15:30

Chi è che controlla il traffico dei migranti in Africa?

Il traffico dei migranti è un business globale che sfrutta la debolezza di molti Stati africani. La Libia è l’hub principale, gestito da milizie legate al governo. Mafie, jihadisti e criminalità europea alimentano una rete che riduce i migranti in nuova schiavitù.

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Chi è che controlla il traffico dei migranti in Africa?
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Il traffico dei migranti, al giorno d'oggi, deve essere considerato alla stregua di un autentico business, accomunabile (con le dovute proporzioni) all'infamante Tratta degli Schiavi Africani del periodo della Colonizzazione. Al vertice di questa piramide di sfruttamento siedono una serie di potenti cartelli criminali di natura transnazionale che approfittano della condizione di debolezza nella quale versano numerosi Stati africani, per creare dei veri e propri imperi del malaffare. Tra tutti, la Libia è il paese che, in virtù della sua debolezza e frammentazione, si sta candidando a diventare l'“hub” per eccellenza di questa tratta.

Le dimensioni demografiche della tratta dei migranti

Anche se la maggior parte dei migranti africani si sposta all’interno del continente, una parte minoritaria tenta comunque la traversata verso l’Europa, spesso a bordo delle cosiddette “carrette del mare”, imbarcazioni precarie che alimentano un lucroso traffico.
Secondo OCSE e Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, tra il 1965 e il 2021 circa 440.000 africani l’anno hanno lasciato il continente, pari allo 0,05% della popolazione. Per confronto, solo nel 2005 ben 17 milioni si sono mossi all’interno dell’Africa, contribuendo da un lato alla crescita economica, dall’altro a tensioni sociali.

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Cartina illustrante la ragnatela delle rotte africane della tratta dei migranti con evidenziati i principali "hub". Credit: Frankfurter Allgemeine Zeitung

Tra il 2010 e il 2017, oltre un milione di africani ha richiesto asilo in Europa, secondo il Pew Research Center, con un aumento da 58.000 a 168.000 richieste in sette anni. Molti migranti arrivano legalmente, ma restano dopo la scadenza del visto.
Nel frattempo, si stima che tra il Maghreb e la Libia si trovino circa 2 milioni di migranti irregolari, in crescita di 120.000 unità l’anno. Solo il 10-15% tenta poi la rotta mediterranea, ma con costi tra i 4.000 e i 6.000 dollari a persona, il traffico resta altamente redditizio per i gruppi criminali.

Le rotte del traffico dei migranti

Nel Maghreb si sono sviluppate numerose rotte terrestri per il traffico dei migranti, ma le più rilevanti sono due: la prima va da Agadès e Dirkou (Niger) a Sabha (Libia) e poi verso le coste della Tripolitania per l’imbarco verso l’Europa; la seconda parte da Agadès e Arlit, passa per Bamako e Gao (Mali), poi raggiunge Tamanrasset (Algeria) e infine Meghnia, verso le enclavi spagnole di Ceuta e Melilla.

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Barriere di confine situate tra il territorio dell’enclave spagnola di Ceuta e il Regno del Marocco. Credit: Youtryandyoutry

Al fianco delle rotte “terrestri” sahariane, vi sono poi le cosiddette “rotte atlantiche” aventi per destinazione, o passanti per, Capo Verde, le Canarie o direttamente la Penisola Iberica. Dapprima considerate come percorsi ausiliari, le “rotte atlantiche” hanno visto un incremento dell'attività nel corso degli ultimi anni. Dati del governo spagnolo, riferiti all'anno 2024, parlano di un record negativo di 10.547 decessi tra i migranti nel corso della traversata dell'Oceano Atlantico per raggiungere le coste spagnole.

Infine, vi sono le “rotte mediterranee”, cioè l'attraversamento del Mar Mediterraneo, mediante vascelli di fortuna principalmente diretti verso Spagna, Malta, Italia e Grecia, quest'ultima anche interessata dalla cosiddetta “rotta balcanica” la quale però è tendenzialmente riservata ai flussi di migranti provenienti dal Medio Oriente, dall'Afghanistan e dal subcontinente indiano.

Mafie, signori della guerra e trafficanti

Le dimensioni del fenomeno migratorio hanno stuzzicato gli interessi di mafie, trafficanti e signori della guerra accomunati dall'obiettivo di lucrare sulla pelle dei poveri disperati. Lo sfruttamento dei migranti inizia già nei loro Paesi d'origine e continua una volta giunti a destinazione, in Europa, dato che, in molti casi, essi si ritrovano in una vera e propria condizione di schiavitù a causa dei debiti contratti per pagare il viaggio. Nel caso delle donne questo comporta quasi sempre la caduta nel vortice del mercato della prostituzione laddove si sono ritagliate una posizione di primo piano le mafie nigeriane.

Il business del traffico dei migranti (ma anche della droga, delle armi ed il contrabbando di merci di tutti i tipi) ha risucchiato anche le popolazioni tuareg dell'area sahariana e saheliana, un tempo nobili pastori e mercanti di oro e sale ed oggi associati a “scambi” assai più loschi che li hanno portati a collaborare, fianco a fianco, con i jihadisti islamici orbitanti attorno alla galassia di Al-Qaida prima e dell'ISIS poi. Non dimentichiamo, infine, la compartecipazione della criminalità europea (mafie italiane, corse, cosche balcaniche) del lato nord del Mediterraneo.

In Libia, il traffico dei migranti è controllato da milizie armate legate al potere politico. La figura dominante è Usāma al-Maṣrī Nağīm, sostenuto dalla milizia al-Radaa (RADA), che gestisce di fatto il business dei migranti nella Tripolitania costiera, esercitando un forte potere di ricatto. Anche Mohammed al-Khoja, capo del Dipartimento contro l'Immigrazione, è stato accusato dalle Nazioni Unite di essere coinvolto nei traffici. Al vertice poi si trova ʿImad Mustafa Trabelsi, ministro degli Interni e responsabile delle dogane, che secondo diverse accuse internazionali ignora volutamente queste attività. Tutti e tre sono leader di milizie che hanno difeso Tripoli dal generale Haftar e sono considerati pilastri del governo di Abdul Hamid Dbeibeh, l’unico riconosciuto dall’Italia. È anche grazie a questa copertura politica che il traffico può proseguire indisturbato.

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