
Lo sappiamo tutti: la luce è l'entità fisica più veloce in natura. Albert Einstein ci ha insegnato che la natura è fatta in modo che la velocità della luce (cioè la velocità di propagazione di un'onda elettromagnetica) nel vuoto è la stessa per tutti e rappresenta un limite invalicabile per ogni entità fisica con i suoi 299.792.458 m/s. Abbastanza per compiere 7 giri e mezzo attorno all'equatore in appena un secondo, o per arrivare sulla Luna in 1,28 secondi. Una velocità tale che viene quasi da chiedersi: ma come diavolo hanno fatto a misurarla? La prima misurazione in laboratorio della velocità più alta possibile nell'universo avvenne nel 1849 con uno degli esperimenti più belli di tutta la storia della fisica: l'esperimento di Fizeau, in cui un fascio di luce interagiva con una ruota dentata in rotazione. Con questo metodo semplice e geniale, Fizeau calcolò un valore di 314.000 km/s, sorprendentemente vicino a quello accettato oggi.
Prima di Fizeau: Galileo e Rømer
Il primo a provarci fu uno degli inventori del metodo scientifico moderno: Galileo Galilei. Prese un suo assistente e lo mandò di notte con una lanterna in cima a una collina, mentre lui stava con un'altra lanterna in cima a un'altra collina. Il piano era semplice: Galileo scopre la sua lanterna, permettendo alla luce di propagarsi; non appena il discepolo vede la luce, scopre la sua lanterna e Galileo registra il tempo trascorso da quando ha scoperto la lanterna a quando ha visto la luce dell'assistente. La velocità è semplicemente il rapporto tra il doppio della distanza tra le due lanterne (cioè il percorso totale fatto dalla luce) e il tempo misurato da Galileo.
L'esperimento non fu conclusivo, e non è difficile immaginare il perché: le distanze erano troppo piccole e gli orologi dell'epoca troppo poco precisi per misurare una velocità così elevata, senza contare il fatto che i soli tempi di reazione dei due sperimentatori erano molto superiori al tempo necessario alla luce per fare avanti e indietro.
Galileo però fornì indirettamente le basi per la prima misura quantitativa della velocità della luce, con la scoperta dei satelliti medicei del pianeta Giove. Cosa c'entrano le lune di Giove con la velocità della luce, potreste chiedervi. Ebbene, l'astronomo danese Ole Rømer scoprì negli anni ’70 del Seicento che la tempistica delle eclissi delle lune gioviane con il pianeta stesso cambiava a seconda del periodo dell'anno in cui queste eclissi si verificavano: più la Terra nel corso della sua orbita attorno al Sole era vicina a Giove, più le eclissi avvenivano “in anticipo”. Viceversa, quando la Terra era più lontana dal pianeta gigante le eclissi avvenivano “in ritardo”. In tutto ballavano una ventina di minuti. Rømer pensò, correttamente, che la differenza fosse dovuta al fatto che la luce impiega un certo tempo per attraversare le dimensioni dell'orbita terrestre, cioè due volte la distanza Terra-Sole. Bene: sapendo più o meno quant'è la distanza Terra-Sole e quanto “ritardano” le eclissi dei satelliti medicei nell'arco di sei mesi possiamo stimare la velocità della luce. L'astronomo danese ottenne un valore di circa 225.000 km/s, cioè il 20% in meno del valore corretto.
L'esperimento di Fizeau per la misura della velocità della luce
Per fare il salto di qualità, però, ci voleva un esperimento condotto non usando i pianeti del Sistema Solare ma in laboratorio, con misure precise in un ambiente controllato. Ma come fare? L'idea venne al fisico francese Hyppolite Fizeau, ed era tanto semplice quanto geniale. La protagonista assoluta di questo esperimento – anche se in realtà si trattava di una vasta famiglia di esperimenti – era una ruota dentata la cui velocità di rotazione doveva poter raggiungere valori elevati ed essere regolata in modo molto preciso.
Si prende la luce di una potente torcia o un'altra sorgente luminosa e la si fa confluire attraverso un sistema di lenti per rendere il fascio luminoso ben compatto e collimato. A questo punto il fascio attraversa uno specchio semitrasparente inclinato di 45°. Cosa vuol dire semitrasparente? Significa che fa passare la luce in un verso ma non la fa passare nel verso opposto. A breve capiremo perché. La luce attraversa questo specchio, devia di 90° e da lì prosegue in linea retta. Subito dopo incontra il bordo della ruota dentata: se incontra un dente, il fascio è spacciato e non prosegue più, altrimenti continua il suo percorso fino a uno specchio che il fisico francese aveva disposto alla bellezza di 8,633 km.

Inizialmente la ruota è ferma e disposta in modo che la luce possa passare. Lo specchio fa il suo lavoro: riflette la luce e la rimanda indietro allo specchio semitrasparente, che questa volta la lascia passare e la porta all'occhio di Fizeau, che altrimenti non avrebbe potuto vedere nulla. In questa situazione si osserva l'intensità di luce massima, perché tutta la luce emessa dalla sorgente luminosa torna indietro.

Ora, cosa succede se facciamo girare la ruota a velocità sempre più elevate? Inizialmente Fizeau osserverà una diminuzione dell'intensità luminosa, perché non tutta la luce torna indietro: una parte infatti, durante il tragitto “di ritorno”, incontra i denti della ruota. Man mano che la velocità della ruota aumenta, però, arriva una specifica velocità di rotazione per cui Fizeau non vede più alcuna luce. Cioè nessuna luce torna indietro dallo specchio principale. Questo accade perché, a quella velocità, la luce attraversa la ruota nei vuoti tra due denti, colpisce lo specchio ma sistematicamente quando torna indietro colpisce il dente successivo alla fessura da cui è passata e dunque non può arrivare all'occhio di Fizeau.

La velocità angolare della ruota per cui la luce sparisce (cioè quanti giri fa in un secondo, per intenderci) è la chiave per misurare la velocità della luce. Questa velocità, infatti, ci permette di calcolare il tempo che impiega un “vuoto” per diventare un “pieno” nel bordo della ruota. Il calcolo è semplice: basta dividere il periodo della ruota (cioè quanto impiega per completare un giro) per il doppio del numero di denti della ruota (il doppio perché la distanza dal centro di una fessura al centro del dente successivo è la metà della distanza tra due denti successivi). La ruota di Fizeau aveva un periodo di 0,08 secondi e 720 denti, quindi facendo i calcoli otteniamo:
0,08 secondi / (2 · 720) ≈ 0,000055 secondi.
Bene, una volta calcolato questo intervallo di tempo prendiamo la formula della velocità che abbiamo tutti studiato a scuola:
velocità = distanza / tempo
La distanza è nota: è il doppio della distanza tra la ruota e lo specchio (il doppio perché la luce deve attraversare questa distanza all'andata e al ritorno, quindi due volte) e il tempo è quello che abbiamo appena calcolato. Quindi abbiamo:
2 · 8633 metri / 0,000055 secondi ≈ 314.000.000 metri al secondo.
con uno scarto inferiore del 5% rispetto al valore oggi accettato (299.792.48 metri al secondo). Un risultato sicuramente impressionante considerata la relativa semplicità – almeno dal punto di vista concettuale – dell'apparato con cui è stata fatta la misurazione e la semplicità della matematica e della fisica richiesta per arrivare a questo valore!