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17 Luglio 2022
18:30

Albert Einstein: storia e scoperte di un genio del secolo scorso

L'effetto fotoelettrico, la relatività speciale e quella ristretta, una vita dedicata alla fisica e al cambiamento del nostro modo di pensare spazio e tempo.

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Albert Einstein: storia e scoperte di un genio del secolo scorso
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Credits a destra: Orren Jack Turner, Princeton, N.J. Modified with Photoshop by PM_Poon and later by Dantadd.

Il fisico che ha cambiato i concetti di spazio e di tempo con la teoria della relatività e la celeberrima E=mc2, premio Nobel nel 1921 per la scoperta dell’effetto fotoelettrico. Questo e molto altro è stato Albert Einstein, ricostruiamo in breve la sua appassionante vita e le sue straordinarie intuizioni in questo articolo.

Chi è e cos'ha fatto Albert Einstein

Albert Einstein, fisico tedesco del XX secolo naturalizzato statunitense e svizzero, nasce a Ulma (Germania meridionale) nel 1879 da famiglia di origini ebraiche. Dopo alcuni spostamenti tra Monaco e Milano giunge a Zurigo dove completa gli studi con un dottorato nel 1905.
Quest’anno fu uno dei momenti di svolta della storia di Albert, un periodo estremamente fertile in cui pubblicò ben sei diversi scritti. Tra questi fondamentale fu l’articolo sull’effetto fotoelettrico, che gli garantirà il Nobel nel 1921, e lo scritto titolato Sull’elettrodinamica dei corpi in movimento in cui troviamo una prima esposizione della teoria della relatività ristretta.

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Einstein ed Elsa. Credits: Underwood and Underwood, New York, Public domain, via Wikimedia Commons

Tra il 1909 e il 1914 insegnò a Zurigo, dopodiché venne chiamato a Berlino per diventare membro dell'Accademia Prussiana delle Scienze. Qui ottenne la conferma sperimentale della sua teoria sulla relatività generale tramite l'eclissi solare del 1919.
Einstein rimase in Germania fino al 1933, nonostante in quegli anni fioccassero critiche e attacchi continui da parte dei colleghi tedeschi nazisti. Dopodiché, salito Hitler al governo, si recò a Princeton, nello stato di New York (USA). Qui proseguì gli studi fino al 1955, anno in cui venne a mancare.
Prima di andarsene però Albert Einstein lasciò il suo segno: scrisse una richiesta pacifista all'allora presidente americano Roosevelt contro l'uso delle armi nucleari, invitando il suo interlocutore a "rimanere umani".

L'effetto fotoelettrico

Partiamo da ciò che gli permise di ottenere il Premio Nobel. Era il 1905 e la rivista Annalen Der Physik pubblicava tre brevi scritti del ventiseienne Einstein. Tutti e tre rimandavano ad un'unica grande ricerca: la volontà di modificare i concetti fondamentali dell'elettromagnetismo, della meccanica e della termodinamica. Insomma, un'impresa sicuramente coraggiosa.
Nel primo di questi tre scritti dal titolo Su un punto di vista euristico riguardo la produzione e la trasformazione della luce Einstein ipotizzava la doppia natura della luce: corpuscolare e ondulatoria. La luce non è più solo un'onda, ma ogni tanto prevale il suo essere composta da corpuscoli, pacchetti discreti di energia, i cosiddetti quanti o fotoni per come li rinominò Lewis nel 1926.

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Credits: ThreePhaseAC, CC BY 4.0

Proprio da questi primi studi di Einstein deriva l'intero dibattito relativo alla duplice natura della luce che porterà alla fondazione della meccanica quantistica. Questa ipotesi fu la chiave interpretativa dell'effetto fotoelettrico: quando dei fotoni (una radiazione elettromagnetica) colpiscono a una certa frequenza una superficie metallica, essa emette elettroni. A interagire con la superficie sono proprio i pacchetti discreti di energia che passano la loro energia agli elettroni.

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Credits: CC BY–SA 3.0

La relatività ristretta

Sempre nel 1905 Albert Einstein ebbe un'altra magnifica intuizione. Altri due degli articoli pubblicati su Annalen fonderanno la relatività speciale o ristretta. La base di partenza è costituita da due postulati:
– la luce si muove nel vuoto con una velocità fissa "c", indipendente dal moto della fonte di luce;
– le leggi della fisica sono uguali per tutti gli osservatori che stanno in sistemi di riferimento inerziali (cioè non soggetti a forze esterne come l'accelerazione).

Da questi assunti deriva il fatto che il moto fosse relativo al sistema di riferimento in tutti i casi, tranne quando il moto relativo tra due sistemi di riferimento inerziali si avvicina alla velocità della luce.Nonostante la rilevanza di questa intuizione, la teoria della relatività speciale non era immediatamente sperimentabile e per questo motivo inizialmente venne presa con scetticismo.

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Eppure Einstein continuò nella sua impresa sviluppando, in un articolo del 1907, l'equivalenza concettuale tra massa ed energia, espressa dalla famosa equazione E = mc2. Dove c è la velocità della luce.

Teoria della relatività generale

Dieci anni più tardi, nel 1915, Einstein pubblica la teoria completa della relatività generale: una nuova descrizione della natura di spazio e tempo nonché della materia e della gravità, in grado di spiegare fenomeni che sembravano non rispondere alla legge di gravitazione universale di Newton. L'universo poteva essere distorto a causa del moto relativo e deformato da grandi masse come i pianeti o le stelle. Per questo motivo i raggi luminosi che passavano vicino a una massa come quella del Sole, ad esempio, venivano distorti.

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Questo effetto di distorsione fu verificato con l'eclissi solare del 29 maggio 1919. In questa occasione ci furono due spedizioni, una delle quali capitanata dall'inglese Arthur Eddington che annunciò la conferma della teoria di Einstein.

Dov'è il cervello di Einstein?

La particolarità della storia di uno dei più grandi fisici di sempre supera addirittura il momento della sua morte. Albert Einstein aveva infatti richiesto di essere cremato nel momento del passaggio a miglior vita, e così accadde, tranne che per il suo cervello. La materia cerebrale dello scienziato fu rimossa dal medico che si occupò della sua autopsia, Thomas Harvey. Egli conservò per ben 30 anni il cervello di Einstein, dopodiché – quando la famiglia dello scienziato fu informata della situazione – si decise di suddividerlo in ben 240 parti. Ognuna di esse fu mandata a un ricercatore e la parte più grande è tutt'ora presso l'ospedale di Princeton.

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Camilla Ferrario
Redattrice
L’universo è un posto strano e il modo che abbiamo di abitarlo cattura continuamente la mia attenzione. “Sii curiosa” è il mio imperativo: amo provare a ricostruire indizio per indizio il grande enigma in cui ci troviamo. Sono laureata in Filosofia, ho fatto la speaker in una web radio e adoro il true crime. Di cosa non posso fare a meno? Del dialogo aperto con gli altri e della pasta alle vongole.
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