
Bebe Vio, atleta paralimpica famosa in tutto il mondo con i suoi 28 anni e le sue 6 medaglie paralimpiche vinte finora, ha raccontato ai nostri microfoni e alle nostre telecamere come le protesi che usa nella vita di tutti i giorni le consentano di fare tutto: dalle cose più semplici alle più complesse. La tecnologia, ad oggi, può restituire gran parte delle funzionalità perdute dalle persone con disabilità dovute a mutilazioni.
Spesso quando pensiamo alle protesi, ci immaginiamo braccia e gambe robotiche come quelle dei film di fantascienza. Ma Bebe ci ha raccontato come esistano diversi tipi di protesi e soprattutto che quelle più utilizzate sono in verità quelle più semplici. Per quanto riguarda le braccia, si tratta di due strutture con batteria che, grazie a due elettrodi posizionati in due parti distinte del braccio, riescono a intuire quando la persona che le indossa vuole stringere o allentare la presa. Esistono poi anche le braccia "robotiche" che immaginiamo tutti, che sono estremamente comode perché in grado di muovere singolarmente le dita, ma che poi nella pratica vengono utilizzate poco dalla stessa Bebe, perché per esempio non sono impermeabili.
Queste protesi più sofisticate funzionano con lo stesso meccanismo di quelle più semplici, cioè tramite due elettrodi, ma con la particolarità di poter immagazzinare un numero maggiore di movimenti. È la persona stessa ad insegnare al macchinario, tramite un'app, quali impulsi corrispondano a quale intenzione: in questo modo, gli elettrodi raccolgono i movimenti della parte sana del braccio e, grazie ai movimenti registrati, sanno interpretare quale azione corrisponda a quale impulso.
Per quanto riguarda le gambe invece, Bebe ci spiega che in quel caso non c'è bisogno di nessuna batteria: si tratta di una tecnologia puramente meccanica. Chi le indossa, copre l'estremità della gamba amputata con una guaina a cui è attaccato un perno, e questo perno si aggancerà poi all'invaso della protesi. Grazie al movimento del peso e alle articolazioni artificiali, la gamba esegue in autonomia i movimenti tipici della camminata.
Bebe ci ha poi mostrato tutte le altre gambe che indossa nella sua quotidianità: dalle "ciabatte", alle "gambe da mare", fino ad arrivare alle protesi con il tacco!
Ci ha parlato anche delle sue protesi da sport: quelle per la scherma, create da suo padre perché quando ha iniziato lei a tirare di fioretto, non esisteva ancora nessun atleta amputato di braccia che praticasse la scherma. L'entrata di Bebe in questo mondo sportivo è stata infatti una rivoluzione, che ha mostrato a tanti giovani e meno giovani come le barriere della disabilità possano essere scavalcate con gli strumenti giusti.
Bebe infatti ci ha parlato dell'importanza dello sport come arma contro le disuguaglianze. Quando ci racconta della sua Academy – la Bebe Vio Academy – ci parla di bambini normodotati e disabili che giocano insieme senza farsi troppe domande: "Un bambino vuole solo giocare, e se vede che gli altri sono in carrozzina, la prima cosa che fa è cercarne una per poter giocare con loro. Una volta una bambina non riusciva a calciare nel modo giusto il pallone e invidiava molto il suo amico che, pur con una sola gamba, riusciva a tirare perfettamente. Con la disinvoltura tipica dei bambini, lei ha cercato di tirare reggendosi su una sola gamba, trovando la tecnica del suo amico perfetta."
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