Nell’ambito della scienza da laboratorio e della biologia, spesso sentiamo parlare di tecniche all’avanguardia dai nomi impronunciabili, insieme a cure probabili per le malattie più temute. Ma se lasciamo da parte la fantasia da film americano e torniamo allo step di base, quanti di voi hanno presente il metodo più basilare di tutti? Si tratta della coltura cellulare, una tecnica che consiste nel far proliferare tipologia di cellule di interesse fornendo loro tutti i nutrienti di cui hanno bisogno in ambienti controllati. In questo modo è possibile svolgere esperimenti su quelle cellule. La tecnica è applicabile a cellule animali, vegetali o staminali embrionali. Scopriamo come si coltivano delle cellule e analizziamo vantaggi e svantaggi di questa tecnica.
Partiamo dalla cellula
La cellula è la parte più piccola di un organismo dotata di vita propria. Le cellule di ogni tessuto del nostro corpo hanno caratteristiche e proprietà identificabili a seconda di dove si trovano e cosa devono fare. Esistono anche organismi unicellulari, che dunque riescono a vivere con una sola cellula. L’esempio più visibile per comprendere la struttura cellulare è l’uovo: una vera e propria mega-cellula, in cui sono distinguibili il nucleo (cioè il tuorlo) e il citoplasma (l'albume).
Spesso in biologia si usa raccogliere cellule da organismi d’interesse per studiarle e usarle come “soggetti sperimentali”. Per esempio, se preleviamo una cellula del sangue possiamo studiare le sue proprietà e capire qualcosa di più di come funziona il trasporto dell’ossigeno negli organismi. Stessa cosa se prendiamo un neurone, che ci permetterà di comprendere meglio il cervello, essendone un minuscolo abitante.
La coltura cellulare in laboratorio
Può sembrare strano, ma come in cucina, anche in biologia è prassi mescolare ingredienti. La giusta miscela dei componenti è vitale tanto per la riuscita dell’esperimento quanto per mantenere in vita la coltura di cellule. Mantenendo una metafora pratica, coltivare delle cellule è come coltivare una pianta da giardino. Serve un ambiente giusto, la pazienza di nutrirla, la cura nel manipolarla.
Le cellule da esperimento si dividono in due grandi categorie: le cellule di linea (anche dette “immortali”) e le cellule primarie (di breve durata). La proprietà delle cellule di linea è che provengono da un tessuto tumorale, per cui hanno la capacità di crescere e replicarsi continuamente, senza morire mai (a meno che non vengano uccise appositamente). Le linee tumorali vanno letteralmente comprate dalle aziende, che le forniscono in piccole scatoline ai ricercatori. Possiamo acquistare delle cellule di tumore di fegato, di polmone, di pancreas, di cuore o intestino, a seconda della nostra necessità sperimentale.
Le cellule primarie, invece, spesso richiedono un po’ più di abilità manuale per i ricercatori: infatti, spesso vanno estratte direttamente dal tessuto che ci interessa. Se vogliamo una cellula di cervello, per esempio, dovremo letteralmente trovare un modello animale da cui poter estrarre il cervello per prelevarne le cellule d’interesse. Niente di tragico, ma la difficoltà tecnica rende l’esperimento sicuramente più sudato e interessante (e non è detto che ci si riesca sempre).
Come avviene una coltura cellulare
Se vogliamo che le cellule di una coltura crescano e si riproducano, la cosa più importante è fornire loro tutti i nutrienti di cui hanno bisogno per proliferare. Per questo motivo la prima domanda che un ricercatore si pone quando si appresta a produrre una coltura è: «Cosa devo dare da mangiare a questa cellula»? Infatti, come un organismo si nutre di tutte le sostanze necessarie (proteine, carboidrati, lipidi, vitamine), anche una minuscola cellula di qualche millesimo di millimetro ha bisogno di particolari nutrienti per vivere.
Così, quando coltiviamo le cellule, dobbiamo letteralmente metterle a bagno in una soluzione contenenti alcuni ingredienti chiave (come amminoacidi, vitamine e glucosio) a cui ne andranno aggiunti altri in modo da renderlo perfetto per le sue cellule. Per rendere il tutto più splatter, molte cellule amano il siero animale come ingrediente principale.
E la carne sintetica? Anche quella, altro non è che una versione più complessa di una coltura di cellule muscolari. Qui sotto vi lasciamo un video per approfondire l'argomento.
I limiti delle colture cellulari
La prima cosa da dire sulle cellule da esperimento è che non sono proprio il miglior metodo per testare farmaci o per provare terapie, perché non sono un modello completo dell’organismo. Immaginate quante variabili concorrono a creare un organismo complesso come quello animale o umano: di certo, anche a scopi farmacologici, non basta studiare una specie cellulare per comprendere la risposta globale del corpo. Ultimamente gli scienziati stanno usando sempre di più delle colture cellulari tridimensionali, che si assemblano a formare il loro step più complesso: interi organi.
Questi modelli sperimentali complessi vengono detti organoidi e sono di tendenza nell’ultimo periodo. Tuttavia, proprio come la cellula non è un modello perfetto, l’organoide non funziona esattamente come un organo. Anzi, spesso è difficile da produrre e poco soddisfacente dal punto di vista sperimentale. Il suo maggiore pregio, forse, è che aiuta a ridurre notevolmente la quantità di modelli in vivo (cioè cavie) che vengono usati in laboratorio.
In sostanza, la cellula ci insegna che la ricerca è fatta di pro e contro in costante bilanciamento; sta alla bravura del ricercatore capire come bilanciare al meglio decisioni ed ingredienti a seconda del contesto.