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I ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) sono riusciti a ricostruire il meccanismo all’origine delle valanghe piroclastiche (o correnti piroclastiche), flussi ad alta velocità e temperatura costituiti da gas, ceneri e frammenti rocciosi, che periodicamente hanno luogo sull’Etna. In particolare lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications Earth & Environment, si è basato sull’analisi della valanga piroclastica che ha avuto luogo il 10 febbraio 2022.
Questi eventi sono potenzialmente molto pericolosi, nonostante le eruzioni dell’Etna vengano considerate generalmente “tranquille”. Il più recente è avvenuto il 2 giugno 2025, con una nuova valanga piroclastica che si è verificata sul versante nord-orientale del Cratere di Sud-Est dell'Etna.
Lo studio delle valanghe piroclastiche sull’Etna ha permesso di realizzare una mappa di pericolosità aggiornata della zona sommitale dell’Etna, indispensabile per migliorare la prevenzione del rischio vulcanico.
Che cosa sono le valanghe piroclastiche
Le correnti piroclastiche sono uno dei fenomeni potenzialmente più pericolosi associati alle eruzioni vulcaniche. Di solito accompagnano le eruzioni esplosive più violente dei vulcani alimentati da magmi ricchi di silice e viscosi. Si tratta di improvvisi flussi di gas, ceneri e frammenti rocciosi che si muovono ad altissima velocità e temperatura lungo i fianchi dei vulcani, travolgendo tutto ciò che incontrano. Questi flussi sono la conseguenza del collasso di colonne eruttive, di esplosioni da crateri laterali oppure del crollo di cupole di lava. Tuttavia, anche le eruzioni alimentate da magma basaltico, povero di silice e fluido, come quelle dell’Etna, sono in grado in qualche caso di originare pericolose correnti piroclastiche. In questi casi si parla più precisamente di valanghe piroclastiche, perché dovute principalmente al collasso per gravità di depositi di materiali piroclastici (frammenti rocciosi di varie dimensioni) presenti sui pendii del vulcano. Nel corso della sua storia eruttiva, l’Etna ha spesso dato luogo a valanghe piroclastiche, che hanno coinvolto per la maggior parte il Cratere di Sud-Est, il più giovane e attivo tra i crateri sommitali dell’Etna.

Lo studio delle valanghe piroclastiche dell’Etna
Nel corso del tempo l’attività vulcanica dell’Etna ha fatto sì che il Cratere di Sud-Est, che inizialmente era una depressione, diventasse un cono di dimensioni crescenti, costituito da materiali piroclastici. Questa crescita è stata accompagnata dall’apertura di nuove bocche eruttive e fessure nel cono. La struttura è così diventata sempre più instabile e i frequenti parossismi, cioè gli eventi esplosivi più intensi, hanno causato crolli e generato valanghe piroclastiche soprattutto a partire dal 2020. L’episodio più significativo e potenzialmente pericoloso si è verificato il 10 febbraio 2022 e su di esso si è basato lo studio dei ricercatori dell’INGV, che sono riusciti a ricostruirne le dinamiche. I ricercatori hanno utilizzato un approccio multidisciplinare integrando l’analisi dei materiali della valanga, dati provenienti dal telerilevamento, videoregistrazioni dell’attività eruttiva e modellazione numerica.
Dall’analisi è risultato che la valanga piroclastica del 10 febbraio 2022 è stata causata dal collasso del fianco del cono del Cratere di Sud-Est dovuto, come dichiara Daniele Andronico, ricercatore dell’INGV e co-autore dello studio, “al rapido accumulo di materiale instabile, combinato con alte temperature residue e alterazione dei depositi superficiali”. Il flusso che ne è derivato ha coinvolto un volume di circa un milione di metri cubi di materiale e ha lasciato una profonda cicatrice sul vulcano. Questi studi hanno consentito di realizzare una mappa di pericolosità aggiornata della zona sommitale dell’Etna, fondamentale per una migliore prevenzione del rischio vulcanico.
