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Il mercato della birra analcolica è sempre in crescita, tra le persone che non possono bere alcolici (come le donne in gravidanza), quelle che non bevono perché devono guidare e quelle che semplicemente preferiscono non assumere alcol senza rinunciare al gusto – più o meno uguale – della birra. In effetti una birra analcolica, così come una birra normale, contiene comunque cereali maltati, luppolo, lievito e acqua. L'unica cosa che manca è l'etanolo. Per eliminarlo si può operare sia alla fine della produzione di birra alcolica, eliminando l'etanolo estraendo l'alcol tramite distillazione sottovuoto o apposite membrane; oppure durante il processo stesso di produzione. In questo caso, si limita la formazione dell'etanolo riducendo il numero di zuccheri da cui potrebbe partire la fermentazione, mentre un altro metodo prevede l'utilizzo di lieviti "addormentati": geneticamente modificati affinché non facciano la fermentazione, da cui deriva l'etanolo. In ogni caso, nessun processo garantisce la totale assenza di alcol: infatti anche la normativa italiana identifica un margine di contenuto di etanolo (1,2%) sotto al quale la birra può considerarsi analcolica.
Come si rimuove l'alcol dalla normale birra alcolica
È possibile produrre birra analcolica semplicemente rimuovendo l'etanolo in post-produzione della birra alcolica. Questo processo consente di ottenere una birra quanto più possibile simile a una birra normale, anche se in ogni caso è inevitabile che ci siano delle leggere differenze organolettiche. I metodi per rimuovere l'alcol sono principalmente due: la distillazione sottovuoto e le tecniche a membrana
Distillazione sottovuoto per l'evaporazione dell'etanolo
L'eliminazione dell'alcol avviene termicamente grazie all'evaporazione dell'etanolo. Il punto di ebollizione dell'etanolo è di 78 °C, ma è possibile abbassarla riducendo la pressione, fino ad arrivare a 45-50 °C. Ecco perché si parla di distillazione sottovuoto: la bevanda viene riscaldata in un ambiente a bassa pressione dove l'etanolo evapora e crea appunto il "vuoto". Grazie a questo metodo sembra possibile ridurre fino al 94% il contenuto di alcol e in media ottenere una concentrazione di etanolo allo 0,5%. Lo svantaggio di questo metodo è che insieme all'etanolo diminuiscono anche alcuni composti volatili come l'anidride carbonica, che può però essere successivamente reintrodotta.

Tecniche a membrana per la separazione dell'alcol
La birra viene pressurizzata per farla passare attraverso una membrana semipermeabile organica che trattiene l'alcool. Nella variante più comune il processo avviene per dialisi: le molecole alcoliche passano attraverso la membrana grazie alla differenza di concentrazione diversa tra i due liquidi divisi dalla membrana. La membrana è strutturata con dei pori delle dimensioni giuste per far passare solo quello che vogliamo ed escludere l'etanolo. Anche in questo caso però è inevitabile perdere nel processo anche alcuni composti che determinano colore sapore a aroma della bevanda.
In alcuni casi l'alcol che attraversa la membrana viene semplicemente separato (dialisi, osmosi inversa); in altri casi invece evapora (pervaporizzazione).
Limitazione della formazione di etanolo durante la produzione della birra
Queste tecniche limitano la produzione di etanolo prima ancora che si formi, intervenendo sugli agenti biologici coinvolti nel processo di produzione della birra attraverso modifiche durante la produzione del mosto o durante il processo di fermentazione.
Modifiche durante la produzione del mosto
Per evitare la produzione di etanolo si possono usare mosti che presentano un ridotto quantitativo di zuccheri fermentabili. Nella normale produzione di birra, l'orzo maltato viene ridotto in farina e mischiato con acqua calda: a questo punto si attivano gli enzimi che degradano l'amido in zuccheri più semplici.
Questo step prende il nome di ammostamento e si svolge a temperature di circa 60-80 °C. Per produrre birra analcolica, l'obiettivo nel nostro caso è preparare un mosto con meno zuccheri rispetto alla norma (per evitare poi la fermentazione e produzione di alcol). Le strade sono 2:
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- Si opera a temperature più elevate del normale (75-80 °C) in modo da attivare meno enzimi. A queste temperature solo pochi enzimi restano attivi, le α amilasi, solo quello che basta per scomporre l'amido in frammenti più piccoli, ma non abbastanza da avviare la fermentazione e la produzione di etanolo.
- Si opera a temperature più basse del normali, quasi con acqua "fredda", a temperatura inferiore ai 60 °C. In questo modo si estraggano colore e aroma ma si limita l'estrazione dei carboidrati complessi che farebbero da base per la fermentazione.

Modifiche durante il processo di fermentazione
L'eliminazione dell'alcol in questo step produttivo può essere fatta in più modi, ma l'obiettivo è sempre lo stesso: modificare il metabolismo dei lieviti e fare in modo che non siano molto fermentabili.

Dopo l'ammostamento, il mosto viene portato ad ebollizione. Intanto viene aggiunto il luppolo. Il composto viene centrifugato e fatto raffreddare e poi viene aggiunto il lievito, per dare inizio alla fase di fermentazione. Qui la birra diventa alcolica perché il lievito, riproducendosi, si nutre degli zuccheri presenti e produce anidride carbonica ed etanolo.
Ed ecco che interveniamo di nuovo. Con la modifica delle condizioni di fermentazione o inattivando i lieviti si può evitare la produzione di alcool. Il modo più comune è quello di raffreddare la birra, portandola fino a 1 °C prima o durante la fermentazione, al momento giusto per "bloccare" la formazione di etanolo. Un altro modo è modificare geneticamente i lieviti per renderli "più pigri" alla formazione di etanolo.
La birra analcolica ha veramente zero alcol? Non proprio
Citando la normativa vigente in Italia, secondo l'articolo 2 del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 30.6.98 n. 272:
La denominazione "birra analcolica" è riservata al prodotto con grado Plato non inferiore a 3 e non superiore a 8 e con titolo alcolometrico volumico non superiore a 1,2%.
Per grado Plato si intende la quantità in grammi di estratto secco contenuto in 100 grammi del mosto da cui la birra è derivata (ART. 35 Artt. 1, 2, 3, 4 D.L.vo 27 novembre 1992, n. 464). Si parla quindi di quantità di zuccheri presenti nel mosto prima della fermentazione. Non esiste una precisa corrispondenza tra grado alcolico e grado Plato, ma sappiamo che sono due valori direttamente proporzionali.
Quindi, la birra analcolica ha bassissimo contenuto alcolico (massimo 1,2% in Italia) ma non zero.