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29 Maggio 2025
13:18

Cosa potrebbe succedere dopo il blocco della corte ai dazi USA e cosa significa il nomignolo “TACO” di Trump

Una corte federale USA ha "bocciato" i dazi unilaterali imposti da Trump, definendoli «illegittimi». La Casa Bianca ha annunciato un ricorso, che potrebbe anche finire alla Corte Suprema. Nel frattempo si sta diffondendo il nomignolo "TACO" (Trump Always Chickens Out) per il Presidente USA, in risposta ai numerosi cambi di rotta sulle tariffe tariffe doganali.

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Cosa potrebbe succedere dopo il blocco della corte ai dazi USA e cosa significa il nomignolo “TACO” di Trump
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Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump durante la presentazione delle nuove tariffe doganali. Credits: Daniel Torok

La corte federale statunitense US International Trade Court ha momentaneamente sospeso alcune delle misure tariffarie imposte dal Presidente USA Donald Trump: il Tribunale degli Stati Uniti per il commercio internazionale ha infatti dichiarato «illegittimi» i dazi applicati da Trump con il Liberation Day, sulla base di una legge del 1977, l'International Emergency Economic Powers Act, secondo cui sarebbe il Congresso l'organo incaricato di stabilire l'eventuale applicazione di tariffe doganali. Ora il governo Trump avrà 10 giorni di tempo per ristabilire una situazione di legittimità «attraverso l'adozione di misure amministrative» e la sospensione di questi dazi.

La Casa Bianca si è fortemente opposta all'ingiunzione, appellandosi a un presunto stato di emergenza nazionale e al fatto che i giudici sono «non eletti». L'amministrazione ha dichiarato di voler presentare ricorso contro la sentenza, e la questione potrebbe anche finire alla Corte Suprema.

Questo ennesimo cambiamento ha riportato in voga il nomigliolo «TACO Trade» per il Presidente USA (acronimo di Trump Always Chickens Out, “Trump fa sempre marcia indietro”), attribuito al Presidente USA da un giornalista del Financial Times, Robert Armstrong, proprio per i suoi continui annunci e cambi di programma nell'applicazione delle tariffe doganali.

Perché la corte federale USA è intervenuta sulla legittimità dei dazi

La sentenza della US International Trade Court arriva dopo che diversi enti e aziende americane hanno fatto causa all'amministrazione Trump per i danni economici derivanti dall'imposizione dei dazi. In particolare, la sentenza fa riferimento a due cause specifiche: la prima è stata intentata da un gruppo di piccole imprese, tra cui anche un importatore di vino, che potrebbe non sopravvivere nel caso in cui Trump decidesse effettivamente di imporre tariffe del 200% a vino e altri prodotti alcolici provenienti dall'Unione Europea.

La seconda causa contro l'amministrazione, invece, è stata presentata da un gruppo di 12 Stati degli USA, guidati dall'Oregon e governati dal Partito Democratico: l'accusa è quella di aver abusato dei poteri di emergenza in mano al Presidente, dato che il deficit commerciale (usato come giustificazione da Trump per l'applicazione di misure straordinarie) non costituisce un'emergenza vera e propria, ma può essere definita al massimo come una «minaccia insolita e straordinaria».

In effetti, la sentenza ha stabilito che gli ordini tariffari di Donald Trump «eccedono qualsiasi autorità concessa al Presidente con l'obiettivo di regolare l'importazione per mezzo di dazi».

In particolare, la corte ha dichiarato illegittimi tre ordini esecutivi di Trump: il primo ha a che fare con la decisione di Trump di applicare dazi a quasi tutti i paesi del mondo, annunciata dal tycoon ad aprile 2025 con una tabella esemplificativa che riportava le diverse percentuali di tariffe imposte. Nel secondo caso, invece, si tratta dell'ordine esecutivo con cui Trump ha stabilito un'ulteriore impennata dei dazi nei confronti di tutti i paesi che avevano risposto con contromisure per gli Stati Uniti.

Il terzo, infine, riguarda le tariffe imposte a Messico e Canada con l'obiettivo di contrastare l'ingresso del fentanyl e di altre sostanze stupefacenti negli Stati Uniti: in questo caso, la US International Trade Court ha ritenuto illegittimo il provvedimento poiché non strettamente legato al problema del consumo di droga negli USA. Ai due Paesi, infatti, sono state imposte diverse tariffe che riguardano anche beni e servizi non strettamente legati al traffico di droghe, come diversi prodotti agricoli o tech.

Cosa succede ora: Trump ha 10 giorni per rimuovere i dazi

L’ordine del tribunale, quindi, non riguarda tutti i dazi imposti da Donald Trump nel corso di questi mesi, ma esclusivamente quelli giustificati in base all'International Emergency Economic Powers Act: tra gli esclusi rientrano, ad esempio, le tariffe del 25% imposte su acciaio e alluminio, così come alcuni dei dazi applicati alle merci provenienti dalla Cina. La legge, comunque, prevede che in questi casi sia il Congresso a dover approvare eventuali dazi: Trump, tuttavia, è riuscito ad aggirare questo requisito facendo leva proprio sul deficit commerciale (ossia uno squilibrio delle importazioni, troppo alte rispetto al valore delle esportazioni), classificandolo come emergenza nazionale.

Essendo le misure tariffarie «prive di valore poiché contrarie alla legge», la corte ha ordinato all'amministrazione Trump di adottare, entro 10 giorni, tutti «gli ordini amministrativi necessari» per ristabilire la situazione e rimuovere le tariffe illegittime.

La risposta della Casa Bianca: il processo potrebbe finire davanti alla Corte Suprema

La Casa Bianca ha duramente criticato la decisione della corte, con il portavoce della Casa Bianca, Kush Desai, che ha dichiarato:

Non spetta a giudici non eletti decidere come affrontare adeguatamente un' emergenza nazionale. Il presidente Trump si è impegnato a mettere l'America al primo posto e l'amministrazione si impegna a utilizzare ogni leva del potere esecutivo per affrontare questa crisi e ripristinare la grandezza dell'America.

Effettivamente, i giudici che compongono il Tribunale per il commercio internazionale non sono eletti direttamente dai cittadini: la corte, tuttavia, è stata creata dal Congresso americano, ossia l'organo rappresentativo della volontà popolare negli Stati Uniti, le cui elezioni si svolgono ogni due anni. I membri del tribunale, tra l'altro, sono nominati dal Presidente USA, anch'esso eletto direttamente dai cittadini americani ogni 4 anni: uno di loro, il giudice Timothy Reif, era stato designato proprio dallo stesso Donald Trump nel 2018.

Prendendo come esempio un ordine esecutivo similare adottato dal Presidente Richard Nixon nel 1971, il governo Trump ha poi giustificato l'applicazione di tariffe doganali in risposta alla «grave crisi interna» che sta attraversando gli Stati Uniti e classificata come un'emergenza nazionale.

La Casa Bianca ha presentato ricorso contro la sentenza: la Corte d'appello degli Stati Uniti per il circuito federale di Washington DC ha già sospeso l'ordine della US International Trade Court, permettendo così di ripristinare temporaneamente parte dei dazi annunciati da Trump. Il tribunale d'appello ha stabilito che il gruppo di imprese e gli stati ricorrenti dovranno presentare le proprie prove entro il 5 giugno, mentre l'amministrazione Trump dovrà fornire il suo materiale entro il 9 giugno.

La Casa Bianca, comunque, ha già annunciato di voler portare il processo fino alla Corte Suprema USA per l'ultimo grado di giudizio.

Cosa significa il nomignolo di Trump “TACO Trade” e cosa c'entrano i dazi

Il soprannome ironico TACO-Trump Always Chickens Out è stato coniato da Armstrong in una sua rubrica del 2 maggio, con l'obiettivo di riassumere i continui tira e molla del Presidente degli Stati Uniti, che ha dapprima aumentato i dazi doganali, per poi riabbassarli e infine sospenderli momentaneamente (a eccezione di quelli applicati alla Cina): il sottinteso è che Donald Trump abbia effettivamente troppa paura per portare a termine la sua politica commerciale, visti i potenziali rischi per l'economia americana di fronte a un innalzamento così drastico del prezzo delle importazioni.

Il nomignolo è tornato virale proprio nelle ultime ore a seguito dell'ennesimo cambio di direzione vista la sentenza del Tribunale del commercio internazionale: davanti alla stampa il Presidente degli USA si è mostrato furioso di questo nuovo soprannome, giustificando le inversioni di rotta come «parte delle trattative» e criticando duramente il reporter che ha riaperto la questione.

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