0 risultati
video suggerito
video suggerito
7 Aprile 2025
16:00

Come e di quanto aumenterebbe il prezzo di iPhone e altri gadget tech a causa dei dazi di Trump

La nuova guerra dei dazi tra USA, UE e Asia potrebbe far salire significativamente i prezzi dei dispositivi tech. Apple è una delle aziende più colpite, con possibili aumenti fino al 43%: significherebbe che l'iPhone top di gamma potrebbe arrivare a 2300 dollari. Ecco cosa può significare tutto questo per noi utenti.

879 condivisioni
Come e di quanto aumenterebbe il prezzo di iPhone e altri gadget tech a causa dei dazi di Trump
iphone dazi usa

A seguito dei dazi imposti dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump a Cina, Vietnam e India e altri Paesi, i prezzi di molti prodotti tech di largo consumo potrebbero aumentare tra il 30% e il 43%: stando a quanto previsto dagli analisti di Rosenblatt Securities, il costo di un iPhone top di gamma, per esempio, potrebbe lievitare fino a 2300 dollari se Apple facesse ricadere l'aumento dei costi sui consumatori invece che sostenere i costi aggiuntivi abbassando però così i margini di profitto. Questo perché i “melafonini” sono prodotti in buona parte in Cina, su cui al momento gravano dazi fino al 54%. Il possibile “effetto dazi” avrebbe ricadute anche su tablet, portatili e console di gioco, come la nuova Switch 2, i cui preordini sono stati bloccati da Nintendo proprio a causa della delicata situazione attuale.

Cosa sono i dazi e perché avranno effetti sul mondo tech

Per comprendere meglio il contesto, è utile sapere cos'è un dazio. Sostanzialmente si tratta di una tassa imposta su merci importate da un altro Paese. Viene spesso utilizzato come strumento di pressione economica o come misura di protezione dell'industria interna di un Paese. Negli ultimi mesi, gli Stati Uniti hanno annunciato tariffe anche del 54% per prodotti provenienti dalla Cina e del 46% dal Vietnam, aree geografiche dove si concentra la maggior parte della produzione elettronica globale. Questo è un problema particolarmente serio per aziende come Apple, che nonostante i tentativi di diversificare la produzione, dipendono ancora in larga misura dalla Cina: oltre il 90% degli iPhone venduti nel mondo proviene dalle fabbriche cinesi di Foxconn e Luxshare.

L'obiettivo dichiarato di Trump è quello di contrastare presunte pratiche commerciali sleali, come la manipolazione valutaria, cioè l'intervento artificiale dei governi per mantenere la propria moneta sottovalutata e rendere così le esportazioni più competitive. Il risultato concreto è una pressione crescente sui prezzi finali dei beni di consumo, che potrebbe disincentivare gli acquisti proprio nel momento in cui la domanda di dispositivi tecnologici è già in rallentamento per motivi vari.

In tutto ciò, dopo la precedente “guerra dei dazi” del 2018, molte aziende (come Apple) hanno deciso di diversificare la propria produzione, spostandola progressivamente verso Paesi extra-Cina, tra cui Vietnam e India. Dal momento che anche questi ultimi sono ora colpiti dalle nuove misure di Trump, la loro strategia di diversificazione è risultata inefficace. E per quanto riguarda il trasferire tutta la produzione negli Stati Uniti, come auspicato da Trump, beh… questo si scontra con ostacoli strutturali piuttosto imponenti, in primis i costi della manodopera (in alcuni casi anche dieci volte superiori ai costi da affrontare nei Paesi asiatici summenzionati) e la carenza di personale qualificato.

Immagine
Mappa che mostra la percentuale di tariffe reciproche imposte dall’amministrazione Trump alle economia del mondo. Credit: Reuters.

Quanto costeranno gli iPhone con i dazi? I possibili nuovi prezzi

Nel caso di Apple, per esempio, si ipotizza che il modello base dell'iPhone 16, oggi venduto a un prezzo di listino di 799 dollari negli Stati Uniti, possa arrivare a superare i 1.140 dollari. Il top di gamma dell'attuale generazione di smartphone Apple, ovvero la versione da 1 TB di iPhone 16 Pro Max, potrebbe salire dagli attuali 1.599 a oltre 2.300 dollari. Stando a quanto previsto dagli analisti di Rosenblatt Securities, infatti, se Apple deciderà di trasferire ai consumatori finali l'effetto dei dazi, il loro prezzo aumenterà del 43%. Tra i prodotti Apple colpiti dagli aumenti legati ai dazi imposti da Trump ai Paesi asiatici da cui si rifornisce l'azienda di Cupertino (dove avviene anche il processo di produzione e assemblaggio dei suoi device), ci sono anche Apple Watch (+43%), iPad (+42%), Mac (+39%) ed AirPods (+39%).

Immagine
Schema relativo agli aumenti dei prezzi, espressi in percentuale, sui prodotti Apple colpiti dalla “guerra dei dazi”. Credit: Rosenblatt Securities.

Una vera e propria trasformazione di questi prodotti da oggetti d'uso quotidiano a beni di lusso (o quasi). Lo scenario, che si basa su previsioni elaborate da analisti finanziari che stimano un impatto sui costi fino a 40 miliardi di dollari per Apple, naturalmente avranno effetti su noi consumatori finali solo caso in cui l'azienda decida di non assorbire internamente i costi aggiuntivi. E a ritrovarsi sulla stessa barca di Apple ci sono altri colossi del mondo tech, tra cui Google, Microsoft e Nintendo, che stanno già valutando modifiche strategiche per fronteggiare a uno scenario commerciale globale che, allo stato attuale delle cose, è stato completamente ridisegnato dal Tycoon.

I potenziali effetti non riguardano solo i telefoni. Secondo le stime, anche i prezzi di laptop, tablet e altri accessori tech potrebbero subire rincari tra il 15% e il 20%. Dispositivi come i computer portatili potrebbero facilmente passare da 1.000 a 1.200 dollari, mentre le console da gioco, come la Nintendo Switch 2, sono già state oggetto di valutazioni strategiche: basti pensare che il colosso nipponico dei videogiochi ha posticipato l'apertura dei preordini proprio per comprendere meglio l'impatto delle tariffe del 24% imposte sui prodotti provenienti dal Giappone.

Per non parlare, poi, del settore dell'intelligenza artificiale, che rischia un contraccolpo significativo. La costruzione di grandi data center, ovvero infrastrutture digitali dove vengono elaborate le informazioni dei modelli AI, si basa su hardware prodotto prevalentemente in Asia. Un aumento dei costi tra il 3% e il 5% potrebbe sembrare contenuto, ma su investimenti che superano i 100 miliardi di dollari – come quelli pianificati da Microsoft, Google e Amazon – si traduce in cifre considerevoli e in possibili ritardi nello sviluppo dell'AI.

Per il momento sono salvi i semiconduttori

Una delle poche eccezioni positive riguarda i semiconduttori, cioè i microchip alla base di tutta l'elettronica moderna. Gli Stati Uniti hanno deciso per ora di non applicare dazi su questi componenti, il che rappresenta un sollievo per aziende come NVIDIA, che si riforniscono dalla taiwanese TSMC. Resta però aperta la possibilità di una tassa generale del 10% sull'export, che potrebbe comunque colpire indirettamente anche questo settore.

E non dimentichiamo, che in tutto ciò, non va sottovalutata la risposta dell'Unione Europea, che sta preparando un piano di contromisure. Oltre a possibili dazi, si parla di imposte mirate sui servizi digitali delle grandi aziende americane, come Netflix, Amazon e Meta. Il rischio è quello di entrare in una spirale protezionistica globale, dove ogni Paese cerca di difendere i propri interessi, con il risultato di rendere più costosi – e meno accessibili – i prodotti tecnologici per tutti noi.

Sfondo autopromo
Cosa stai cercando?
api url views