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Consumismo è una parola nata già intorno agli anni 20 del ‘900 e costituisce uno degli elementi cardine della nostra società (detta, non a caso, "società dei consumi"). Negli Stati più sviluppati economicamente, infatti, soprattutto dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale si sono verificati un forte incremento dei consumi privati e una rapida massificazione del mercato di beni quali l’automobile, gli elettrodomestici o le vacanze. D'altro canto il consumismo non ha solo a che vedere con l’acquisto sfrenato e lo spreco, ma anche con i luoghi in cui passiamo il nostro tempo libero, con il modo in cui costruiamo e modifichiamo le relazioni con gli altri, con il nostro rapporto con l’arte e la cultura o il modo in cui costruiamo la nostra identità. Approfondiamo il significato del termine e vediamo quali danni può provocare il consumismo senza controllo.
Cosa significa "consumismo" e come funziona
Chiamiamo consumismo il fenomeno economico-sociale, tipico dei Paesi a reddito elevato, in cui le attività sociali e le relazioni sociali ruotano intorno allo scambio di denaro e al consumo di beni e servizi. La “società dei consumi” è spesso etichettata come la corsa all’acquisto sfrenato, ma è un fenomeno più complesso di così.
In sociologia l’idea di un consumatore singolo che agisce razionalmente, di volta in volta, valutando costi e benefici di un possibile acquisto è incompleta e fuorviante: il consumo è un fenomeno collettivo, relazionale e sociale e non va inteso solo come semplice atto di acquisto o di soddisfazione di un bisogno (compro un vestito perché ho freddo) ma come un modo di agire denso di significati espressivi e simbolici.
Consumiamo infatti per vari motivi tra cui:
- esprimere la nostra identità (scelgo di comprare proprio una maglia del Milan),
- il nostro status sociale (mi posso permettere la maglia originale)
- le nostre preferenze personali (preferisco i colori della seconda maglia e acquisto quella invece della prima maglia).

Come si è sviluppato il consumismo?
Il consumismo si è sviluppato soprattutto dalla seconda metà del Novecento, per una concomitanza di diversi fattori:
- L’industrializzazione e la crescita della produzione di massa, che consentì di produrre una grande quantità di beni a un costo unitario sempre più basso.
- Un ambiente politico-istituzionale favorevole: grazie al rafforzamento dello Stato sociale, l’andamento dei consumi diventò in parte indipendente dalle fluttuazioni del mercato.
- L'aumento della competitività delle aziende.
- La diffusione della pubblicità.
I consumi, dagli anni ’50 in poi, diventarono “massificati”: si assistette a una democratizzazione del lusso e a un allargamento dell’accesso ai consumi “secondari” (cioè non strettamente necessari alla sopravvivenza) anche per quell’ampia fascia di popolazione che prima usava la maggior parte delle proprie risorse per soddisfare bisogni primari (cibo, elettricità).
I centri commerciali, le cattedrali del consumo
Il consumo, così come lo conosciamo oggi, si è evoluto dagli anni ’50 ed è arrivato ad includere luoghi tradizionalmente non coincidenti con l’acquisto: i musei e le università, dove troviamo boutique di abbigliamento universitario, bookshop con gioielli, tappeti e oggettistica varia, oltre a ristoranti e librerie.
Già nel 1925 il consumo fu definito da Samuel Strauss come la religione della società occidentale. Secondo George Ritzer, inoltre, docente di Sociologia all’Università del Maryland, i centri commerciali, rappresentano le moderne cattedrali del nostro tempo.

Il centro commerciale, così come le vie di una città, sono sempre più luoghi di consumo: dal momento che non esiste (o è molto difficile) trovare attività di tempo libero che non implicano il consumo di qualcosa (banalmente, anche passare un pomeriggio tra amici ritrovandosi al bar è un’attività di consumo), siamo educati a pensare che non possa esistere un altro modo di svolgere le attività di socializzazione: questo perché il tempo e lo spazio, nelle società consumistiche, sono regolati e scanditi da logiche d’acquisto.
La carta di credito, simbolo del consumismo
Un ruolo decisivo è stato giocato poi dalla carta di credito sia perché ha comportato la riduzione o abolizione del denaro fisico (con tutta una serie di ripercussioni sulla percezione della spesa effettiva sostenuta) sia perché ha permesso la dilazione dei pagamenti. Il suo stesso colore è diventato uno status symbol, un segno di elevazione sociale: da scheda plastificata e poco attraente, di colore bianco o verde, è diventata argento e oro.
Quali sono i danni del consumismo?
Accanto alle narrazioni positive che pongono enfasi sul fatto che il consumo e l'acquisto permettano di esercitare la propria autodeterminazione, felicità e realizzazione personale, ne esistono anche altre molte negative, sostenute da diverse argomentazioni:
- Indebitamento e insoddisfazione: secondo Jean Baudrillard ciò che viene creato dal sistema consumistico non è il bisogno di oggetti specifici ma piuttosto il bisogno di aver bisogno, il desiderio di desiderare, che genera un ciclo continuo di consumi senza fine.
- Mercificazione: con questo termine intendiamo il processo tramite il quale ogni cosa viene trasformata in una merce da vendere e acquistare. Jean Baudrillard accusa che nella società consumistica ogni cosa si riduce a consumo, persino il corpo umano.
- Degrado ambientale: a causa anche dell’obsolescenza programmata, ossia della deliberata progettazione e produzione intenzionale di prodotti che perdono la propria utilità in un periodo relativamente breve, siamo portati a sostituirli più velocemente, aumentando rifiuti, inquinamento ed emissioni di gas serra.
- Indebolimento dei legami sociali: se in passato si instauravano dei veri e propri rapporti sociali con i negozianti, oggi i supermercati hanno modificato l’assetto delle interazioni tra consumatori e venditori. Inoltre, la diffusione della tecnologia e l'introduzione di elettrodomestici come il forno a microonde e il congelatore hanno modificato l'unità familiare così come eravamo abituati a conoscerla, permettendoci di consumare i pasti a qualsiasi ora del giorno, eliminando la ritualità tradizionale del pranzo in famiglia.
- Mancata percezione della disuguaglianza: i sociologi Adorno, Horkheimer, Marcuse, Fromm hanno portato avanti una riflessione critica sulla diffusione a livello di massa dei beni di consumo: consumando tutti o quasi allo stesso modo, ci illudiamo di godere di una superficiale uguaglianza. La diffusione dei beni di consumo prima inaccessibili tra le classi meno agiate, però non abolisce veramente le distinzioni di classe, ma anzi, impedisce la presa di coscienza di questa "inferiorità" economico-sociale.