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7 Ottobre 2025
9:41

Sei introverso, estroverso o… otroverso? Cosa significa otroversione, un nuovo tratto di personalità

L’otroversione, coniata da Rami Kaminski, descrive chi sta a metà tra introversione ed estroversione. Gli otroversi sono indipendenti, amano la solitudine ma sanno relazionarsi, preferiscono rapporti profondi, pensano in modo creativo, bilanciando individualità e socialità senza cercare approvazione.

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Sei introverso, estroverso o… otroverso? Cosa significa otroversione, un nuovo tratto di personalità
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Otroversione è un termine coniato dallo psichiatra Rami Kaminski nel 2025 per descrivere le persone che si trovano a metà tra l’introversione e l’estroversione e che hanno tratti distintivi rispetto alle categorizzazioni a cui siamo abituati. Originali e indipendenti, amichevoli ma amanti della solitudine, gli otroversi sono di fatto i nuovi outsider del momento. Il nome nasce dall’unione di “otro” (diverso in spagnolo) e “vert” (il suffisso di introvert ed extrovert). L’otroverso è dunque colui che non guarda né dentro né fuori di sé, ma “guarda altrove”.

Cosa significa “otroverso”: le caratteristiche

Il dottor Kaminski descrive gli otroverts come persone che, pur essendo incluse nella maggior parte dei gruppi sociali in cui vivono, non sentono di appartenerne a nessuno in particolare. Non si tratta di timidezza, né di introversione: un otroverso può affrontare conversazioni, interagire con gli altri, essere apprezzato, ma dentro di sé mantiene una certa distanza data dalla consapevolezza di non condividere appieno le norme o le aspettative del gruppo. Non sono vincolati a un'unica modalità di interazione. Possiedono invece una fluidità che permette loro di adattare la propria energia sociale a contesti mutevoli. Questa adattabilità deriva da una combinazione di introspezione e coinvolgimento sociale, senza collocarsi agli estremi osservati in altri tipi di personalità. L'introspezione di un introverso infatti, può portare a rimuginare troppo o manifestarsi in una tendenza al ritiro, mentre un estroverso potrebbe non riuscire a riflettere intimamente a causa della sua costante ricerca di connettività. Gli otroversi, tuttavia, bilanciano il loro mondo interno ed esterno, consentendo sia la riflessione che la connessione, senza propendere eccessivamente per una sola sfera.

Un altro tratto distintivo degli otroversi è il loro coinvolgimento sociale selettivo. Non sono contrari alla socializzazione, ma i loro rapporti sono spesso mirati e limitati ai legami verso cui percepiscono un valore reale o un sano bisogno. Questa attenta selezione fa sì che evitino il burnout che si riscontra negli estroversi quando si impegnano indiscriminatamente in vari contesti sociali, per adempierne alle aspettative. D'altro canto, significa anche che non necessitano dell'isolamento di cui potrebbero servirsi gli introversi, mantenendosi sufficientemente connessi ai legami sociali solidi senza sentirsene sopraffatti. Per semplificare, gli otroversi si ricaricano "pensando ai propri pensieri" e non sentono la necessità di ritirarsi dal gruppo per farlo, poiché non è il gruppo a prosciugarli.  Non sono interessati a ciò che “tutti” fanno o dicono e non hanno bisogno di approvazione da parte di nessuno.

Tendono ad essere pacati, educati e disponibili e, sebbene non amino le chiacchiere o non abbiano una vasta cerchia sociale, si impegnano profondamente e autenticamente nei rapporti individuali. Un ulteriore elemento che differenzia gli otroversi infatti, è la loro capacità di pensiero indipendente e di problem-solving non convenzionale. Mentre gli introversi possono affrontare i compiti con un pensiero profondo e indipendente e gli estroversi attraverso il brainstorming collaborativo, gli otroversi sfruttano entrambi i metodi in modo efficace. Apprezzano la solitudine per il pensiero profondo, ma riconoscono anche il valore di diverse prospettive acquisite attraverso l'interazione.

Vantaggi e sfide dell’otroversione

Non essendo ancorati al pensiero convenzionale, gli otroverts hanno il vantaggio di essere molto spesso creativi e originali. Essi mostrano spesso una notevole capacità di innovazione perché non si limitano a schemi comuni e ordinari. Affrontano i problemi con una prospettiva nuova, sviluppando così soluzioni innovative che altrimenti potrebbero rimanere inesplorate. La loro natura indipendente permette di perseguire iniziative e idee che non sono state contaminate dal consenso generale e che quindi alimenta la loro creatività e resilienza. Operare al di là dell'approvazione altrui può essere liberatorio, soprattutto quando porta a un successo inesplorato. Questo livello di indipendenza permette loro di correre rischi senza la tradizionale paura del giudizio sociale e, avendo una solida autonomia interna, la loro autostima è meno dipendente dal consenso sociale, resistendo al “groupthink”. Sul versante relazionale, prediligono legami autentici e meno superficiali; questa propensione li rende persone molto affidabili.

D’altro canto però, gli otroversi convivono con la perenne sensazione di essere diversi e molto spesso sono vittime di incomprensione sociale, soprattutto in un mondo dove l’appartenenza viene molto esaltata. Ciò può generare una sorta di pressione e di conflitto interno: spesso devono trovare un equilibrio tra il mantenimento della propria individualità e la partecipazione ad attività sociali che richiedono un certo grado di aderenza alle norme sociali. In alcune situazioni, questo equilibrio potrebbe significare adottare una temporanea facciata di conformismo per raggiungere obiettivi personali più ampi, come l'avanzamento di carriera o l'inclusione sociale. Il loro modo di vivere la socialità infatti, può portare a percezioni di disconnessione da parte degli altri; per contrastarle, gli otroversi potrebbero dover impegnarsi consapevolmente al fine di mostrare il loro spirito collaborativo e la loro apertura alle idee altrui. Insomma, una lotta interna continua tra “ciò che sentono di essere” e “come dovrebbero essere”, tra il voler fronteggiare la società in modo strategico e contemporaneamente non perdere la loro individualità.

Forse il bisogno di etichettare ogni cosa non è la strada migliore: la complessità dell’essere umano non può essere sempre incasellata in categorie prestabilite e definite. Tuttavia, in un mondo che insiste nel farlo, è di preziosa importanza che figure come Rami Kaminski aprano nuove prospettive. Con l’otroversione, infatti, viene dato spazio anche a quelle sfumature di personalità che non rientrano nei modelli tradizionali ma che possono essere comunque una risorsa arricchente, ricordandoci che “non appartenenza” non significa per forza mancanza.

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