
Il Natale è alle porte, e volenti o nolenti entreremo nel circuito (per alcuni infernale) dei regali. Tanto vale sapere cosa succede nella nostra testa! Il gesto di donare e ricevere attiva nel nostro cervello circuiti profondi legati alla gratificazione e alla connessione sociale. La scienza ci rivela che dietro lo scambio di doni si celano complessi meccanismi neurologici che generano in chi dona un "calore" emotivo, e gratitudine in chi riceve, ma anche insidie psicologiche dovute a diverse percezioni del valore tra donatore e ricevente. I regali possano ridefinire le nostre relazioni, fungere da segnali evolutivi di corteggiamento e, in tempi più recenti, evolversi verso forme più consapevoli e sostenibili di altruismo.
Quando doniamo si attivano le aree cerebrali del piacere
Alcuni di noi odiano fare regali e riceverli (perché ci costringe a ricambiare), mentre altri provano più piacere nel fare un regalo che nel riceverlo: come è possibile? La risposta risiede nella complessa architettura del nostro cervello. Studi di neuroimaging hanno dimostrato che la decisione di donare attiva aree specifiche come il nucleo accumbens, lo striato ventrale e la corteccia prefrontale ventromediale, regioni associate all'elaborazione delle ricompense concrete come il cibo o il denaro: vero e proprio piacere, quindi.
Si può regalare qualcosa per puro piacere, o per ottenere qualcosa in cambio. Vi suonerà curioso sapere che, neuralmente parlando, c'è poca differenza tra fare un regalo con motivazioni "altruistiche" (donare per il piacere intrinseco di farlo) o "strategiche" (donare per ottenere un vantaggio futuro, come la reciprocità o una migliore reputazione): entrambe le modalità accendono i circuiti del piacere.
Gli economisti e gli psicologi chiamano questa sensazione "warm glow": è quella gratificazione interiore che deriva dall'atto stesso di donare volontariamente. Esperimenti condotti tramite risonanza magnetica hanno rivelato che, sebbene persino i trasferimenti di denaro obbligatori (simili alle tasse) possano attivare i centri della ricompensa se il fine è una buona causa, è la donazione volontaria a generare un'attività neuronale significativamente più alta nel nucleo caudato e nel nucleus accumbens, accompagnata da una maggiore soddisfazione soggettiva. Questo senso di libertà di scegliere di fare del bene sembra essere fondamentale per il nostro benessere.
Il processo cognitivo quando riceviamo un regalo
Dall'altra parte della barricata, anche il cervello di chi riceve è intensamente coinvolto. L'esperienza della gratitudine, un'emozione sociale complessa, è correlata all'attività nella corteccia prefrontale mediale, un'area legata alla cognizione morale, al giudizio di valore e alla "teoria della mente" (la capacità di comprendere gli stati mentali altrui). La gratitudine non è solo una reazione passiva, ma un processo cognitivo che valuta l'intenzione e lo sforzo del donatore, segnalando la nostra disponibilità alla cooperazione sociale. Infatti risulta che lesioni in quelle aree specifiche possono rendere le persone meno disposte a compiere sforzi fisici per gli altri, evidenziando quanto queste strutture siano cruciali per la nostra attitudine a cooperare.
Le "trappole psicologiche" dietro lo scambio dei regali
Il mondo dei regali è disseminato di trappole psicologiche. Una delle più comuni è l'asimmetria di percezione tra chi dona e chi riceve riguardo al valore del regalo. Chi fa un regalo tende a credere che spendere di più garantisca un maggiore apprezzamento, associando il prezzo elevato a un segnale più forte di premura e considerazione. Tuttavia, la ricerca dimostra che per chi riceve non esiste questa associazione: i destinatari non apprezzano significativamente di più i regali costosi rispetto a quelli più economici, poiché, in linea generale, tendono a non utilizzare il prezzo come metro di giudizio per i sentimenti del donatore. Questo disallineamento porta spesso i donatori a spendere eccessivamente, nel tentativo di "comprare" una reazione emotiva più forte, ignorando che sembra essere davvero il pensiero, e non il cartellino del prezzo, a contare davvero, al di là del buonismo spicciolo.

I regali e le relazioni sociali
I regali sono potenti strumenti di comunicazione simbolica che possono trasformare, nel bene e nel male, la natura stessa di una relazione. Secondo il modello di riformulazione relazionale, ricevere un dono non è un atto neutro, ma un evento che permette di riallineare i legami interpersonali. Un regalo può avere effetti diversi: può "rafforzare" un legame, (pensate a un anello di fidanzamento o un oggetto che simboleggia un'esperienza condivisa); può "affermare" positivamente una relazione esistente, confermando l'intimità familiare o amicale.
Ma può anche avere effetti negativi: esistono doni che confermano l'assenza di attenzione o la scarsa considerazione (come un bel prosciutto a quella persona che.. ops, è vero, è vegetariana!), doni che indeboliscono il legame perché percepiti come offensivi o inappropriati, e persino doni che portano alla rottura definitiva della relazione, se interpretati come una minaccia o una violazione delle aspettative (ricorderete tutti l'ammonimento: volevo un gatto nero, nero, nero, tu me l'hai dato bianco, ed io non ci sto più!). Le emozioni provate al momento di ricevere il regalo (gioia, ma anche imbarazzo, rabbia o delusione) sono le lenti attraverso cui il destinatario decodifica il messaggio del dono e, talvolta, decide il futuro della relazione. Questo non per incutere terrorismo psicologico, ma solo per ricordare che basta un minimo di attenzione per far percepire all'altro la considerazione verso di lei o lui.
Da una prospettiva evolutiva, il dono ha radici profonde che affondano nelle strategie di corteggiamento. Modelli di teoria dei giochi suggeriscono che, in contesti di accoppiamento, i regali "stravaganti" (ovvero costosi per il maschio ma privi di un reale beneficio pratico per la femmina) possano essersi evoluti come segnali di forza. Un dono costoso ma "inutile" (come un gioiello non funzionale o un mazzo di fiori) serve a dimostrare la capacità del donatore di investire risorse e, contemporaneamente, agisce come filtro per scoraggiare potenziali contendenti. In questo senso, l'inefficienza economica del regalo diventa paradossalmente la sua forza comunicativa. Non a caso si chiama "principio di selezione dell'handicap": mi privo di un valore per far vedere che sto talmente bene da potermi permettere di sperperare risorse. Non è una dinamica unicamente umana: pensate che quella enorme e pesante coda del pavone maschio serva a scopi tanto differenti?
Tuttavia, nella società contemporanea, stiamo assistendo a un'evoluzione culturale verso il dono consapevole. Di fronte all'accelerazione del consumo e all'esaurimento delle risorse materiali, emerge una nuova sensibilità che integra la cura per sé, per la società e per l'ambiente. Il dono consapevole implica una considerazione attenta dell'impatto del dono, e cerca di evitare il consumo eccessivo e ripetitivo, privilegiando doni che promuovano il benessere a lungo termine.