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6 Marzo 2025
15:54

Cos’è l’anti-D e perché l’anticorpo di James Harrison che ha salvato migliaia di bambini è importante

Quando i gruppi sanguigni della mamma e del feto sono incompatibili, in particolare, quando la mamma è Rh- e il feto è Rh+, il sistema immunitario materno attacca i globuli rossi del feto, riconoscendoli come estranei. L’immunoglobulina anti-D, somministrata alle mamme, protegge i globuli rossi fetali impedendo la produzione di anticorpi materni.

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Cos’è l’anti-D e perché l’anticorpo di James Harrison che ha salvato migliaia di bambini è importante
Immunoglobulina anti D donatore

Ultimamente si sta parlando molto del “super donatore” di sangue e plasma australiano James Harrison, soprannominato “Braccio d'oro” e morto lo scorso 17 febbraio all'età di 88 anni, perché il suo sangue conteneva un anticorpo o immunoglobulina (Ig) molto rara, la Ig anti-D, o RhIG, che ha permesso di salvare migliaia – forse addirittura milioni – di bambini da una malattia fetale chiamata malattia emolitica del neonato. Pensate che Harrison ha detenuto fino al 2022 il record di quantità di plasma donato, in oltre 1100 donazioni nell'arco di vari decenni.

Quando il gruppo sanguigno di una madre è Rh negativo e il feto è Rh positivo, il sistema immunitario materno lo riconosce come estraneo e comincia a produrre anticorpi contro i globuli rossi fetali, con gravi conseguenze, come l’anemia, per il nascituro. Grazie a James Harrison e altri donatori è possibile somministrare l’Ig anti-D alle donne Rh- per impedire che il loro sistema immunitario produca questi anticorpi e attacchi i globuli rossi del feto.

Che cos’è e come funziona l’immunoglobulina anti D

L’immunoglobulina anti-D è a tutti gli effetti un anticorpo che viene somministrato durante una gravidanza, e impedisce che il sistema immunitario materno riconosca l’antigene D sui globuli rossi del feto. In pratica, nasconde e protegge i globuli rossi fetali come un “mantello dell’invisibilità”. In questo modo, la madre non produce gli anticorpi che potrebbero attaccare i globuli rossi del feto.

Il meccanismo d’azione non è ancora molto chiaro, ma sembra comunque che l’Ig anti-D neutralizzi qualsiasi antigene fetale RhD positivo con cui il sangue materno potrebbe venire a contatto. La somministrazione di Immunoglobulina anti-D è utile anche in altre patologie, come la porpora trombocitopenica autoimmune, in cui il sistema immunitario riconosce come estranei, e dunque attacca, i propri globuli rossi.

Ma cosa significa “RhD positivo”? Tutti sappiamo che i gruppi sanguigni si dividono in A, B, AB e O e in Rh positivo e negativo. Questi ultimi sono legati alla presenza o meno del fattore Rhesus, un antigene proteico, ossia un complesso molecolare, che potremmo immaginare come una targhetta attaccata alla membrana dei globuli rossi. In realtà, di fattori Rhesus ne esistono diversi, ma a definire la positività o negatività del gruppo sanguigno è in particolare il fattore Rhesus D.

Se una persona presenta sui globuli rossi l’antigene D, ha un gruppo sanguigno positivo (Rh+), se l’antigene D manca, allora ha un gruppo sanguigno negativo (Rh-).

Fattore rh positivo e negativo
Gli individui Rh positivi possono ricevere donazioni sia da sangue Rh+ che Rh–. Chi ha gruppo sanguigno Rh–, può ricevere sangue solo da Rh–.

In cosa consiste la malattia emolitica del neonato durante la gravidanza

Per la prima gravidanza, l’incompatibilità tra gruppo sanguigno materno e fetale solitamente non rappresenta un problema molto grave: un po’ come avviene per le allergie, il primo contatto con l’antigene produce gli anticorpi, ma ancora non dà effetti gravi.

Il problema maggiore può sorgere durante una seconda gravidanza in cui la mamma è Rh+ e il bambino è Rh-: a questo punto sono già presenti anticorpi anti-D nel circolo sanguigno materno che possono entrare in quello fetale e attaccare i globuli rossi. Questo porta a una grave patologia chiamata malattia emolitica del neonato, caratterizzata dalla distruzione dei globuli rossi fetali, come suggerito dal nome emo e lisi, letteralmente “rottura del sangue”.

Emolisi globuli rossi
Rappresentazione artistica del processo di emolisi.

Può dare problemi sia a livello fetale che al momento della nascita: il neonato può essere pallido, itterico (pelle e sclera degli occhi assumono un colore giallastro) e può portare ad anemia grave.

A onor di precisione, la malattia emolitica del neonato si potrebbe verificare in tutti i casi in cui gruppo sanguigno materno e fetale sono incompatibili, per esempio se la mamma è di gruppo 0 e il feto è di gruppo B, ma si tratti di casi molto rari e solitamente meno gravi. È l’incompatibilità del fattore RhD a determinare la maggior parte dei casi di questa malattia e a causare danni più gravi, per questo vi si pone così tanta attenzione.

Come prevenire la malattia emolitica del neonato

È qui che entrano in gioco James Harrison e altri donatori come lui. Durante la gravidanza viene effettuato il test di Coombs per controllare che il gruppo sanguigno materno e quello fetale siano compatibili. In caso di incompatibilità, alle donne Rh- vengono somministrate per via intramuscolare immunoglobuline umane anti-D (ricavate appunto dal plasma di donatrici e donatori) che, come abbiamo visto, impediscono al sistema immunitario materno produca anticorpi contro i globuli rossi del feto. Questa somministrazione viene chiamata immunoprofilassi anti-D. Di fatto, la generosità di Harrison e di altri donatori come lui, ha permesso e permette tuttora di salvare milioni di vite.

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