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13 Dicembre 2025
8:00

Cos’è l’effetto Bouba-Kiki e cosa dice di te il suono del tuo nome

Questo effetto descrive la relazione tra due figure astratte, e mostra come la percezione e il linguaggio emergano dall’interazione continua tra sensi diversi, anziché che da sistemi isolati.

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Cos’è l’effetto Bouba-Kiki e cosa dice di te il suono del tuo nome
Video a cura di Giorgia Giulia Evangelista
Neuroscienziata, divulgatrice scientifica e matematica
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Esiste un fenomeno particolarmente interessante che mostra come il cervello umano tenda ad associare in modo sistematico suoni e forme: l’effetto Bouba-Kiki. Questo esperimento, studiato nell’ambito della psicologia del linguaggio, indaga il legame tra le caratteristiche acustiche dei suoni e le proprietà visive delle forme.

L’esperimento Bouba-Kiki è molto semplice: consiste nel prendere due figure astratte, una dai contorni rotondi e morbidi, mentre un’altra spigolosa e appuntita, per poi chiedere ai partecipanti di scegliere quale delle due chiamerebbe “bouba” e quale “kiki”. Il fenomeno divenne noto nel 2001 grazie ai neuroscienziati V. S. Ramachandran ed Edward Hubbard, che dimostrarono come quasi il 98% degli studenti americani e del Tamil Nadu eseguiva la stessa identica associazione nome-figura, attribuendo il nome “bouba” alla figura rotonda, mentre “kiki” a quella più spigolosa. Questo interessante fenomeno fu già analizzato in alcuni studi sul fonosimbolismo che risalgono addirittura al 1929, quando lo psicologo Wolfgang Köhler notò che persone di lingue diverse attribuivano suoni come “maluma” alle figure tonde e “takete” a quelle angolari.

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Una spiegazione convincente arriva dalla fonetica. Per pronunciare “bouba”  (/ˈbuːba) le labbra si arrotondano e il suono risultante viene percepito come morbido e fluido, mentre “kiki” (ˈkiːkiː) prevede il suono gutturale e occlusivo della “k”, rendendolo quindi più “spigoloso”. In un certo senso, i movimenti della bocca sembrano richiamare implicitamente le caratteristiche delle forme a cui i suoni vengono associati.

Alcuni neuroscienziati descrivono queste associazioni come “corrispondenze cross-modali”, ovvero collegamenti spontanei tra informazioni provenienti da sensi diversi. L'effetto Bouba-Kiki riflette il fatto che il cervello integra suoni e forme già nelle prime fasi dell'elaborazione percettiva, attraverso collegamenti neurali che mettono in comunicazione aree uditive, visive e regioni di integrazione multisensoriale. Questo ci suggerisce che il modo in cui una parola suona può influenzare il modo in cui viene rappresentata mentalmente.

Queste associazioni non riguardano solo forme astratte. L’effetto Bouba-Kiki può influenzare anche il modo in cui percepiamo i nomi propri delle persone: senza determinare la personalità di nessuno, il suono di un nome può evocare sensazioni diverse. Nomi ricchi di vocali arrotondate possono apparire più morbidi o accoglienti, mentre quelli con consonanti più dure possono risultare più energici o incisivi.

Viene spontaneo chiedersi se il suono di un nome possa davvero influenzare la personalità di chi lo porta, o almeno il modo in cui quella persona viene percepita. In realtà, non esistono evidenze scientifiche che colleghino i tratti caratteriali al nome in sé, e quindi non diventiamo più “soffici” o più “spigolosi” a seconda che il nostro nome suoni più bouba o più kiki, ciò che pesa molto di più sono le esperienze, le persone incontrate e i ricordi che costruiamo nel tempo.

L’effetto Bouba-Kiki mostra quindi come la percezione e il linguaggio emergano dall’interazione continua tra sensi diversi, anziché da sistemi isolati.

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