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Avete mai visto nei film un personaggio usare una fiamma azzurra per tagliare una porta blindata durante una rapina o per saldare un razzo spaziale? Quel getto di fuoco non è fantascienza: si chiama fiamma ossidrica, conosciuta anche come fiamma ossiacetilenica ed è uno strumento realmente esistente e fondamentale in tanti mestieri. In poche parole, è una fiamma molto potente che si ottiene mescolando due gas – acetilene e ossigeno – e accendendoli con precisione. Questa combinazione può arrivare a temperature vicinissime ai 3 500 °C, una temperatura in grado di fondere i metalli e molto al di sopra di un classico fuoco di legna del camino. Pensate: la lava di un vulcano arriva “solo” a 1 200 °C si può dire quindi che è più calda di un vulcano! La fiamma ossiacetilenica, generata tramite il cannello, è usata per saldare, tagliare e modellare metalli ed è indispensabile per cantieri, officine meccaniche e perfino laboratori.
Fiamme a ossigeno e idrogeno
In realtà, all'inizio del XX secolo, per queste operazioni si impiegava una miscela di idrogeno e ossigeno, da cui il nome "fiamma ossi-idrica", ottenuta tramite elettrolisi dell'acqua. Questa combinazione produceva una fiamma molto pulita, ma meno potente, con una temperatura massima di circa 2 660 °C, inferiore a quella raggiunta dalla fiamma ossiacetilenica. Con l'introduzione dell'acetilene, che brucia a temperature più elevate, l'uso dell'idrogeno come combustibile è diminuito, rendendo la fiamma ossiacetilenica lo standard per molte applicazioni industriali.

Cosa fa la fiamma ossidrica
Immaginate di accendere un fornello da cucina: ruotate la manopola e sentite un piccolo "clic" che fa scattare la scintilla. Ma questa da sola non basta: per generare la fiamma con cui cuciniamo serve anche il gas, che alimenta la fiamma come combustibile e l’ossigeno dell’aria, il comburente.
La fiamma ossiacetilenica funziona con la stessa logica, ma più in grande e in maniera più controllata. Vengono utilizzati due gas: acetilene (C₂H₂), un gas infiammabile che brucia con facilità, e ossigeno, di nuovo il comburente. In questo caso, però, l’ossigeno è allo stato puro e non proveniente dall’aria come nei fornelli (dove è mescolato con altri gas inerti, come l'azoto): in tal modo, la fiamma sarà più potente e libererà più calore.
Acetilene e ossigeno generano una fiamma piccola ma potentissima, perfetta per tagliare o fondere il metallo. Dalla reazione tra i due, inizialmente si formano idrogeno (H₂) e monossido di carbonio (CO), che reagiscono nuovamente per dare i prodotti finali: vapore acqueo e anidride carbonica (CO2), insieme a un’ondata di calore!

Tutto ciò avviene in millisecondi, dentro una piccola fiamma blu di cui possiamo distinguere tre zone diverse:
- il cono interno, vicino alla punta: è la parte più “intensa”;
- la zona intermedia, dove avviene la combustione completa;
- la zona esterna, visibile e più ampia, dove il calore si diffonde.
Per cosa si utilizza la fiamma ossidrica
Per capire in cosa e come viene utilizzata la fiamma ossidrica, basta pensare a tutte le situazioni in cui bisogna fondere, tagliare o aggiustare pezzi di metallo resistenti, dalla costruzione di un ponte alla riparazione della carrozzeria di un camion, ma viene utilizzata anche per aggiustare enormi tubature dell’acqua (basta aprirle con un taglio netto) o realizzare strutture metalliche in fabbrica.
Oltre a ciò, come riportato da uno studio del 2021, tramite la fiamma è possibile anche trattare le superfici dei metalli. Si parla di flame hardening: si scalda la superficie di un pezzo d’acciaio e poi si raffredda rapidamente. Il risultato? Un metallo più duro, perfetto per resistere all’usura senza cambiare tutto il pezzo. È come “abbrustolire” la crosta del pane lasciando il cuore morbido.

Un equilibrio delicato
Usare la fiamma ossiacetilenica non è però semplice come accendere i fornelli di casa. Servono precisione ed esperienza. Troppo acetilene? La fiamma diventa “fumosa” e sporca il metallo. Troppo ossigeno? La fiamma è aggressiva e rischia di danneggiare ciò che si tocca.
Un saldatore esperto sa guardare la fiamma e dire: “Ok, questa è perfetta!” oppure: “C’è troppo ossigeno, devo regolare il flusso.” Di nuovo, è come regolare la fiamma del fornello mentre si cucina: troppo alta brucia, troppo bassa non cuoce. Qui però, sbagliare significa rischiare di rovinare un tubo d’acciaio o non riuscire a tagliare una lastra spessa!
Regolando bene tempo di esposizione, distanza della fiamma, e quantità di gas, si può controllare in modo sorprendente la qualità del lavoro. Addirittura, si riesce a misurare la durezza ottenuta sulla superficie del metallo. Insomma, dietro quella fiamma blu c’è sperimentazione e pratica. Non è solo una "torcia" da film!