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Sul gruppo delle Dolomiti di Brenta c'è stato un nuovo importante distacco di roccia: lo scorso 1° agosto, alle 20:46, è crollata una porzione del versante ovest della Cima Falkner, a quasi 3.000 metri di quota. Il crollo, rilevato anche dai sismografi e avvistato dal personale di un rifugio, ha provocato un'enorme nube di polvere. Secondo le stime, durante il crollo si sarebbero staccati tra i 300.000 e i 400.000 metri cubi di roccia.
Il distacco di roccia è avvenuto a meno di una settimana di distanza dall'ultimo episodio, registrato il 27 luglio: in questo caso, però, l'energia liberata dal crollo è stata 32 volte superiore e ha persino provocato un cambiamento nel profilo della montagna. Al momento, la situazione è attentamente monitorata tramite droni, laser e rilievi 3D.
Vediamo quindi le cause di questo distacco e perché, secondo i geologi, nei prossimi mesi è probabile che si verifichino anche altri cedimenti.
Le cause dei crolli e l'importanza del permafrost
Innanzitutto bisogna specificare che, pur essendo di grande impatto, questi crolli rappresentano un fenomeno naturale: tutte le montagne e i rilievi, infatti, sono destinati a ridurre la propria altezza con il tempo. Del resto, è una legge geologica: l’innalzamento è temporaneo, mentre l’erosione è perenne.
Dietro all'erosione lenta delle montagne ci sono chiaramente diversi agenti atmosferici, ma anche fenomeni fisici e chimici: fratturazione, dilatazione termica, infiltrazioni d’acqua o gelo-disgelo. Tra l'altro, più sono alte le montagne e maggiore sarà la loro esposizione a questi fenomeni.
Ma quali sono le cause che hanno provocato il crollo del versante ovest della Cima Falkner? In questo specifico caso, è stato il permafrost a giocare un ruolo importante. Ad alte quote, infatti, la roccia è spesso tenuta insieme dal permafrost (ossia un suolo congelato da almeno due anni), con il ghiaccio che agisce come un vero e proprio collante naturale.
A causa dell'innalzamento delle temperature, il permafrost sta iniziando a fondersi in profondità, trasformandosi in un impasto di acqua, sabbia e terra e provocando frane, valanghe e cedimenti strutturali superficiali. In altre parole, una volta che il collante viene meno, la parete si destabilizza ed è più probabile che avvengano crolli come quello del 1° agosto.
I meccanismi che indeboliscono la roccia: crioclastismo e il termoclastismo
Ovviamente, non c'è solo il permafrost dietro a un crollo importante come quello avvenuto nel gruppo delle Dolomiti di Brenta: le cause dipendono da un insieme di diversi meccanismi, che agiscono anche per centinaia di migliaia di anni.
In particolare, sull'indebolimento della roccia agiscono due meccanismi:
- Il crioclastismo, ossia il classico processo del gelo-disgelo: in questo caso, l’acqua entra nelle fratture della roccia, gela e di conseguenza si espande. Quando l'acqua ghiaccia, aumenta di volume e fa da leva nella roccia. Ogni volta che questo processo si ripete, la roccia si indebolisce, fino a che non verificano delle vere e proprie fratture.
- Il termoclastismo che, al contrario, è legato agli sbalzi termici. Quando una roccia viene scaldata dal sole e poi raffreddata rapidamente, si creano tensioni interne. I materiali diversi si dilatano e si contraggono in maniera differente e, alla lunga, questo causa fratture, distacchi e crolli.
Questi due fenomeni agiscono tutti i giorni, soprattutto in alta montagna, dove l’escursione termica tra giorno e notte può superare anche i 30 gradi. Essendo poi le rocce già indebolite da millenni di erosione, è ancora probabile che generino frane o cedimenti.
Al momento, comunque, la Cima Falkner resta sotto osservazione. Il Servizio geologico della Provincia autonoma di Trento sta monitorando l’area con droni, laser e rilievi 3D: le fratture saranno quindi mappate e controllate. Nel frattempo, le autorità hanno confermato la chiusura dei sentieri numero 305 e 331 a causa dell'instabilità della roccia.