0 risultati
video suggerito
video suggerito
21 Settembre 2025
7:00

Da “Lo Hobbit” a “Il Trono di Spade”, cos’è il conlanging, l’arte di creare lingue fittizie

Tolkien, filologo e autore di opere come "Lo Hobbit" ha creato lingue come Quenya e Sindarin: il conlanging, da allora, ha arricchito libri, film e giochi con idiomi come Klingon, Dothraki o Na’Vi, mostrando che inventare lingue è una vera arte capace di generare mondi.

1 condivisione
Da “Lo Hobbit” a “Il Trono di Spade”, cos’è il conlanging, l’arte di creare lingue fittizie
logo lo hobbit
Credit: New Line Cinema, Public domain, via Wikimedia Commons

“Elen silë lumenn omentielvo”, direbbero gli elfi della Terra di Mezzo: una stella brilla sull’ora del nostro incontro. La frase è in Quenya, una delle molte lingue inventate per "Lo Hobbit" dal linguista e professore J.R.R. Tolkien, pioniere del conlanging, ossia la creazione di lingue artificiali.

John Ronald Reuel Tolkien fu professore di filologia a Oxford, appassionato di lingue antiche, ma anche filologo, glottoteta e naturalmente abile scrittore in grado di intrecciare linguistica, mitologia e letteratura. Ancora oggi le sue opere accompagnano i lettori in un viaggio che è al tempo stesso avventura e allegoria: Bilbo Baggins, l’eroe riluttante, esce dalla sua comoda tana per affrontare draghi, orchi e, soprattutto, le proprie paure, in un’avventura che avrebbe aperto la strada a "Il Signore degli Anelli" e a un intero universo letterario. Ma la vera rivoluzione non è solo narrativa: Tolkien è considerato il padre dell’high fantasy, il genere che innalza il fantastico a epopea, costruendo mondi coerenti dotati di storia, geografia, genealogie e soprattutto lingue. Il conlanging per lui non era solamente un vezzo, bensì la genesi stessa del suo mondo: la Terra di Mezzo è nata grazie alle sue lingue. Dal Quenya al Sindarin, ogni idioma custodiva una cultura, una mentalità, una filosofia. Senza di esse, l’universo fantastico di Arda non avrebbe avuto la stessa profondità.

tolkien
J.R.R. Tolkien, 1925; credits: Unknown photo studio commissioned by Tolkien’s students 1925/6 (private communication from Catherine McIlwaine, Tolkien Archivist, Bodleian Library), Public domain, via Wikimedia Commons

Il più curioso caso di conlanging è il caso della Lingua Ignota di Hildegard von Bingen, monaca tedesca del XII secolo, che conta ben 1011 parole basate su latino e alto-tedesco medio, creata per scopi religiosi e considerata una delle prime lingue artificiali documentate. Ma nel tempo il fenomeno si è diffuso al punto che sono tantissime le testimonianze di lingue inventate di sana pianta: dal Dothraki e l’Alto Valyriano creati da David J. Peterson per la serie "Il Trono di Spade" tratta dai romanzi di J. R. R. Martin, al Klingon e il Vulcaniano di Marc Okrand create per arricchire l’universo fantascientifico di Star Trek, fino all’Esperanto, vera lingua ausiliaria parlata fluentemente oggi da quasi 2 milioni di persone. E come dimenticare il Na’Vi, la lingua parlata su Pandora nel celebre film Avatar di James Cameron sviluppata da Paul Frommer?

A metà strada tra gioco e vera e propria forma d’arte creativo-espressiva, il conlanging ha trovato spazio anche nei videogiochi: l’arcaico Dovahzul parlato dai draghi di Skyrim, oppure il bizzarro Simlish dei Sims, fino a titoli di successo più recenti come Clair Obscur: Expedition 33, che utilizza un idioma ibrido tra francese, spagnolo e italiano in un vero mosaico di lingue romanze capace di evocare un’atmosfera surreale, oppure Chants of Sennar, un gioco ispirato al mito della Torre di Babele basato sulla decifrazione di veri e propri linguaggi inventati.

Oggi — a quasi novant’anni dalla sua uscita, avvenuta il 21 settembre 1937 — "Lo Hobbit" (o "There and Back Again") non è quindi soltanto un libro: è l’ingresso in un universo che continua a influenzare cinema, serie, giochi e generazioni di appassionati.  Tolkien è quindi la testimonianza del fatto che creare lingue immaginarie non è un passatempo, ma una vera forma d’arte capace di dare vita a mondi interi, dimostrando che una lingua non è mai solo un insieme di parole, ma un ponte che collega un popoloanche immaginario — alla sua cultura, alla sua memoria e ai suoi sogni.

Le lingue artificiali ci insegnano che ciò che nasce come gioco intellettuale può trasformarsi in un potente strumento di poesia, identità e meraviglia, proprio come Bilbo ci mostra che uscire dal nostro "buco hobbit" ci permette di vivere un'avventura che ci arricchisce. Infatti, come non ci si sente mai veramente a casa se non si intraprende un viaggio, così le lingue immaginate ci offrono la possibilità di esplorare nuovi mondi, di scoprire e reinventare noi stessi.

Sfondo autopromo
Cosa stai cercando?
api url views