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10 Giugno 2024
19:30

È vero che Claude Monet vedeva la luce ultravioletta e dipingeva anche questi “colori impossibili”?

Sì: il pittore impressionista francese Monet, famoso per i quadri delle ninfee, stava perdendo la vista per una cataratta bilaterale quando si sottopose a un'operazione agli occhi, e l'intervento potrebbe avergli dato la capacità di vedere – e dipingere “colori ultravioletti”.

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È vero che Claude Monet vedeva la luce ultravioletta e dipingeva anche questi “colori impossibili”?
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Avete presente le meravigliose ninfee dipinte dal pittore francese Claude-Oscar Monet (Parigi, 1840 – Giverny, 1926), “padre” dell'espressionismo, ripetute all'infinito con variazioni di luce e prospettiva? Le abbiamo tutti studiate a scuola e alcuni magari hanno avuto l'occasione di vederle anche dal vivo. Ecco, non tutti sanno, però, che le straordinarie tonalità di colore che possiamo osservare nelle opere di Monet, nello specifico le ultime della sua produzione, potrebbero nascondere delle caratteristiche fuori dal normale, derivanti da un'operazione agli occhi a cui il pittore si sottopose a causa di una cataratta bilaterale e a un particolare tipo di occhiali indossati successivamente. Secondo gli studiosi, questa associazione intervento-occhiali potrebbe avergli consentito di vedere la luce ultravioletta e di dipingere anche in questa lunghezza d'onda. Approfondiamo la questione.

Monet e la cataratta agli occhi

Nei primi anni del Novecento Monet aveva già raggiunto la celebrità nell'ambiente parigino grazie ai suoi dipinti impressionisti: a un certo punto però, forse perché usava delle vernici a base di piombo, sviluppò la cataratta, cioè una opacizzazione del cristallino dell'occhio. Questa era una specie di condanna a morte per gli artisti del tempo, perché significava che di lì a poco sarebbe diventato cieco. La sua unica speranza era un intervento chirurgico per rimuoverla che, però, a differenza di oggi, non era affatto un'operazione di routine, ma era pericolosa e spesso accelerava il sopraggiungere della cecità. Monet all'inizio sperava di farne a meno, ma la sua capacità di dipingere cominciò a peggiorare rapidamente: non era quasi più in grado di vedere (e infatti etichettava tutti i colori per capire cosa fossero) e creava opere prima molto cupe e poi, per compensare, con colori assurdi e quasi surreali.

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Claude Monet. The Japanese Footbridge. c. 1920–22. Oil on canvas, 35 1:4 x 45 7:8 (89.5 x 116.3 cm). Grace Rainey Rogers Fund © MoMA

Di conseguenza, nel 1923, decise di sottoporsi all'intervento (ma solo su un occhio, il destro, per avere comunque l'altro nel caso di insuccesso). In realtà l'operazione andò bene e addirittura aprì una nuova fase della sua carriera. Secondo degli studi sulle sue ultime opere, infatti, modificò il modo in cui funzionava la sua vista perché potrebbe avergli donato la capacità di vedere i colori oltre il normale spettro umano, fino ai raggi ultravioletti.

Monet, gli ultravioletti e gli "occhiali speciali"

Gli occhi vedono il colore attraverso delle cellule speciali, dette "coni". Gli esseri umani ne hanno tre tipologie e quindi lo spettro di colori visibili è abbastanza ampio. Lo spettro della visione umana inizia intorno al rosso (750 nanometri) e si estende al viola (380 nanometri), ma oltre alla normale luce viola, c'è la luce ultravioletta, o luce UV, che ha lunghezze d'onda più corte e per noi è invisibile perché coperta dal cristallino (anche se tecnicamente è percepibile): molti animali possono vedere questa luce UV, alcuni addirittura dipendono da questa abilità per sopravvivere, come le api.

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Claude Monet, Ninfee, 1920–1926, Museo dell’Orangerie

Ora, dopo l'operazione, l'occhio di Monet non era più protetto dal cristallino, che è la "lente naturale" dell'occhio: le operazioni moderne lo sostituiscono, ma al tempo non era possibile. Monet vedeva poco e niente (come molte delle persone operate al tempo, non era proprio da considerarsi un successo garantito) ed era disperato: allora l’oftalmologo Jacques Mawas gli diede degli speciali (e costosissimi) occhiali, realizzati con la Zeiss, per compensare. Stando al Science History Institute di Philadelphia questo potrebbe significare che fosse diventato capace di vedere la luce UV da un occhio.

Monet e la possibile cianopsia

Questo però non spiega necessariamente le ninfee e i giardini "tutti blu" dell'ultima produzione di Monet. Secondo un altro studio, pubblicato dall'Università di Calgary, il pittore avrebbe sviluppato in questi anni la cianopsia, un disturbo visivo che lo portava a vedere tutto nelle tonalità del blu, ma solo all'occhio operato, mentre vedeva ancora in una tonalità di giallo-marrone nell'altro, che non era stato operato e aveva ancora la caratatta. Questo cambiamento nella percezione del colore, poi mitigato dalle speciali lenti colorate di cui abbiamo parlato prima, avrebbe in realtà turbato Monet perché continuamente disorientato dalle diverse tonalità viste dai due occhi. L'artista, secondo gli studiosi, potrebbe aver reagito dipingendo con un occhio coperto alla volta: questo potrebbe essere il motivo secondo il quale, in questo periodo, Monet realizzò quadri alternando i toni del “blu-verde” (usando il suo occhio destro operato) a quelli del “rosso-giallo” (utilizzando l'occhio sinistro con la cataratta).

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