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27 Ottobre 2025
7:00

Quando le giornate si accorciano siamo più tristi? Cosa dice la scienza

Con il cambio di orario per l'arrivo dell'ora solare le giornate si accorciano progressivamente e molte persone tendono a sentirsi più stanche e giù di morale. Secondo alcuni studi, questo fenomeno potrebbe derivare non solo da cambiamenti nei nostri stili di vita in inverno, ma anche da un possibile effetto della luce sulla nostra neurobiologia.

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Quando le giornate si accorciano siamo più tristi? Cosa dice la scienza
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Con il passaggio all’ora solare, avvenuto tra sabato 25 e domenica 26 ottobre, le lancette degli orologi si sono spostate indietro di un’ora, riducendo le ore di luce serale delle nostre giornate, che si accorceranno progressivamente fino al solstizio di inverno. Questo cambiamento può influire sul nostro umore, facendoci sentire più stanchi e giù di morale, mentre alle alte latitudini l’arrivo della notte polare, in cui il sole non sorge completamente per mesi, può provocare veri e propri episodi di depressione stagionale. Se da un lato, infatti, il freddo e l'anticipo del calar della sera modificano i nostri stili di vita, dall’altro la ridotta disponibilità di luce influisce sulla produzione di molecole chiave per il nostro benessere e per l’umore, come melatonina e serotonina. Tutti questi meccanismi insieme potrebbero spiegare il calo del nostro umore in inverno, un fenomeno frequente soprattutto nei Paesi nordici e che secondo alcune teorie evolutive potrebbe aver rappresentato una strategia vincente per i nostri antenati vissuti migliaia di anni fa.

La luce solare influenza il nostro umore? Il caso del Kaamosmasennus finlandese

Vi è mai capitato di sentirvi un po’ giù di morale o più appesantiti nei periodi dell’anno in cui fa buio presto? Se la risposta è sì, non siete affatto soli. Per molti di noi, infatti, l’accorciamento progressivo delle giornate fino al solstizio di inverno è spesso accompagnato da un calo del tono dell’umore e da una sensazione di maggiore stanchezza. E, come se non bastasse, il passaggio dall’ora legale a quella solare a fine ottobre ci “ruba” un’ulteriore ora di luce serale, rendendo le giornate ancora più corte.

Eppure, noi italiani, come gli abitanti dei Paesi più meridionali d’Europa, possiamo ritenerci fortunati. In Finlandia, per esempio, tra fine novembre e gennaio ricorre il kaamos, la cosiddetta “notte polare”, durante la quale il sole non supera mai l’orizzonte e le giornate oscillano tra il crepuscolo e l’oscurità totale. Proprio in questo periodo, molti finlandesi sperimentano una vera e propria forma di depressione stagionale caratterizzata da un calo generale del tono dell’umore e un aumento della sensazione di stanchezza. Una condizione tanto diffusa da aver preso il nome di kaamosmasennus (letteralmente “depressione invernale”), che molti studi mettono in relazione proprio con la scarsa esposizione alla luce solare.

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Notte polare il 29 dicembre a Murmansk, Russia, 1 ora e 27 minuti prima di mezzogiorno. Credit: Wikimedia Commons

Gli italiani preferiscono le giornate con più ore di luce serale

In Italia, fortunatamente, non dobbiamo affrontare nulla di paragonabile al kaamos finlandese. Eppure, anche da noi le giornate si accorciano drasticamente con l’arrivo dell’autunno e dell’inverno. Per fare un esempio concreto, a Napoli a giugno il sole tramonta intorno alle 20:30, regalandoci più di 15 ore di luce; a fine dicembre, invece, il cielo comincia a imbrunire già attorno alle 16:30, riservandoci poco più di 9 ore di sole.

Ma gli italiani preferiscono le lunghe giornate estive o quelle crepuscolari tipiche dell’inverno? Secondo un sondaggio condotto nel 2019 dalla piattaforma YouGov, in occasione della proposta del Parlamento Europeo di abolire il cambio d’ora, su un campione di 1007 intervistati il 69% si è dichiarato favorevole all’adozione permanente dell’ora legale, con l’obiettivo di avere a disposizione più ore di luce serale in inverno. Un cambiamento, secondo il 62% degli intervistati, motivato anche dall’aspettativa di un miglioramento del tono dell’umore conseguente all’allungamento delle giornate.

Ci sono basi scientifiche o è solo suggestione?

Sicuramente avere a disposizione più ore di luce durante la giornata ci consente di trascorrere più tempo all’aperto, svolgere attività fisica e mantenere una vita sociale più attiva, tutte attività note per “ricaricare” il nostro umore e il benessere generale.

Tuttavia, la luce solare può avere un’influenza molto più diretta sul nostro organismo, influenzando la nostra neurobiologia. Nella retina, sparse tra le cellule che ci permettono di vedere forme e colori, si trovano delle cellule che fungono da veri e propri “sensori della luce”. Si chiamano cellule gangliari retiniche intrinsecamente fotosensibili e funzionano in modo simile a quelle lampade che si accendono automaticamente appena rilevano una situazione di oscurità ambientale.

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Cellule gangliari intrinsecamente fotosensibili (ipRGCs) all’interno della retina. Credit: Wikimedia Commons

Quando cala il crepuscolo, infatti, queste cellule inviano un segnale che avverte il cervello dell’arrivo del buio, che in risposta stimola la produzione di melatonina, l’ormone che favorisce il sonno. E poiché in inverno le giornate sono più brevi, la secrezione di melatonina inizia prima e dura più a lungo, contribuendo a farci sentire più assonati. Allo stesso tempo, la luce, tramite le stesse cellule, influenza il naturale ciclo di produzione della serotonina, la celebre “molecola del buon umore”. Non a caso, alcuni studi hanno osservato variazioni anomale dei livelli di queste molecole proprio nelle persone che soffrono di depressione stagionale, disturbo più comune proprio durante i mesi freddi e con meno ore di sole, e spesso trattato efficacemente attraverso la terapia della luce.

Se siamo più stanchi in inverno è tutta “colpa” dell’evoluzione

Arrivati a questo punto, una domanda sorge spontanea: perché la nostra biologia sembra “ostacolarci” nelle stagioni fredde, quando la disponibilità di luce ambientale è minore? La risposta, come spesso accade, va ricercata nel nostro passato.

I nostri stili di vita sono cambiati radicalmente negli ultimi due secoli, ma il nostro organismo si è evoluto per milioni di anni adattandosi a condizioni ambientali molto diverse da quelle che viviamo oggi. E prima dell’invenzione delle lampadine, delle città e dei sistemi di riscaldamento, l’arrivo dell’inverno e l’accorciarsi delle giornate significavano esporsi ai predatori e agli invisibili pericoli notturni, affrontare gravi carestie e temperature rigide, tutte situazioni capaci di mettere seriamente a rischio la vita.

Ma la biologia potrebbe "aver trovato una soluzione": farci rallentare e sentire più tristi e apatici durante i periodi più freddi e bui dell’anno. Una strategia che oggi potrebbe sembrare sconveniente, ma che per migliaia di anni potrebbe averci difeso dai pericoli dei periodi più rigidi dell’anno, risparmiando energie per affrontare le sfide in arrivo con le lunghe e luminose giornate di primavera.

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