Un abbandono, la perdita di una persona cara, una sciagura che non ci aspettavamo possono farci provare tristezza: un’emozione primaria caratterizzata da una serie di comportamenti e stati fisici (come spossatezza e stress) oltre che stati emotivi, spesso accompagnati da pianto o desiderio di piangere. La tristezza non è solo uno stato emotivo, ma possiede delle basi neurali molto forti, attiva precise aree cerebrali (per esempio la corteccia cingolata anteriore e la corteccia prefrontale) e coinvolge il rilascio o la diminuzione di diverse sostanze chimiche. Tristezza però non vuol dire depressione: la prima è un'emozione, mentre la seconda è un disturbo psichico.
Quali aree del cervello accende (o spegne) la tristezza
Molti studi di imaging ci possono però mostrare quali aree del cervello siano particolarmente coinvolte nel senso di tristezza. Il cervello in uno stato di tristezza ha una serie di caratteristiche che lo rendono unico. Grazie a degli studi di mappatura con intelligenza artificiale (e non solo), è stato possibile configurare quali aree del cervello siano particolarmente attive o spente quando ci sentiamo tristi. Le aree che sono coinvolte nel processamento della tristezza sono varie, ecco le principali:
- corteccia cingolata anteriore (ACC);
- sostanza grigia periacqueduttale;
- corteccia prefrontale (PFC).
Queste aree non si occupano solo di processare la tristezza, ma hanno una serie di neuroni di tipo diverso (e difficili dunque da categorizzare). Ma vediamole più da vicino: la corteccia cingolata anteriore (ACC) si trova nella zona che circonda il corpo calloso, che potremo vedere come il “centro” anatomico interno del cervello. Questa zona è dedicata a molte funzioni superiori, come la presa di decisione e la ricompensa. Inoltre, questa zona riceve molte proiezioni dai neuroni dopaminergici, proprio quelli coinvolti nella depressione maggiore. Provate a pensare alle implicazioni del coinvolgimento di questa area, così importante per la personalità e il comportamento, in un caso di depressione!
Un'altra zona importante è la sostanza grigia periacqueduttale, che indica letteralmente una serie di corpi neuronali (materia grigia) situata intorno all'acquedotto cerebrale, più in basso, vicino al cervelletto. Questa zona è di grande interesse perché responsabile del senso di analgesia, ovvero di controllo del dolore.
La zona di maggiore interesse per noi è la corteccia prefrontale, in quanto più accessibile anche agli studi su umani. In particolare, è stato dimostrato che c’è una sorta di asimmetria nel cervello che prova tristezza: la corteccia sinistra sembra essere meno attiva nei soggetti depressi. Questa scoperta ha introdotto un nuovo filone di ricerca sulla depressione, che si prefigge di combatterla con uno strumento di stimolazione della corteccia, andando ad innescare l'attivazione della zona sinistra!
Ma non è finita qui: un lavoro ha dimostrato come la tristezza abbia una sua “marca da bollo” unica nel nostro cervello rispetto a tutte le altre emozioni. Se infatti osserviamo il cervello durante le emozioni primarie (paura, disgusto, rabbia, felicità e tristezza) ci rendiamo conto che esso reagisce con dei circuiti neuronali simili, anche se pur sempre unici. Nel caso della tristezza, tutto ciò che hanno in comune le altre emozioni sparisce. In particolare, la zona della corteccia prefrontale perde tutte le connessioni con altre zone del cervello, e l’attivazione si riduce a poche e discrete zone del cervello.
Tristezza o depressione? Le differenze
Spesso tendiamo ad associare tristezza e depressione, o addirittura ad usarli come sinonimi. Il nostro cervello, però, ci dice chiaramente che non è la stessa cosa. Ad esempio, non ci sono studi approfonditi sui neurotrasmettitori che vengono rilasciati esattamente nei momenti di tristezza episodica. Molto più studiati, invece, sono i neurotrasmettitori coinvolti nella depressione, che è un vero e proprio disturbo psichico e coinvolge meccanismi diversi, ma dal punto di vista psicologico può essere considerata uno stato di "tristezza cronica" aggravato.
I circuiti neuronali più studiati nei casi di depressione sono quello della serotonina e della noradrenalina. È ormai noto da tempo che la depressione provoca una diminuzione della serotonina e della noradrenalina nel sistema nervoso centrale. Ultimamente, sta avendo spazio anche la teoria dopaminergica della depressione, in quanto sono stati rilevati livelli più bassi del normale di questo neurotrasmettitore nei pazienti affetti da depressione.
Questi studi, però, non possono essere immediatamente associati anche alla tristezza: per quanto riguarda quest'ultima, ci sono degli studi che vedono coinvolti alcuni geni associati ai recettori di serotonina, dopamina e GABA. Si tratta di correlazioni che mettono in relazione comportamenti associati alla tristezza con disfunzioni ai geni associati a questi neurotrasmettitori: dunque, ancora troppo poco per trarre conclusioni complete e soddisfacenti.