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18 Gennaio 2024
19:00

Il buco nero più antico mai osservato: cosa sappiamo sulla scoperta del telescopio James Webb

Ha oltre 13 miliardi di anni il buco nero più antico conosciuto, appena scoperto grazie ai dati del telescopio spaziale James Webb. La sua esistenza sfida le attuali conoscenze su come si formano i buchi neri supermassicci.

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Il buco nero più antico mai osservato: cosa sappiamo sulla scoperta del telescopio James Webb
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Immagine ottenuta col telescopio spaziale Hubble della galassia GN–z11, esistita solamente 400 milioni di anni dopo il Big–Bang. La galassia ospita il buco nero supermassiccio oggetto di questo studio. Credits: NASA, ESA, and P. Oesch (Yale University).

Un gruppo internazionale di astronomi guidato dall'italiano Roberto Maiolino dell'Università di Cambridge ha scoperto il buco nero supermassiccio più antico mai osservato. Questo mostro cosmico si trova nella galassia GN-z11, la cui luce ci raggiunge dopo aver viaggiato per oltre 13 miliardi di anni, quando l'Universo aveva solo 400 milioni di anni, cioè circa il 3% della sua età attuale. Il buco nero supermassiccio, scoperto grazie ai dati del James Webb Space Telescope, ha una massa di 1,6 milioni di volte quella del Sole e la sua esistenza sfida le conoscenze comunemente accettate sulla nascita e l'evoluzione di questo tipo di buchi neri.

Secondo i modelli matematici, il buco nero di GN-z11 non dovrebbe essere già così massiccio a soli 400 milioni di anni dopo il Big Bang. Il modello più accreditato per l'evoluzione dei buchi neri supermassicci prevede infatti che sia necessario circa un miliardo di anni per raggiungere la massa di 1,6 milioni di masse solari, ma questo oggetto è stato osservato in un'epoca in cui il nostro Universo aveva meno di un miliardo di anni. Questo implica che ciò che ipotizziamo su questi oggetti è probabilmente sbagliato e di conseguenza o i buchi neri si formano già con una massa consistente oppure accumulano materiale ad una velocità che è 5 volte più elevata di quella attualmente prevista.

Cosa sappiamo del buco nero più antico mai osservato

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Illustrazione artistica del materiale nel disco di accrescimento in caduta nel campo gravitazionale del buco nero. Credits: NASA/JPL–Caltech

Il buco nero supermassiccio oggetto di questo studio è stato scoperto grazie allo spettrografo NIRSpec a bordo del James Webb Space Telescope. Gli astronomi hanno analizzato la luce proveniente dalla galassia GN-z11, scomponendola nella sue lunghezze d'onda costituenti. Così facendo, gli astronomi sono stati in grado di trovare tracce di elementi quali neon e carbonio nel disco di materiale che ruota vorticosamente attorno al buco nero supermassiccio.

In questo modo gli astronomi sono stati in grado di determinare la distanza di questo oggetto, grazie allo spostamento verso il rosso delle righe di assorbimento, la densità di gas in orbita attorno al buco nero e la massa del buco nero stesso. Gli astronomi si sono così trovati dinanzi a dei dati che suggeriscono come la galassia GN-z11 ospiti un buco nero di massa pari a 1,6 milioni di volte quella del Sole, la cui energia crea un flusso di materiale in uscita dalla galassia a una velocità di 3 milioni di chilometri orari.

Le implicazioni dello studio

La sorprendente massa del buco nero, così grande in uno stadio così precoce della storia cosmica, mette in dubbio il modello standard di nascita ed evoluzione dei buchi neri supermassicci. Secondo il modello, i buchi neri supermassicci si formano a partire dal collasso di stelle immense, più di 100 masse solari, e crescono accumulando materiale e fondendosi con altri buchi neri. Il processo però è incompatibile col buco nero scoperto poiché per raggiungere la massa di 1,6 milioni di masse solari sarebbero necessari circa un miliardo di anni, più dell'età dell'Universo all'epoca del buco nero.

Nell'articolo apparso su Nature, gli astronomi propongono quindi dei meccanismi che potrebbero spiegare queste osservazioni, come una massa iniziale dei buchi neri maggiore di quella inizialmente ipotizzata oppure episodi di accrescimento di massa 5 volte maggiori del modello standard. Ulteriori osservazioni saranno necessarie, ma, secondo gli astronomi, se c'è uno strumento in grado di fornirci risposte, questo è proprio il James Webb Space Telescope.

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