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29 Giugno 2023
18:30

Buchi neri supermassicci, il mostro che si annida al centro di ogni galassia

I buchi neri supermassicci sembrano trovarsi al centro di ogni galassia. Vediamo cosa sono, come si formano e come vengono scovati dagli astronomi.

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Buchi neri supermassicci, il mostro che si annida al centro di ogni galassia
buchi neri supermassicci
Credit: ESO.

Al giorno d'oggi, gli astronomi ritengono che ogni galassia sia dotata di un buco nero supermassiccio al suo centro, avente masse che vanno dai milioni ai miliardi di masse solari. Questi modificano il percorso evolutivo delle galassie a causa dell'enorme energia che possono sprigionare quando inghiottono la materia che gli ruota attorno.

In questo articolo, andremo ad esplorare più da vicino cosa sono i buchi neri supermassicci, quali sono le teorie più accreditate per la loro formazione, la relazione che essi hanno con le galassie in cui risiedono e quali tecniche gli astronomi utilizzano per trovarli.

Cosa vuol dire supermassicci?

L'esistenza dei buchi neri come oggetti reali e non come puro concetto matematico derivante dalla teoria della Relatività generale di Einstein, affonda le sue radici nella scoperta negli anni '60 del primo buco nero in direzione della costellazione del Cigno. I buchi neri sono oggetti estremi, essendo dotati di una grande massa, ma concentrata in un raggio estremamente piccolo, se confrontato ad altri oggetti astronomici. Ciò li rende oggetti con un campo gravitazionale talmente intenso che nemmeno la luce ha abbastanza energia da sfuggirvi, da cui il suffisso "nero". Di conseguenza, i buchi neri non possono essere osservati direttamente, ma solo attraverso gli effetti che essi producono sulla materia circostante.

I buchi neri esistenti in natura possiedono masse diverse: si va dai buchi neri stellari, aventi masse di decine di masse solari e prodotti dal collasso gravitazionale di stelle massicce, ai buchi neri supermassicci, aventi masse che vanno da centinaia di migliaia a miliardi di masse solari, quasi quanto la massa di una galassia di media grandezza. Siccome le loro dimensioni sono direttamente legate alle loro masse tramite le equazioni della Relatività Generale, è possibile calcolare il raggio di questi oggetti. Per un buco nero di un miliardo di masse solari, ad esempio, il raggio è pari all'orbita di Urano, circa 3 miliardi di chilometri. Questo significa concentrare tutta la massa presente in una singola galassia in una regione più piccola del nostro Sistema Solare.

Oltre alla massa e quindi alle dimensioni, i buchi neri supermassicci si distinguono da quelli stellari anche per un'altra interessante proprietà fisica. Vi sarà sicuramente capitato di leggere in qualche racconto di fantascienza del cosiddetto processo di spaghettificazione: un corpo in prossimità di un buco nero è soggetto ad un campo gravitazionale talmente intenso, e sempre più forte man mano che ci si avvicina all'orizzonte degli eventi, che tra i suoi estremi la differenza di gravità è talmente elevata da allungarlo a forma di spaghetto.

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Illustrazione artistica descrivente il fenomeno della spaghettificazione in presenza di fortissimi campi gravitazionali. Credits: Laura A. Whitlock, Kara C. Granger, Jane D. Mahon, public domain.

In maniera contro intuitiva, questo processo è più intenso per i buchi neri stellari che per quelli supermassicci. Ciò è dovuto al fatto che la spaghettificazione dipende non dalla forza di gravità, ma dalla differenza tra la forza di gravità in due punti. Siccome questa differenza dipende dalla densità dell'oggetto, e i buchi neri supermassicci sono meno densi di quelli stellari, l'effetto di spaghettificazione è minore, al punto che per un tipico buco nero supermassiccio di 10 milioni di masse solari, un astronauta sperimenterebbe una differenza di gravità tra la sua testa e i suoi piedi che è pari a quella sperimentata sulla superficie terrestre.

Relazione tra buco nero supermassiccio e galassia

Da alcuni anni, vi è consenso all'interno della comunità astronomica che ogni galassia possiede un buco nero supermassiccio al suo centro o almeno in tutte quelle che hanno una struttura sferoidale di stelle al centro, in gergo "bulge". Il buco nero supermassiccio però non staziona al centro della galassia inerte, ma interagisce e modifica il percorso evolutivo della galassia che lo ospita. I buchi neri supermassicci infatti possono emettere una grande quantità di energia quando la materia che vi spiraleggia attorno cade verso il loro orizzonte degli eventi. Quando ciò accade, il buco nero supermassiccio viene definito un nucleo galattico attivo.

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Illustrazione artistica di un nucleo galattico attivo. Credits: ESO.

L'energia rilasciata dai nuclei galattici attivi avviene sotto forma di radiazione elettromagnetica, venti di particelle e getti di plasma. Tale energia influisce sul mezzo interstellare che si trova nelle galassie in due modi: inibisce il raffreddamento del gas, condizione necessaria per la formazione di idrogeno molecolare e quindi di stelle, e, se la galassia non è molto massiccia, rimuove del tutto il gas dal disco galattico. Così facendo, i buchi neri supermassicci possono rendere una galassia sterile: la galassia perde temporaneamente o del tutto la capacità di formare nuove stelle.

Come si formano i buchi neri supermassicci?

La formazione dei buchi neri supermassicci è ancora un attivissimo campo di ricerca e non vi è consenso all'interno della comunità astronomica su quale sia l'esatto meccanismo di formazione. Il problema che affligge gli astronomi è come sia stato possibile formare strutture così massicce al centro delle galassie in un tempo relativamente breve dal Big Bang, visto che buchi neri supermassicci di un miliardo di masse solari sono stati trovati anche quando l'Universo era nato da "solo" un miliardo di anni.

Vi sono molte teorie riguardo il meccanismo di formazione dei buchi neri supermassicci che ancora però attendono conferme sperimentali. Una teoria ad esempio ipotizza che questi oggetti si siano formati dal rapido collasso gravitazionale di gigantesche nubi di gas primordiale, cioè gas costituito quasi esclusivamente di idrogeno. Un'altra teoria è che essi siano il prodotto della fusione di moltissimi buchi neri generatisi dall'esplosione della prima generazione di stelle, che gli astronomi pensano essere state molto più massicce delle attuali. Una terza possibilità è che buchi neri di masse intermedie, cioè circa 1000-10000 masse solari, si siano formati al centro di ammassi stellari ultra-densi. Un'ultima, affascinante ipotesi prevede l'esistenza di buchi neri primordiali, cioè formatisi poco dopo il Big Bang.

Quali tecniche si usano per trovarli?

Come accennato, i buchi neri non sono direttamente visibili, ma bisogna affidarsi agli effetti che il loro grande campo gravitazionale ha sulla materia circostante. Limitandoci ai soli buchi neri supermassicci, vi sono una serie di metodi per trovarli e misurarne le proprietà.
Il buco nero supermassiccio più vicino a noi è quello al centro della Via Lattea, in direzione della costellazione del Sagittario, noto come Sagittarius A*. Nel corso del tempo, è stato osservato in diverse lunghezze d'onda che ne hanno confermato la sua natura di buco nero supermassiccio. Sagittarius A* è stato scoperto prima tramite osservazioni in banda radio, come emissione di radiazioni radio da un oggetto compatto, poi dall'analisi delle orbite delle stelle che vi passano nelle sue prossimità, cosa che ha valso il premio Nobel a Andrea Ghez e Reinhard Ghenzel, ed infine tramite osservazioni con l'Event Horizon Telescope, con cui gli astronomi sono riusciti a ricostruire l'ombra generata dall'orizzonte degli eventi.

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Simulazione al computer delle orbite delle stelle passanti in prossimità del buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea. Credits: ESO

Sfortunatamente, il metodo dell'analisi delle orbite stellari può essere usato solo per il buco nero della Via Lattea, visto che necessita di immagini con una risoluzione tale da vedere le singole stelle, cosa non possibile attualmente per stelle al di fuori della nostra Galassia. L'Event Horizon Telescope è stato attualmente usato solo per il buco nero della Via Lattea e di M87, necessitando di forti aggiornamenti per poter essere usato anche per altre galassie vicine.

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Un esempio di buco nero supermassiccio è quello al centro della galassia M87 ottenuto grazie all’Event Horizon Telescope. Credits: ESO

Per galassie più lontane, possiamo menzionare due diversi metodi. Il primo sfrutta le emissioni radio generate dai getti di particelle espulse a velocità prossime alla luce dal buco nero supermassiccio al centro di una galassia. Il secondo invece sfrutta la scomposizione della luce proveniente dal materiale attorno al buco nero nelle sue lunghezze d'onda costituenti. L'influsso del buco nero si manifesta nella presenza ad esempio di elementi in uno stato energetico possibile solo nel materiale che si trova in prossimità di un buco nero.

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