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3 Ottobre 2024
9:00

Gli abitanti di certe isole del Pacifico sono tra i più obesi al mondo, perché? I limiti del BMI

L'indice di massa corporea (in sigla BMI, Body Mass Index) è utilizzato a livello globale per valutare anche condizioni di sovrappeso e obesità. Risulta però parzialmente inadeguato quando viene applicato ad alcune popolazioni del Pacifico, dove una corporatura robusta, dettata da una particolare genetica, non si lega necessariamente all'obesità.

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Gli abitanti di certe isole del Pacifico sono tra i più obesi al mondo, perché? I limiti del BMI
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Il Body Mass Index (in sigla BMI e in italiano Indice di Massa Corporea), inventato da Adolphe Quetelet nel XIX secolo, è un sistema per classificare il peso corporeo, adottato dall'OMS nel XX secolo per identificare in modo più immediato sovrappeso e obesità. L'Indice presenta tuttavia limiti significativi e a questo proposito un caso emblematico e quello di alcune popolazioni del Pacifico, dove oltre il 90% degli adulti, in base al BMI, sarebbe da considerare in sovrappeso o obeso. Questa classificazione però non sempre rispecchia la reale condizione di salute di queste persone, sottolineando l'urgenza di approcci più flessibili, precisi e culturalmente adattabili. Approfondiamo la questione.

Cos’è e come si calcola il BMI, l’indice di massa corporea: la tabella di riferimento

Il BMI, acronimo di Body Mass Index e tradotto in italiano come Indice di Massa Corporea, è stato sviluppato dal matematico belga Adolphe Quetelet nell'Ottocento (tant'è che inizialmente era noto come "Indice di Quetelet"). Il suo scopo era misurare le proporzioni di un corpo medio nella popolazione europea. Solo nel Nocevento l'OMS lo ha adottato come strumento per identificare stati di salute e categorie di peso come sovrappeso e obesità. Tuttavia, l'uso universale del BMI ha rivelato diversi limiti, specialmente quando applicato a popolazioni con caratteristiche fisiche, stili di vita e genetiche differenti rispetto a quelle occidentali.

Il BMI si ottiene attraverso una formula: si divide il peso corporeo in chilogrammi per il quadrato dell'altezza in metri:

BMI = peso (kg) / altezza2 (m)

Il risultato viene quindi confrontato con una scala che classifica le persone in sottopeso (BMI inferiore a 18.5), normopeso (18.5-24.9), sovrappeso (25-29.9) e obesità (30 e oltre).

BMI tabella
Tabella di riferimento per il calcolo del BMI (Body Mass Index)

I limiti del BMI: il “paradosso del Pacifico”

L'indice di massa corporea è uno strumento semplice e immediato, ma presenta numerosi limiti: non considera infatti la composizione corporea (rapporto tra massa grassa e massa muscolare), la distribuzione del grasso e le differenze genetiche tra popolazioni. Per esempio, un atleta con un elevata massa muscolare potrebbe essere classificata come "obesa" pur avendo una percentuale di grasso corporeo nella norma, per via dell'elevata densità della massa muscolare rispetto a quella grassa.

Uno degli esempi più eclatanti è quello che potremmo chiamare “paradosso del Pacifico”. Alcune isole del Pacifico sono da sempre al vertice della classifica globale dei Paesi con il BMI medio più alto, stilata dall'OMS, secondo cui più del 90% della popolazione adulta di Nauru, Tonga e Samoa è classificata come sovrappeso o obesa. Per esempio:

  1. Nauru: circa il 61% degli adulti è obeso.
  2. Tonga: circa il 48% degli uomini e il 70% delle donne sono classificati come obesi.
  3. Samoa: quasi il 60% della popolazione adulta ha un BMI superiore a 30.

Questi tassi sono tra i più alti al mondo, superando di gran lunga quelli di molti Paesi occidentali, che in media hanno un tasso di obesità tra il 20% e il 30%. Popolazioni come quelle del Pacifico però, contrariamente a noi occidentali, hanno una corporatura geneticamente predisposta a sviluppare una maggiore massa muscolare e robustezza, rendendo parzialmente inadeguato l’uso del BMI come unico indicatore di salute.

Uno studio sugli atleti tongani, per esempio, ha dimostrato che molti di loro risultano "obesi" secondo il BMI, pur avendo basse percentuali di grasso corporeo. In questo senso la genetica gioca un ruolo fondamentale: le popolazioni del Pacifico sembrano avere una predisposizione a conservare il grasso corporeo in modo più efficiente, un adattamento evolutivo per far fronte a lunghi periodi di scarsità alimentare.

BMI in women
Mappa del BMI nelle donne nel 2016 (più il colore è scuro più l’Indice è alto). Credits: Our World in Data
BMI in man
Mappa del BMI negli uomini nel 2016 (più il colore è scuro più l’Indice è alto). Credit: Our World in Data

I dati a parziale sostegno del BMI

Sebbene le caratteristiche genetiche offrano una spiegazione parziale dell'alto BMI nelle isole del Pacifico, non si possono ignorare altri dati a sostegno della validità dell'Indice, ad esempio l'aumento delle malattie legate all’obesità, come il diabete di tipo 2 e le malattie cardiovascolari. A Tonga, ad esempio, il 34% degli adulti soffre di diabete, un tasso significativamente superiore alla media globale. La causa di questo aumento di patologie va ricercata in una complessa combinazione di fattori storici, economici e culturali.

Prima dell’arrivo degli europei, la dieta tradizionale del Pacifico era ricca di pesce, tuberi, frutta e verdura. Tuttavia, con la colonizzazione e la globalizzazione, queste abitudini alimentari sono cambiate drasticamente. Oggi, gran parte delle isole dipende da alimenti importati, spesso cibi iper processati a basso costo, come carne e pesce in scatola e snack zuccherati. Questi alimenti, ricchi di calorie ma privi di nutrienti essenziali, hanno soppiantato le diete tradizionali, favorendo così l'insorgenza di malattie legate a stili alimentari disfunzionali. Anche la riduzione dell'attività fisica, dovuta all'urbanizzazione e alla meccanizzazione del lavoro agricolo, ha avuto un impatto negativo. Attualmente, solo il 20-30% degli adulti nelle isole del Pacifico pratica un’attività fisica sufficiente a mantenere uno stato di salute ottimale, secondo i dati dell’OMS.

La risposta della cooperazione internazionale contro l'obesità

Per far fronte all'aumento delle malattie legate all’obesità, diverse organizzazioni internazionali hanno lanciato programmi di cooperazione mirati alla promozione di stili di vita più sani nelle isole del Pacifico. Un esempio di questi sforzi è il programma Healthy Islands, sostenuto dall’OMS e dall’UNICEF, che mira a promuovere una dieta più equilibrata e uno stile di vita attivo, valorizzando al contempo le tradizioni locali. L'idea alla base di questi progetti è quella di tornare a pratiche storiche, come la coltivazione di alimenti locali, riducendo la dipendenza dai cibi importati e trasformati.

Nonostante le buone intenzioni, molti di questi programmi hanno incontrato diversi ostacoli. Le diete promosse, spesso basate su alimenti costosi o non disponibili localmente, hanno ottenuto una scarsa adesione. Inoltre, le infrastrutture sanitarie limitate e le difficoltà economiche rendono difficile per molti abitanti adottare uno stile di vita sano. La comunicazione di questi programmi, spesso non adeguatamente adattata alle specificità culturali, ha fatto sì che molti abitanti non comprendessero o non accettassero i cambiamenti suggeriti. L'idea, ad esempio, di un corpo robusto come simbolo di prosperità e salute è radicata in molte culture del Pacifico, rendendo complicata la promozione della perdita di peso come obiettivo di benessere.

Questi scenari rendono evidenti la necessità di adottare approcci che uniscano la saggezza locale e le risorse globali, favorendo cambiamenti sostenibili e culturalmente sensibili, per affrontare efficacemente le sfide alimentari nel Pacifico.

Fonti
World Health Organization (2018) "Healthy islands: best practices in health promotion in the Pacific" Martin E. (2023) "Pacific Healthy Islands Vision: success factors and challenges faced by health promotion programs"
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