
Il Golfo di Suez, il braccio di mare che si estende nella parte settentrionale del Mar Rosso delimitando la penisola del Sinai, si allarga progressivamente al ritmo di circa 0,5 mm all’anno. È il risultato dello studio di un team di ricercatori cinesi, francesi e inglesi, pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters. Finora si riteneva che la frattura che ospita il Golfo di Suez, originatasi per l’allontanamento delle placche africana e araba, fosse ormai stabile da 5 milioni di anni. Nuove indagini hanno invece rivelato che si sta solo allargando a un ritmo più lento.
Lo studio sulla frattura del Golfo di Suez
Circa 35 milioni di anni fa la placca araba e la placca africana hanno cominciato a separarsi, muovendosi in direzioni opposte una rispetto all’altra, spinte dalle forze dovute alla risalita di materiale caldo dal mantello terrestre. Come conseguenza, la crosta si è assottigliata e fratturata. La frattura si è progressivamente allargata fino a entrare in comunicazione con le acque oceaniche: in questo modo si è formato il Mar Rosso. Questo mare si biforca nella sua parte settentrionale in due rami: il Golfo di Suez e il Golfo di Aqaba, due fratture anch’esse generate dal movimento delle placche, poi riempite dalle acque.

Finora i ricercatori ritenevano che la frattura del Golfo di Suez, apertasi circa 28 milioni di anni fa, avesse smesso di allargarsi circa 5 milioni di anni fa con il cambiamento del movimento delle placche, impedendo al golfo di evolvere in un mare. Ora nuove indagini hanno dimostrato che questa zona di rift continentale (cioè una zona di frattura che si è sviluppata all’interno della litosfera continentale) è ancora attiva: il golfo continua ad allargarsi, anche se a ritmo più lento, di circa 0,5 mm all’anno. È stato possibile scoprirlo esaminando centinaia di profili topografici, cioè sezioni verticali del terreno, lungo circa 300 km di rift (il Golfo di Suez è lungo 316 km) e i profili dei fiumi, il cui andamento può testimoniare movimenti della crosta terrestre. I ricercatori hanno anche misurato l’altezza di barriere coralline che nel tempo sono emerse dal mare fino a raggiungere i 18,5 m di quota sopra il golfo come conseguenza dei movimenti tettonici.

L’importanza della scoperta
La scoperta mostra che le fratture generate nella litosfera continentale dai processi di allontanamento tra le placche possono rallentare il ritmo con cui si allargano senza per forza essere considerate inattive. Finora invece si definiva “fallito” un processo di rifting continentale se questo non progrediva a una certa velocità, portando all’apertura prima di un mare e poi di un oceano, come sta accadendo nella vicina Rift Valley Africana. Qui le placche somala e nubiana si allontanano tra loro a una velocità di circa 6-7 mm l’anno: secondo le previsioni, questo processo tra circa 210 milioni di anni porterà all’apertura di un oceano che separerà l’Africa orientale dal resto del continente. I risultati dello studio mettono in luce la necessità di rivalutare fratture considerate inattive nel resto del pianeta, verificando se siano caratterizzate da un’evoluzione anche minima. Queste caratteristiche potrebbero rendere aree come il Golfo di Suez più soggette di quanto ci si aspetti a terremoti potenzialmente distruttivi.