Perché i continenti della Terra sembrano combaciare perfettamente come pezzi di un immenso puzzle? E com'è possibile che alcuni animali siano molto più simili ai loro parenti d'oltreoceano di quanto non lo siano alle specie vicine? Sono le domande che si pose, agli inizi del XX secolo, il naturalista ed esploratore tedesco Alfred Wegener. Supportato dalla nascita di discipline come la geofisica, la geochimica e l'oceanografia, lo scienziato elaborò la teoria della deriva dei continenti, secondo cui le masse continentali si sposterebbero lentamente nel corso tempo come delle zattere giganti. La teoria consentì di dare un senso all'attuale conformazione delle terre emerse e permise di ipotizzare l'esistenza di un supercontinente antico, chiamato Pangea.
Cosa affermava la teoria della deriva dei continenti
Wegener ipotizzò che la crosta terrestre, lo strato più esterno del nostro Pianeta, fosse in continuo mutamento e che in alcuni punti precisi, nelle profondità degli oceani, lungo le cosiddette dorsali oceaniche, la risalita di materiale magmatico dall’interno della Terra formasse di continuo nuove porzioni di crosta.
Ma se la crosta terrestre continua a generarsi e la mole del Pianeta non cambia, vuol dire che da qualche parte deve esistere un meccanismo che controbilancia questo fenomeno. Così, attraverso lo studio degli epicentri e degli ipocentri dei terremoti, Wegener teorizzò l’esistenza di punti di demolizione.
Presuppose in sintesi, che la crosta oceanica generata ininterrottamente dalle dorsali si spostasse lateralmente rispetto a queste ultime, spinta dalla continua fuoriuscita del materiale magmatico, fino a raggiungere altri punti, le fosse oceaniche, in cui la crosta sarebbe affondata letteralmente negli strati inferiori del Pianeta attraverso un fenomeno chiamato subduzione. Scendendo nelle profondità della Terra, le temperature estreme e l’enorme pressione avrebbero determinato la distruzione della crosta e il riassorbimento dei materiali di cui è composta.
Secondo Wegener, questo continuo movimento della crosta oceanica sarebbe stato in grado di trascinare i continenti, fondamentalmente come dei grossi pacchi su un immenso nastro trasportatore.
Dalla deriva dei continenti alla tettonica a zolle
La teoria di Wegener fu poi perfezionata e rielaborata nella più moderna e completa teoria della tettonica a zolle, secondo la quale la parte più esterna della Terra, la litosfera (che comprende la crosta e la parte superiore del mantello) sarebbe suddivisa in sette grosse porzioni (a cui si aggiungono circa venti porzioni più piccole), chiamate appunto zolle o placche, che si muovono orizzontalmente su una massa di materiale sottostante estremamente caldo e plastico chiamato astenosfera.
I margini di contatto tra le placche possono essere di tre tipi:
- divergenti: quando corrispondono alle dorsali oceaniche, cioè ai punti in cui si genera la crosta terrestre che si espande quindi lateralmente. Lungo questi margini le placche si allontanano;
- convergenti: quando corrispondono ai punti in cui avviene il fenomeno della subduzione e una delle due placche sprofonda sotto l’altra comportando la distruzione e il riassorbimento della placca stessa. Da questo fenomeno hanno origine le catene montuose e le fosse oceaniche;
- trasformi: quando nel punto di contatto non vi è produzione o distruzione di crosta, ma solo uno slittamento dei margini delle due placche in direzione opposta. In questi punti possono verificarsi fenomeni vulcanici e sismici di intensità estrema.
La sostanziale differenza tra le due teorie è che secondo gli studi più moderni, quindi, i continenti non si spostano come zattere isolate e coinvolte in qualche modo nei movimenti della crosta oceanica sottostante, come pensava Wegener; ma piuttosto i continenti si muovono perché a muoversi è tutta la placca di cui essi fanno parte.
Prima e dopo il super continente Pangea
Studiando i movimenti delle placche nel tempo, è emerso che 230 milioni di anni fa esisteva un unico grande super continente, la Pangea, circondato da un super oceano, la Pantalassa. Qualche decina di milioni di anni più tardi, le placche che formavano la Pangea si separarono formando altri due continenti più piccoli, la Laurasia, a nord (che comprendeva le terre che sarebbero diventate il Nordamerica, l’Europa e l’Asia), e il Gondwana, a sud (che comprendeva Sudamerica, Africa e Oceania), separati dall'oceano Tetide. Nelle ere geologiche successive, i continui movimenti delle placche portarono all’apertura dei moderni oceani e alla separazione terre e, poi ancora, alla loro fusione in nuove forme continentali. Dalla collisione tra le placche nacquero infine le grandi catene montuose della Terra, come l’Himalaya.
Dobbiamo a questo punto riflettere sul fatto che la deriva dei continenti non è un fenomeno nato 230 milioni di anni fa e che si è concluso ora con i continenti che vediamo, ma è antico quanto la crosta terrestre, e infatti oggi si ipotizza l’esistenza di numerosi altri super continenti in periodi che risalgono a oltre 3 miliardi di anni fa, e da cui nacque, solo centinaia di milioni di anni dopo, la Pangea. Peraltro l'intero fenomeno è ancora in corso ed è più che sensato ipotizzare che esisteranno altri continenti nel futuro, molto diversi da quelli che siamo abituati a vedere oggi.