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20 Aprile 2025
8:03

I pit stop in Formula 1: cosa sono e come fanno i team a cambiare le gomme in meno di 3 secondi

In Formula 1, un pit stop può durare meno di 3 secondi, ma com'è possibile? Circa 20 meccanici si muovono in sincronia per sollevare l’auto, svitare e riavvitare i dadi centrali con pistole pneumatiche ultra veloci, e montare le gomme nuove in un battito di ciglia. Sensori e semafori automatici garantiscono che tutto sia andato a buon fine prima di far ripartire la vettura.

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I pit stop in Formula 1: cosa sono e come fanno i team a cambiare le gomme in meno di 3 secondi
pit stop f1

Oggi in Formula 1 un pit stop – cioè la sosta ai box per cambiare le gomme – dura meno di 3 secondi. A volte addirittura meno di 2. Ma com'è possibile? E cosa succede esattamente in quei pochi istanti? Per capirlo, dobbiamo guardare dietro le quinte di uno dei momenti più frenetici (e spettacolari) della Formula 1 moderna. Tutto questo è possibile grazie a un mix perfetto di coordinazione umana e tecnologia avanzatissima che può valere il DHL Fastest Pit Stop Award, un premio istituito nel 2015 per la squadra più rapida.

Come funzionano i pit stop di Formula 1

Un pit stop è una sosta cruciale che un veicolo da corsa effettua ai box durante una competizione automobilistica, è un momento in cui ogni secondo conta perché l'obiettivo è completare le operazioni necessarie nel minor tempo possibile per perdere meno tempo rispetto agli avversari in pista. Durante un pit stop, oltre 20 meccanici lavorano come un orologio svizzero: ognuno ha un ruolo specifico, e ogni gesto è sincronizzato al millesimo di secondo. Il segreto? Sta tutto nella specializzazione del team e negli strumenti che usano: le pistole pneumatiche, per esempio, sono in grado di svitare e avvitare i dadi delle ruote in meno di mezzo secondo. Anche i martinetti che sollevano la monoposto sono velocissimi, e tutto il sistema è controllato da sensori e semafori che indicano quando è sicuro far ripartire la monoposto. Un dettaglio curioso? Ogni ruota ha un solo dado centrale, appositamente progettato per essere fissato e rimosso alla massima velocità.

Ogni pneumatico pesa oggi circa 10-11 kg per quelli anteriori mentre quelli posteriori circa 13-15 kg, quindi in totale il set supera i 40 kg: i meccanici devono essere rapidissimi ma anche fisicamente preparati, perché in quei pochi secondi servono forza, agilità e precisione assoluta. Tutti i movimenti vengono provati e riprovati centinaia di volte durante gli allenamenti quotidiani, perché basta un solo errore per perdere decimi preziosi o compromettere l’intera gara. I sensori collegati alle ruote e i sistemi semaforici automatizzati garantiscono che l’auto possa ripartire solo quando tutto è al suo posto. Insomma, quello che vediamo in pochi istanti in TV è in realtà il frutto di mesi di preparazione, millimetrica coordinazione tra esseri umani e macchine, e innovazioni ingegneristiche di altissimo livello.

Dai martelli ai record sotto i 2 secondi: l’evoluzione dei pit stop in Formula 1

I pit stop non sono sempre stati così rapidi e spettacolari. Nei primi anni della Formula 1 cioè negli anni '50, le soste ai box erano lunghe e rudimentali: si usavano martelli per rimuovere i bulloni, le gomme erano poco maneggevoli, e il rifornimento del carburante richiedeva tempo. Si poteva restare fermi anche oltre un minuto, senza che nessuno si stupisse. L’organizzazione era minima e spesso i piloti scendevano dall’auto per aiutare i meccanici. I meccanici, senza caschi o protezioni, potevano impiegare oltre i 20 secondi solo per il cambio di un singolo pneumatico.

Negli anni ‘80 e ‘90, grazie all’introduzione delle pistole pneumatiche, il tempo di sosta ai box iniziò a scendere sensibilmente. Ma è con l’arrivo degli anni 2000 che i team hanno iniziato a investire seriamente nella scienza del pit stop, studiando ogni movimento al dettaglio. La vera svolta è arrivata con la rimozione del rifornimento di carburante (dal 2010), che ha permesso di concentrare tutta l’attenzione sul cambio gomme e sulla velocità di esecuzione. Oggi il record del pit stop più veloce della storia appartiene al team McLaren, che nel Gran Premio del Bahrain del 2023 ha effettuato una sosta da soli 1,80 secondi sulla monoposto di Lando Norris. Un tempo praticamente invisibile a occhio nudo.

Cosa succede prima che un pilota rientri ai box per effettuare il pit stop

Prima ancora che il pilota fermi la monoposto, nel team è già partita una vera e propria operazione chirurgica. Dal muretto box arriva la famosa comunicazione via radio: “Box, box!”, cioè l’ordine di rientrare ai box nel giro successivo. Ogni meccanico sa già cosa fare: controlla le gomme, gli avvitatori e si assicura che tutto sia pronto. La tempistica è cruciale, e la squadra deve essere pronta almeno 15-20 secondi prima che l'auto arrivi. Non è il pilota a decidere quando fermarsi ai box, ma il team strategico che segue la gara. I tecnici monitorano costantemente le condizioni della pista, la durata dei pneumatici e altri fattori per determinare il momento giusto per il pit stop. Talvolta, il pilota può avere voce in capitolo, specialmente in caso di condizioni meteo difficili, ma la decisione finale spetta sempre alla squadra.

Nel frattempo, il pilota deve percorrere il tratto di rientro alla pit lane rispettando rigorosamente il limite di velocità (di solito 80 km/h) e fermarsi nel box con una precisione millimetrica. Un errore durante il pit stop può costare secondi preziosi o addirittura portare al ritiro. In alcuni casi è successo che una ruota non fosse fissata correttamente, obbligando il pilota a fermarsi subito dopo il box. Oppure, se il pilota riparte troppo presto, può travolgere un meccanico o portarsi via l’attrezzatura. Per questo ogni movimento viene ripetuto all’infinito in allenamento.

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