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9 Dicembre 2022
7:30

Il massacro dei nativi americani. Come e perché gli europei sterminarono gli indigeni

La drastica riduzione della popolazione indigena del continente americano, avvenuta in seguito all’arrivo di Colombo, tra '500 e '900, è stata il peggiore genocidio della storia.

A cura di Erminio Fonzo
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Il massacro dei nativi americani. Come e perché gli europei sterminarono gli indigeni
Raffigurazione dei gruppi etnici in America (copertina)

Dopo la conquista europea dell’America, tra ‘500 e ‘900, persero la vita per ragioni connesse alla colonizzazione tra 50 e 100 milioni di nativi americani (a seconda delle stime). Ogni area ebbe le sue specificità, ma in tutto il continente gli europei non ebbero alcuno scrupolo a occupare il territorio, a sfruttare gli indigeni e, quando lo ritenevano necessario, a massacrarli deliberatamente. Le stesse malattie portate dal Vecchio Continente, contro cui i nativi americani non erano preparati, causarono milioni di vittime. Ricostruiamo in breve quello che, a conti fatti, è il più grave genocidio della storia.

Le popolazioni indigene all’arrivo di Colombo

Quando gli europei arrivarono in America, non trovarono un territorio disabitato. Nel continente vivevano numerose popolazioni indigene, alcune delle quali erano organizzate in società relativamente avanzate, come gli Aztechi, insediati nell’attuale Messico; i Maya, stanziati tra il Messico meridionale e il Guatemala; gli Inca, che vivevano nell’attuale Perù. In altre aree la popolazione viveva in società meno strutturate, basate sulla caccia e su forme rudimentali di agricoltura.
Il numero esatto degli indigeni non è noto, ma le stime più attendibili ritengono che in tutto il continente vi fossero circa 80 milioni di persone, concentrate soprattutto nell’attuale Messico e nell’area delle Ande.

nativi americani

La conquista europea del continente

Pochi anni dopo lo sbarco di Colombo, gli spagnoli, presto seguiti dai portoghesi e poi da altri popoli europei, iniziarono la conquista del territorio americano. I conquistadores più famosi furono Hernán Cortés, che sconfisse gli Aztechi, e Francisco Pizarro, che si appropriò delle terre degli Inca.

Sebbene i colonizzatori europei fossero poco numerosi, ebbero facilmente ragione delle popolazioni native grazie alla superiorità tecnologica, garantita soprattutto dalle armi da fuoco e dalle armature in metallo. I conquistadores, inoltre, per facilitare l'occupazione sfruttarono le rivalità tra le popolazioni americane e alcune loro credenze religiose. Nelle regioni meno popolate la colonizzazione fu ancora più semplice e i nuovi arrivati non dovettero fare altro che prendere possesso del territorio. Un grande impatto sui nativi americani ebbero anche le malattie portate dagli europei e rispetto alle quali gli indigeni non avevano delle difese immunitarie adeguate.

Tenochtitlan, oggi Citta del Messico, all'arrivo di Cortés
Tenochtitlan, oggi Citta del Messico, all’arrivo di Cortés

Le cause dello sterminio degli indigeni

Dopo l’arrivo degli europei, la popolazione nativa si ridusse in misura drastica. Non si dispone di cifre precise, ma è stato stimato che, entro centocinquanta anni dall’arrivo di Colombo, il numero di indigeni calò di una quota compresa tra l’80 e il 95% del totale. In termini assoluti, il numero delle vittime, considerando il periodo compreso tra il ‘500 e il ‘900, è stimato tra 55 e oltre 100 milioni di persone. Le cause dello sterminio furono molteplici. Le principali furono le stragi, lo sfruttamento e, soprattutto, la diffusione di nuove malattie.

Massacri deliberati

Gli europei ritenevano che i nativi americani fossero degli esseri inferiori e nei loro confronti agirono con estrema brutalità. Le stragi non furono rare. Una delle più sanguinose avvenne nel 1521 a Tlatelolco, nell’attuale Città del Messico, dove gli spagnoli massacrarono decine di migliaia di indigeni nella battaglia per la conquista della città. Gli omicidi, inoltre, erano all’ordine del giorno. Tuttavia, le uccisioni deliberate non furono la principale causa di morte degli indigeni.

Impiccagioni di indigeni nell'America spagnola. Illustrazione del XVI secolo
Impiccagioni di indigeni nell’America spagnola. Illustrazione del XVI secolo

Sfruttamento

Una parte della popolazione nativa morì a causa della perdita del territorio e dello sfruttamento al quale era sottoposta, in particolare quella che viveva nell’area delle Ande. Il caso più rilevante fu quello di Potosí, una città dell’attuale Bolivia, presso la quale nel ‘500 fu scoperta la più grande riserva d’argento del mondo. Gli spagnoli costrinsero gli indigeni lavorare come minatori, servendosi di materiali tossici, come il mercurio, per facilitare l’estrazione dell’argento. Si calcola che tra la metà del ‘500 e il 1820 circa quattro milioni di indigeni persero la vita lavorando nelle miniere di Potosí. Nemmeno lo sfruttamento, però, fu la causa principale dello sterminio, anche perché in molti territori americani gli europei introdussero gli schiavi africani, che sostituirono i nativi nelle miniere e nelle piantagioni.

La città di Potosì e, sullo sfondo, il Cerro Rico, la montagna piena di argento (credit EEJCC)
La città di Potosí e, sullo sfondo, il Cerro Rico, la montagna piena di argento (credit EEJCC)

Malattie

La prima causa della riduzione della popolazione nativa fu la diffusione di nuove malattie. Gli europei portarono con loro virus e batteri contro i quali gli indigeni non avevano difese immunitarie e anticorpi. Queste stesse malattie infettive mietevano vittime anche in Europa, ma gli abitanti del “Vecchio Continente” avevano sviluppato difese immunitarie che riducevano il tasso di mortalità. Per gli indigeni, invece, furono distruttive. Le stragi peggiori furono provocate dal vaiolo, la prima epidemia del quale scoppiò nel 1518 sull’isola di Hispaniola. Negli anni seguenti il morbo si diffuse sia in America centrale sia nelle Ande, sterminando la popolazione. Insieme al vaiolo, gli europei portarono il morbillo, l’influenza e altre malattie, che a loro volta decimarono la popolazione locale.

Naturalmente non è possibile fornire statistiche precise su quanti indigeni morirono di malattie e quanti per altre cause. Tuttavia è sicuro che i virus e i batteri furono la principale ragione dello sterminio.

Il vaiolo in America in un'illustrazione del XVI secolo
Il vaiolo in America in un’illustrazione del XVI secolo

Per gli europei, invece, il contatto con gli amerindi non ebbe conseguenze altrettanto gravi sul piano sanitario e l’unica malattia che “scoprirono” in America fu la sifilide (anche se esiste un certo dibattito su questa ipotesi). In Europa virus e batteri erano molto diffusi a causa del contatto stretto tra uomini e animali: la maggior parte delle malattie infettive è provocata da microorganismi che passano dagli animali all’uomo, il che nel Vecchio Continente era facilitato dalla pratica dell’allevamento, diffuso su larga scala da millenni. Nell’America precolombiana, invece, l’allevamento e il contatto tra uomini e animali erano molto meno sviluppati e, di conseguenza, vi erano meno malattie infettive.

L'America del Nord e le guerre indiane

La colonizzazione dell’America settentrionale (attuali Canada e Stati Uniti, senza contare il Messico) ebbe caratteristiche in parte diverse rispetto a quella dell'America meridionale e si sviluppò più tardi. Oltre agli spagnoli, nel territorio giunsero altri popoli europei, tra i quali inglesi, olandesi, francesi e russi. Gli indigeni inizialmente non si opposero ai colonizzatori, che del resto non si mescolarono con loro e non diedero vita a popolazioni meticce, come avvenne in Messico e in Sudamerica. Tuttavia anche nel Nord ebbero luogo guerre e stragi e si diffusero le malattie infettive. Almeno in un caso il vaiolo fu propagato intenzionalmente dagli inglesi, che nel 1763 distribuirono coperte infette ai nativi nell’area dei Grandi laghi, provocando un’epidemia che uccise 400-500.000 persone.

Lo sterminio proseguì nell’Ottocento, dopo la formazione degli Stati Uniti, che gradualmente estesero il loro territorio verso Ovest, in terre abitate dagli indigeni. La popolazione nativa fu decimata sia attraverso uccisioni deliberate, sia per le malattie, sia perché l’espansione dell’“uomo bianco” modificò l’ambiente nel quale era abituata a vivere. Non a caso, gli indigeni che sopravvissero furono costretti a lasciare le loro terre e confinati in apposite riserve.

Le guerre indiane. Dipinto del 1899
Le guerre indiane. Dipinto del 1899

Le responsabilità degli europei

In termini numerici, lo sterminio dei nativi americani è stato il più grave massacro di esseri umani provocato da altri esseri umani. La strage fu originata da cause direttamente connesse alla colonizzazione. Gli europei non fecero niente per prevenire la diffusione delle malattie, né si preoccuparono di garantire agli indigeni condizioni di vita accettabili. La maggior parte degli indigeni, però, non fu uccisa intenzionalmente dai colonizzatori, i quali, del resto, non avevano interesse a sterminare la popolazione, se non quando avevano necessità di farsi spazio (come negli attuali Stati Uniti), e in molti casi preferivano sfruttarla come forza lavoro piuttosto che eliminarla. In ogni caso, il trattamento riservato dagli europei del tempo ai nativi americani è stato uno dei crimini peggiori della storia del genere umano.

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