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14 Maggio 2025
7:03

Il paradosso della tolleranza: dobbiamo tollerare gli intolleranti?

Il paradosso della tolleranza riflette su questo tema: in una società democratica e tollerante, se viene lasciata troppa libertà a un'ideologia intollerante, si rischia di mettere in pericolo la tolleranza stessa. Popper per risolvere questo dilemma, propone questa soluzione: una società tollerante può essere intollerante con gli intolleranti stessi. Ma questo rende i tolleranti... intolleranti!

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Il paradosso della tolleranza: dobbiamo tollerare gli intolleranti?
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Il paradosso della tolleranza fu formulato dal filosofo austro-britannico Karl Popper, e cerca di dare una risposta a una domanda molto complessa e sempre attuale: in una società tollerante – come quella democratica – che cosa fare con gli intolleranti? Se in nome della libertà di espressione decidiamo di tollerarli, corriamo il pericolo di arrivare a una società intollerante. La risposta data dal filosofo è che, per mantenere una società tollerante, è necessario essere intolleranti con chi pratica intolleranza. Ma in questo modo il tollerante… diventa intollerante! Ed ecco qui il paradosso, a cui il filosofo a cercato di dare un'interessante spiegazione, che vediamo in questo articolo.

Cos'è il paradosso dell'intolleranza

Nella nostra società odierna (non in tutte, purtroppo, ma sicuramente in quella italiana) la libertà di espressione è comunemente accettata e, anzi, presupposto fondamentale. Una diretta conseguenza della libertà di opinione è quella della tolleranza, cioè l'accettazione di posizioni contrastanti, che non si allineino alla propria. È un concetto che può sembrare scontato, ma non lo è affatto! Soprattutto se si considera il famoso Paradosso della tolleranza. La domanda è apparentemente semplice, eppure estremamente complessa: se nella nostra società accettiamo la libertà di espressione e quindi le opinioni altrui, dovremmo anche accettare chi pratica l'intolleranza? 

paradosso tolleranza

Per fare un esempio pratico che proprio in Italia risulta estremamente rilevante: se ci definiamo tolleranti, dovremmo accettare le opinioni di chi si professa fascista e pratica l'intolleranza? Se rispondiamo: "sì, è giusto accettarle in quanto tolleranti" il rischio è quello di mettere in pericolo la nostra democrazia. Se invece rispondiamo: "no, è giusto essere intolleranti e non accettare posizioni fasciste" risultiamo intolleranti verso qualcuno, e quindi non possiamo più definirci una società tollerante che pratica la libertà d'espressione!

È questa domanda cercò di dare risposta il filosofo Karl Popper nel 1945 all'interno del suo trattato "La società aperta e i suoi nemici". Vediamo cosa disse.

La tolleranza deve avere un limite: come definirlo?

Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti; se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro l’attacco degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi. […]  Noi dovremmo quindi proclamare, in nome della tolleranza, il diritto di non tollerare gli intolleranti.

La risposta di Popper fu questa: per salvare la democrazia e con essa la tolleranza, abbiamo il diritto di essere intolleranti verso gli intolleranti. Il filosofo quindi abbraccia il paradosso per cui, per salvare la democrazia, il tollerante deve essere intollerante. In verità, può non sembrarci così assurda questa risposta, potremmo pensare che sia ovvio che chi professa idee eticamente "cattive", dittatoriali e discriminatorie debba essere fermato. Il problema è che, generandosi il paradosso per cui un tollerante debba rendersi intollerante per difendere la tolleranza stessa, diventa difficile stabilire quando sia lecito essere intolleranti e quando no, e questo risulta molto pericoloso per (preziosissima!) libertà d'espressione.

karl popper
Karl Popper e la sua opera "The open ociety and its enemies", tradotto come "La società aperta e i suoi nemici".

Per questo Popper continua la sua digressione chiarendo che le sue parole non implicano che si debbano sempre sopprimere le manifestazioni delle filosofie intolleranti, o quantomeno non in un primo luogo. Secondo il suo pensiero, la prima e fondamentale azione per difendere la democrazia è tentare di contrastare l'ideologia intollerante con argomentazioni razionali, così da riuscire a "sconfiggere" tale ideologia agli occhi e alle orecchie dell'opinione pubblica. Il filosofo, però, sostiene anche che sia fondamentale il diritto di sopprimere con la forza tali ideologie, se necessario.

Questo pensiero fu molto criticato dai pensatori del tempo e anche odierni, perché si basa sull'assunto che "laddove non arriva la ragione, debba arrivare la violenza", spostando quindi il terreno di gioco della libertà di espressione sull'utilizzo della mera forza. Si aprirebbe un altro paradosso: chi vince con la forza è perché ha ragione di usarla; chi ha ragione può essere violento.

Come risolvere il paradosso: preservare la democrazia

Come risolvere quindi questo paradosso? Va premesso che una soluzione non esiste, ma possiamo comunque fare qualche considerazione. Una possibile via è concedere le condizioni democratiche di pensare e dire quello che si vuole anche per coloro che praticano l'intolleranza, a meno che alle parole non seguano azioni violente atte a sminuire o distruggere una società costruita sulla tolleranza. In poche parole, se l'azione violenta avviene inizialmente dall'intollerante, essa giustificherà la reazione violenta della controparte tollerante. Un'altra considerazione interessante è che, mentre i tolleranti si collocano in un sistema democratico in cui si riconoscono e di cui riconoscono le leggi, così non è per l'intollerante, che potrebbe porre un'altra questione "paradossale": non riconoscendosi nello stato e nelle sue leggi, l'intollerante può dichiarare di essere lui il primo ad aver subito un torto dal sistema. E qui si apre un altro complesso discorso sulla legittimità della democrazia, che non viene accettata da chi non è democratico, o da chi lo è talmente tanto da non accettare la presenza di norme che restringono la nostra libertà.

proteste

Nella nostra giurisdizione, non esiste la possibilità sociale di reprimere con la violenza ciò che viene reputato intollerante e pericoloso. Esistono però delle leggi che sono atte a preservare la democrazia stessa. Prendiamo per esempio il fascismo: non è un reato dichiararsi fascisti o eseguire manifestazioni commemorative, è invece reato il manifestarsi di un intento di rifondazione di un partito che sostenga gli stessi ideali che hanno caratterizzato l'epoca fascista e una dinamica dittatoriale. Purtroppo però, non è facile dettare un limite, anche in questo caso.

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Maria Bosco
Creator
Classe 1993, sono laureata in Matematica e Ingegneria Matematica, con la grande convinzione che sia possibile rendere la matematica divertente e comprensibile. Ex-pallanuotista, amante dello sport, dopo aver lavorato nella consulenza informatica, in piena crisi dei trent’anni sono finita a lavorare in televisione per poi finalmente approdare in Geopop.
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