
A seguito del caso di Gisele Pelicot — oggi 72 anni, sedata e stuprata dal marito e da almeno altri 51 uomini dal 2011 al 2020 — la Francia ha approvato la legge che definisce lo stupro come assenza di consenso, indipendentemente dalla presenza di violenza. Proprio lo shock della vicenda Pelicot, la risonanza internazionale del processo e l’intervento dei movimenti femministi hanno portato a un cambiamento legislativo che modifica il codice penale francese. L’articolo 222-22 che definisce il reato di violenza sessuale e ne dispone le pene, non verrà riscritto, ma integrato. Il nuovo testo, infatti, definisce come un’aggressione sessuale ogni atto non consensuale, introducendo così una svolta storica: da oggi è il consenso delle persone coinvolte ad essere determinante per distinguere un atto sessuale da una violenza.
Per quanto l’assenza di un “no” non sia in automatico un “sì” è stato necessario rendere questo concetto applicabile a livello legislativo, ponendo al centro la parte offesa, così come hanno già fatto numerosi paesi europei. In Italia, invece, il concetto di consenso non è ancora stato introdotto nell’articolo del codice penale relativo allo stupro, nonostante il nostro Paese, già nel 2013, abbia ratificato la Convenzione di Istanbul, che dispone la prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne in ambito sessuale e domestico, documento in cui, all’articolo 36, è chiarito che senza consenso si parla di stupro.
I dettagli della nuova legge francese: l’introduzione del concetto di consenso
Il nuovo testo della legge francese definisce lo stupro come “qualsiasi atto sessuale non consensuale” e integra le quattro condizioni presenti fino ad oggi per definire uno stupro, ovvero “violenza, coercizione, minaccia o sorpresa”. Il consenso dev'essere “libero e informato, specifico, preventivo e revocabile” e non potrà essere semplicemente dedotto dal silenzio inteso come assenso o dalla mancanza di reazione.
Il focus, quindi, grazie alla richiesta portata avanti dalle deputate Marie-Charlotte Grain (Ecologistes) e Véronique Riotton (Renaissance) da oggi è sul consenso come fattore determinante. Il limite della legge, fino ad oggi — in Francia così come è ancora in Italia — era che escludeva dal concetto di stupro tutte le violenze che avvengono in contesti apparentemente “sicuri”, come la famiglia o la cerchia di affetti e di amici, e tutti quei casi dove non c’é n'è violenza, né coercizione, né minaccia né sorpresa, ma spesso un abuso fisico o psicologico che impedisce, per diversi motivi, di reagire.
Il caso di Gisele Pelicot è stato determinante perché, nonostante gli abusi fossero chiaramente stupro e su questo non siano stati esposti dubbi, gli episodi non rientravano in nessuna delle quattro categorie previste. È apparso quindi evidente che il consenso è la discriminante attorno a cui si definisce l’atto dello stupro, così come accade quando la vittima si trova in uno stato di “freezing” — letteralmente, “congelamento” — e per paura o per shock non reagisce.
L'evoluzione del pensiero intorno al consenso e la situazione in Europa
Ad oggi, sono 16 gli stati membri dell’Unione Europea che hanno già introdotto nella definizione di stupro condannata dalla legge il concetto di consenso: si tratta di Belgio, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Slovenia, Spagna e Svezia. In particolare, la legge richiede un consenso esplicito in Spagna e Danimarca, dove “solo sì è sì”.
Nonostante queste innovazioni a livello legislativo vadano incontro a un cambiamento che tutela e difende le vittime, i dati parlano ancora di una situazione molto grave: l'indagine sulla violenza di genere condotta da Eurostat mostra livelli allarmanti sia di violenza dichiarata che di non denunciata, oltre che un dato molto alto — 1 donna su 5 — che parla di violenza in contesti domestici e familiari. Da queste tristi evidenze appare quindi ancora più impellente focalizzare l’attenzione sul consenso, indipendentemente dal contesto e dalla presenza o meno di violenza.
Cosa dice la legge in Italia: il concetto di “consenso sessuale” non esiste
In Italia, l’articolo 609 bis del codice penale definisce che:
Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione (da sei a dodici anni). Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali: 1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto 2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Il concetto di consenso non è quindi esplicitato: il nostro codice penale individua lo stupro come esercizio di forza o l’abuso, ma occorre tenere presente che, dal 2013, l’Italia ha sottoscritto la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (detta anche “convenzione di Istanbul”), che all’articolo 36 impone chiaramente di mettere in primo piano la volontà della persona offesa:
Le Parti adottano misure legislative o di altro tipo necessarie per perseguire penalmente i responsabili dei seguenti comportamenti intenzionali: a) atto sessuale non consensuale con penetrazione vaginale, anale o orale compiuto su un'altra persona con qualsiasi parte del corpo o con un oggetto; b) altri atti sessuali compiuti su una persona senza il suo consenso; c) il fatto di costringere un'altra persona a compiere atti sessuali non consensuali con un terzo. 2. Il consenso deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto.
 
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