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11 Giugno 2025
17:15

In Toscana il primo suicidio assistito con una legge regionale: a che punto siamo con il quadro normativo

In Toscana è stato realizzato il primo suicidio assistito regolato da una legge regionale entrata in vigore a marzo. In Italia, però, non esiste una legge nazionale che regoli il tema, anche se due sentenze della Corte costituzionale hanno richiesto al Parlamento di stilare una legge a riguardo.

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In Toscana il primo suicidio assistito con una legge regionale: a che punto siamo con il quadro normativo
legge suicidio assistito

In Italia è stato effettuato il primo suicidio assistito regolato da una legge regionale: il 17 maggio 2025 Daniele Pieroni, scrittore di 60 anni, ha scelto liberamente di porre fine alla propria vita in ragione della sentenza 242/2019 della Corte costituzionale e della legge 16/2025 della Regione Toscana emanata a marzo (e impugnata dall'attuale governo).

Dal 2008 Pieroni era affetto dal morbo di Parkinson, che gli aveva provocato una grave forma di disfagia a causa della quale gli era impossibile assumere cibo e liquidi dalla bocca. A tenerlo in vita, quindi, era una PEG (gastrostomia endoscopica percutanea), ovvero un tubicino inserito nello stomaco, attivo per 21 ore al giorno, che gli consentiva di ricevere cibo e acqua in forma liquida. Il suicidio assistito è avvenuto tramite auto-infusione di un farmaco letale in presenza di un'equipe medica dell'ASL locale.

Ma, quindi, in Italia è possibile ricorrere liberamente al suicidio assistito? Non proprio. Questo tema, infatti, è ancora oggi al centro di un vuoto normativo: non esiste, quindi, una legge nazionale che regoli modalità, tempistiche o procedure con cui è possibile ricorrere al fine vita. Al momento esistono però due richieste al Parlamento da parte della Corte costituzionale di emanare una legge apposita sul fine vita. A questo proposito, il Senato ha in programma per il 17 luglio una discussione sul ddl relativo alle «disposizioni sulla morte medicalmente assistita».

Il suicidio assistito in Italia: la svolta con il caso di DJ Fabo e la prima sentenza della Corte costituzionale

In realtà, in Italia il suicidio assistito è sempre stato proibito, in virtù dell'articolo 580 del Codice Penale, che punisce con la reclusione, da 5 a 12 anni, «chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione».

Nel 2017, però, c'è un momento di svolta con il caso di Dj Fabo: dopo essere rimasto tetraplegico a causa di un incidente stradale, il dj Fabiano Antoniani decide di porre fine alle proprie sofferenze fisiche ricorrendo al suicidio assistito presso una clinica in Svizzera, dove la pratica è legale, accompagnato dall'attivista Marco Cappato. Subito dopo la morte di Dj Fabo, Cappato si autodenuncia dando il via a un processo giudiziario che è arrivato fino alla Corte costituzionale.

A distanza di due anni dalla morte di Dj Fabo, infatti, la Corte costituzionale pronuncia la storica sentenza 242/2019, dichiarando parzialmente illegittimo l'articolo 580 del Codice Penale e stabilendo che l'aiuto al suicidio non è punibile nel caso in cui sussistano specifiche condizioni. Nello specifico, i requisiti a cui fa riferimento la Corte costituzionale sono:

  • l’irreversibilità della patologia di cui è affetta la persona che ricorre al suicidio assistito;
  • la presenza di sofferenze intollerabili del paziente, che deve sopportare dolori fisici o psicologici che reputa insopportabili;
  • la dipendenza da macchinari o terapie di sostegno vitale;
  • la capacità di prendere decisioni in modo libero e consapevole.

Quest'ultimo punto è particolarmente importante perché, per definizione, nel suicidio assistito è il paziente stesso che si autosomministra il farmaco, assistito da un medico o da un’altra figura che si occupa di procurargli il farmaco.

A quel punto, la Corte costituzionale affida al Parlamento il compito di produrre una nuova legge che regoli modalità, tempistiche e procedure necessarie per ricorrere al suicidio assistito.

A che punto siamo con il suicidio assistito: il vuoto normativo e il secondo intervento della Corte

Nonostante la sentenza del 2019, però, il Parlamento (in quanto titolare del potere legislativo, ossia il potere di proporre e adottare leggi) non è ancora intervenuto, generando un «vuoto normativo»: la situazione, quindi, è poco chiara e incerta, non esistendo una legge specifica in grado di indicare ai cittadini i limiti entro i quali è possibile attuare. Proprio a causa di questo vuoto normativo, la Corte costituzionale decide di intervenire una seconda volta, pronunciando la sentenza 135/2024.

In questo caso, la Corte ribadisce quanto già stabilito nel 2019, ma si preoccupa anche di ampliare l'interpretazione dei requisiti specificati nella sentenza precedente e necessari per ricorrere al suicidio assistito. Nello specifico, vengono fatte rientrare nei «trattamenti di sostegno vitale» anche delle procedure meno invasive, come l'evacuazione manuale o l'aspirazione del muco, e, soprattutto, viene riconosciuto il diritto di rifiutare un trattamento di sostegno vitale.

Ancora una volta la Corte costituzionale rimanda al Parlamento il compito di intervenire per colmare il vuoto legislativo. Al momento, il Senato ha in calendario per il 17 luglio 2025 la discussione del ddl n.104, relativo alle «Disposizioni in materia di morte medicalmente assistita», ma è probabile che il problema non sarà risolto in tempi brevi.

Cosa dice la legge regionale toscana: tempi e modalità di accesso al suicidio assistito

Ma, quindi, come si è arrivati alla legge della Regione Toscana? Non esistendo una legge nazionale che regoli il tema del suicidio assistito, le Regioni possono quindi intervenire per adottare delle norme regionali, che quindi non producono effetti a livello nazionale ma sono all'interno dei propri confini regionali. La tutela della salute, infatti, è una materia di legislazione concorrente: questo significa che, riguardo a questo tema, possono promulgare delle leggi tanto le Regioni quanto lo Stato.

Proprio per questo motivo, la Regione Toscana ha deciso di intervenire in autonomia, approvando la legge 16/2025 (entrata in vigore il 17 marzo 2025) con l'obiettivo di attuare quanto previsto dalla Corte costituzionale nelle due sentenze del 2019 e del 2024.

In particolare, la legge toscana prevede l'istituzione di una Commissione multidisciplinare permanente composta da un'equipe medica incaricata di verificare caso per caso la sussistenza dei requisiti di accesso al suicidio medicalmente assistito (stabiliti dalla Corte costituzionale nel 2019).

Questa procedura di verifica si deve concludere entro 20 giorni dal ricevimento dell'istanza: l'esito finale, poi, deve essere comunicato alla persona interessata dall'ASL di competenza. Se la Commissione si pronuncia a favore, l'ASL ha una settimana di tempo per fornire tutto il supporto necessario al paziente per realizzare il suicidio assistito, che viene riconosciuto come una prestazione medica gratuita. L'interessato, comunque, può decidere in qualsiasi momento di sottrarsi alla procedura.

Al momento, la Toscana è l'unica regione italiana ad aver regolato il tema del suicidio assistito: nel gennaio del 2024 anche il Veneto ha provato a intervenire sul tema, ma la legge ha ottenuto 25 voti a favore e 25 contrari (di cui 3 astenuti, considerati anche questi come voti contrari), provocando una spaccatura all'interno dell'amministrazione di centrodestra.

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