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23 Maggio 2024
19:30

Disastro di Suviana, la possibile spiegazione tecnica dell’incidente alla centrale di Bargi

Verosimilmente il disastro alla centrale di Bargi sul lago di Suviana del 9 aprile potrebbe essere stato causato dalla cosiddetta "fuga" del gruppo idraulico con conseguente distruzione dell'alternatore.

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Disastro di Suviana, la possibile spiegazione tecnica dell’incidente alla centrale di Bargi
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Dopo circa un mese e mezzo dal disastro della centrale idroelettrica di Bargi del 9 aprile 2024, in cui un'esplosione e un incendio hanno colpito la centrale situata sul lago di Suviana causando 7 morti e 5 feriti, la situazione non è molto cambiata: il pozzo contenente gli impianti incidentati è ancora allagato e la falla non ancora arginata. Questo implicherebbe che probabilmente, a oggi, il livello dell'acqua interno della centrale avrebbe pareggiato quello del lago, allagando completamente la centrale. Premettiamo che la causa che ha scatenato l’incidente non è ancora nota e sarà oggetto delle indagini, quello che possiamo limitarci a fare ora è ipotizzare quello che potrebbe essere successo subito dopo l’innesco dell’incidente.

La situazione della centrale prima del disastro

L'impianto si trovava nella fase di collaudo dopo i lavori straordinari di manutenzione. Nello specifico la manutenzione prevedeva la sostituzione delle valvole rotative installate alla fine della condotta forzata. Per intenderci i "rubinetti" che chiudono il flusso di acqua proveniente dal lago superiore del Brasimone. Queste valvole si trovano installate nel pozzo della centrale subito a monte del gruppo idraulico turbina-pompa.

Molto probabilmente le operazioni di collaudo si concentravano proprio a verificare il corretto funzionamento di queste valvole, sia in condizioni ordinarie che di emergenza (simulata). Queste valvole sono molto pesanti da movimentare e infatti vengono azionate da sistemi oleodinamici e vista la loro strategica importanza in caso di guasto idraulico (devono interrompere il flusso d’acqua proveniente dal lago del Brasimone) devono potersi chiudere anche in assenza di elettricità o rottura del sistema oleodinamico, chiudendosi per gravità, o grazie alla pressione dell’acqua stessa che “spinge” sugli organi della valvola.

Quello che si può azzardare a dire è che con ogni probabilità il corretto intervento di questi organi di manovra è avvenuto, scongiurando uno scenario ben più devastante, ovvero lo scarico incontrollato delle acque provenienti dal lago del Brasimone direttamente nel pozzo della centrale. Se ciò fosse avvenuto, la centrale si sarebbe allagata nel giro di pochi secondi, con la conseguente fuoriuscita di una imponente colonna d'acqua dal tetto di copertura. Il bilancio delle vittime sarebbe stato ben peggiore. Un incidente di simile portata avvenne il 17 agosto del 2009 nella centrale idroelettrica russa di Sajano-Šhušenskaja, in quel caso persero la vita 75 lavoratori e la centrale fu completamente distrutta.

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La possibile dinamica dell'incidente

Quello che si può ipotizzare essere successo a Bargi verosimilmente presenta una dinamica più vicina ad un altro incidente, poco noto e successo Pont-Saint-Martin in Valle d'Aosta nel 1958, causato dall'accelerazione incontrollata del gruppo idraulico che ha portato alla successiva distruzione dell'alternatore. Nel gergo tecnico questa condizione viene definita "fuga".

Molto probabilmente nell'istante dell'incidente il secondo gruppo sotto collaudo (il primo gruppo era già stato collaudato positivamente) stava lavorando in generazione, ovvero la turbina trascinava l’alternatore per produrre elettricità mossa sotto il flusso di acqua proveniente dal bacino del Brasimone. Per motivi legati alle procedure di collaudo (o per guasto) a un certo punto è avvenuto il distacco istantaneo dell’alternatore dalla rete elettrica.

Scollegando in maniera repentina l'alternatore dalla rete, il bilancio delle forze meccaniche agenti sull'albero è venuto meno: la coppia impressa dalla turbina non è più stata controbilanciata da quella di reazione prodotta dall'alternatore, con conseguente aumento del numero di giri di rotazione del gruppo. Ovviamente per evitarne la fuga esistono sistemi di controllo ed emergenza che vanno, in maniera del tutto automatica, a intervenire nel più breve tempo possibile per frenare o quantomeno a deviare il flusso di acqua entrante sulla turbina. Ecco, in questo caso, con ogni probabilità questi sistemi di difesa non sono intervenuti, e se così fosse gli inquirenti dovranno proprio indagare sui motivi del perché questa protezione abbia fallito.

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I possibili scenari

A seguito di questo fatto, si potrebbero essere verificati due diversi scenari con la conseguente e inevitabile distruzione del gruppo:

  1. Cedimento dei cuscinetti reggispinta. l'intero gruppo rotante, viene sorretto da speciali cuscinetti il cui compito è duplice: sostenere le centinaia di tonnellate di peso del gruppo e di garantirne la rotazione sul proprio asse con il minimo attrito e il minimo sbilanciamento. Sotto l'eccessiva velocità di rotazione, uno o più di questi organi avrebbe ceduto, sbilanciando l'albero e causando la distruzione del rotore dell’alternatore con la proiezione ad alta velocità dei vari pezzi che lo compongono nella sala macchine dove esso è contenuto. L'incendio scaturito dall'incidente potrebbe essersi verificato a causa del versamento dell'olio in pressione contenuto nei cuscinetti che uscendo con violenza si sarebbe nebulizzato, l'innesco del violento incendio è stato invece prodotto direttamente dall'alternatore che distruggendosi ha generato scintille o archi elettrici.
  2. Distruzione del rotore dell’alternatore. A cedere prima dei cuscinetti potrebbe invece essere stato invece l’alternatore, e i cuscinetti di conseguenza, che rilasciando l’olio in pressione, hanno prodotto l’incendio.

A seguito del rilascio incontrollato e violento di energia meccanica, in concomitanza con l'incendio, il solaio tra i piani –7 e –8 è ceduto crollando verso i piani inferiori. Entrambe le dinamiche presentate sono anche compatibili con i racconti dei testimoni  e le immagini registrate subito dopo l’incidente. Il forte rumore, il boato, lo scoppio nonché il fumo registrato dalle immagini girate dall’elicottero dei vigili del fuoco fuoriuscire dalla copertura del pozzo. Anche il rilascio di olio c’è stato, nelle immagini registrate sempre dall'alto dai VVF si vede chiaramente la chiazza di idrocarburi galleggiare sul pelo libero dell’acqua del lago di Suviana.

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L'ingresso dell'acqua nella centrale

L’ingresso dell’acqua in centrale a seguito dell'incidente può essere avvenuto per due motivi principali:

  • distruzione del sistema di raffreddamento dell'alternatore che faceva uso di uno scambiatore di calore aria-acqua; acqua presa direttamente, a circuito aperto, dal lago di Suviana.
  • Oltre alla distruzione dell’alternatore si potrebbe anche essere danneggiata la cassa metallica contenente la turbina-pompa piena d'acqua. Questo significa che parte dell’acqua proveniente sia dalle condotte a monte sia dal lago di Suviana si sia riversata nel pozzo, ma solo per pochi istanti, durante il tempo necessario per la valvola rotativa e la paratoia di scarico a valle di chiudersi in emergenza.

Verosimilmente l’acqua potrebbe essere entrata proprio per una combinazione di questi due punti.

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