
L'incidente nucleare di Majak, anche conosciuto come incidente di Kyshtym, è il terzo più grave mai registrato nella storia dopo Chernobyl e Fukushima. Nonostante la gravità dell'accaduto, questo disastro fu coperto per decenni dal segreto militare, tanto che in Occidente se ne seppe qualcosa solo trent'anni più tardi. Il 29 settembre 1957 infatti si verificò un'esplosione in un serbatoio di stoccaggio di rifiuti radioattivi presso il complesso nucleare Majak Production Association a Chelyabinsk, nella zona di Kyshtym dell'ex Unione Sovietica. L'evento rilasciò nell'area un'enorme quantità di materiale radioattivo, contaminando un'area abitata da 270 mila persone e venendo classificato con il 6 livello sulla scala INES degli incidenti nucleari – il cui valore massimo è 7. Ad oggi non conosciamo l'esatto conteggio delle vittime, anche se testimoni dell'epoca parlano di centinaia di decessi al giorno, soprattutto nel primo periodo.
Il complesso nucleare di Majak: progetto e costruzione
Il protagonista della nostra storia è il Mayak Production Association (PA) nuclear complex, uno tra i principali centri di riprocessamento di combutsibile nucleare esausto durante la Guerra Fredda. Il cuore di questo impianto – costruito dal 1945 e inaugurato nel 1948 per contrastare la rivalità degli Stati Uniti – è il deposito nel quale veniva stoccato il materiale in attesa di essere lavorato: si trattava di una serbatoio metallico dal volume di 300 m3, interrato e rivestito da uno spesso strato di calcestruzzo. I serbatoi erano raffreddati ad acqua e contenevano in media 80 m3 di materiale radioattivo, spesso sotto forma di nitrati.

Le cause dell'incidente del 1957
Il 29 settembre 1957 alle 16:20 si verificò un malfunzionamento al sistema di controllo della temperatura del serbatoio numero 14, anche se non è chiaro se si trattò di un guasto tecnico o di un errore degli operatori. Il punto è che tutt'a un tratto l'erogazione dell'acqua di raffreddamento divenne insufficiente e, di conseguenza, la temperatura salì in maniera incontrollata, riscaldando i nitrati al suo interno fino a 330-350 °C e portando ad un esplosione. Pensate che al di sopra del serbatoio era presente un "coperchio" da 560 tonnellate, sul quale era steso un ulteriore strato di terreno spesso due metri: malgrado queste misure, l'esplosione fu talmente violenta da scoperchiare il deposito e disperdere di conseguenza materiale radioattivo in atmosfera.
Da studi pubblicati successivamente è emerso che la maggior parte di questo sia ricaduto sotto forma di particelle in un'area larga circa 10 km attorno all'impianto, anche se il plume di aerosol formatosi pare abbia viaggiato fino a coprire un'area di 23mila km² nella quale vivevano circa 270 mila persone.

La risposta dell'Unione Sovietica
Una volta appresa la notizia, il Governo iniziò a capire cosa fare per limitare i danni… anche se le soluzioni adottate non furono molto tempestive: gli abitanti dei tre insediamenti più vicini al centro (Berdyanish, Satlykovo e Galikaeva) vennero evacuati tra i 7 e i 14 dopo l'incidente. A tutti coloro che abitavano nell'area fu data una scelta: una nuova casa oppure 1 milione di rubli – equivalenti all'epoca a circa 30 mila euro attuali. Entrambe le alternative furono gestite in maniera molto discutibile:
- la maggior parte delle persone che chiesero soldi ne videro solo una piccola parte;
- chi scelse la casa nuova fu ricollocato appena 2 km più avanti, sempre all'interno dell'area contaminata, in quell'insediamento che successivamente prenderà il nome di Noveye Muslyumovo.
Ad oggi chi abita nella zona riceve l'equivalente di 8,50 dollari di sussidi statali, ai quali si aggiungono 6,80 dollari per l'acquisto di medicinali. Per chi se lo stesse chiedendo, l'impianto di Majak è ancora in attività e secondo varie associazioni ambientaliste, all'interno del fiume Techa che scorre accanto all'impianto, sarebbero presenti ancora grandi quantità di materiale contaminato.