Le popolazioni native dell'America Centrale (come gli Aztechi e i Maya) avevano una grandissima tradizione legata alla realizzazione di fischietti in grado di riprodurre suoni naturali (versi degli animali, il sibilo del vento ecc.), di cui uno dei più particolari e misteriosi è l'Ehecachichtli, noto anche come "fischietto azteco della morte". Si tratta di una serie di fischietti in ceramica e decorati a forma di teschio oppure di gufo, conosciuti da molto tempo nell'ambito dell'archeologia mesoamericana, ma finiti al centro dell'attenzione dagli anni '90, in occasione di una scoperta molto particolare avvenuta a Città del Messico. Nel sito dell'antica città di Tlatelolco, nel 1999, gli archeologi rinvennero nei pressi di un tempio i resti di un giovane decapitato, presumibilmente sacrificato, che era stato seppellito stringendo fra le mani due di questi fischietti.
I manufatti di ceramica erano decorati con una rappresentazione del dio della morte Mictlantecuhtli. Uno dei simboli associati dagli antichi Aztechi a questa divinità era anche il gufo, dunque non è un caso che molti altri fischietti rinvenuti in siti diversi fossero decorati con teschi o con gufi. Salito alla ribalta grazie alla scoperta di Tlatelolco, lo strumento venne denominato Ehecachichtli, termine in lingua nahuatl (la lingua nativa degli Aztechi, ancora largamente utilizzata in alcune zone del Messico) che significa letteralmente "fischietto di Ehecatl". Ehecatl era il dio azteco del vento, al quale era intitolato il tempio di Tlatelolco nei pressi del quale venne ritrovato il giovane sacrificato.
Pur essendo noti da molto tempo agli archeologi, questi fischietti non erano mai stati studiati nel dettaglio dal punto di vista etnomusicologico, e non ci si immaginava quale tipo di suono potessero produrre. Questo si è scoperto successivamente, quando Salvador Guilliem Arroyo, l'archeologo che dirigeva la campagna di scavo a Tlatelolco, si rese conto che se suonati, i fischietti producevano un suono molto simile a un urlo di terrore umano oppure a quello del vento in tempesta. Questo suono terribile viene generato dalla pressione dell'aria all'interno di una piccola camera, attraverso la quale il flusso dell'aria deve necessariamente passare prima di essere espulso.
Gli archeologi si sono chiesti a cosa servissero questi particolari fischietti. Secondo una teoria non più accreditata, questi venivano usati dai soldati in combattimento per terrorizzare i loro nemici, ma nessuno dei manufatti è mai stato rinvenuto in contesti legati al mondo militare azteco. Gli Ehecachichtli sono stati invece ritrovati in contesti funerari, e sono stati dunque interpretati come corredi per accompagnare i defunti (sacrificati?) nell'aldilà. Alcune fonti sembrano suggerire che i fischietti avessero un ruolo importante nel contesto dei sacrifici umani celebrati dagli Aztechi. Nel Codice Borgia, un manoscritto mesoamericano custodito nella Biblioteca Vaticana (uno dei pochi sopravvissuti ai roghi degli Spagnoli), il dio della morte Mictlantecuhtli e quello del vento Ehecatl sono rappresentati assieme, e nel Codice Fiorentino, una storia della conquista spagnola del Messico scritta sia in spagnolo che in nahuatl, viene raccontato che dei fischietti venivano suonati in occasione dei sacrifici umani.
In ogni caso è molto probabile che l'uso di queste strumenti fosse legato al culto del vento. Di certo il suono che producono ricorda molto da vicino quello delle urla di terrore, ma si tratta probabilmente di un bias cognitivo legato al nostro immaginario contemporaneo. I fischietti antichi producono un suono molto simile al sibilo del vento nel corso di una tempesta, mentre alcune riproduzioni moderne sono state realizzate proprio per creare suoni più spaventosi, tanto che spesso i fischietti aztechi della morte vengono usati nella realizzazione delle colonne sonore di film o videogiochi dell'orrore.