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L'ipotesi che le cuffie dotate di modalità di cancellazione del rumore possano causare problemi di udito nei giovani, come il disturbo dell’elaborazione uditiva (APD, Auditory Processing Disorder), è stata avanzata in un articolo della BBC intitolato "Le cuffie antirumore sono la causa dei problemi di udito dei giovani?", pubblicato a febbraio dall'emittente radiotelevisiva britannica. La notizia, che ha fatto rapidamente il giro del mondo, si basava su racconti aneddotici e ipotesi speculative trattate come se fossero uno studio scientifico. Queste conclusioni sono state prontamente contestate dalla McGill University e dal New York Times, che hanno sottolineato la mancanza di studi scientifici in grado di dimostrare un rapporto di causa-effetto tra l’uso di cuffie con cancellazione del rumore e l’APD, evidenziando che, al momento, si tratta di una semplice correlazione.
Disturbi uditivi e l’uso di cuffie antirumore: le ipotesi di correlazione
Tramite un articolo pubblicato lo scorso febbraio, la BBC ha riportato la notizia secondo la quale 5 dipartimenti di audiologia del Sistema Sanitario Nazionale inglese hanno rilevato un aumento del numero di casi di disturbo neurologico di elaborazione uditiva (APD) in Gran Bretagna, e una potenziale causa, secondo queste fonti, potrebbe risiedere nell’impiego prolungato di cuffie con cancellazione del rumore.
Per spiegare in parole semplici l'APD, si può dire che il cervello ha difficoltà a utilizzare e interpretare le informazioni acustiche che arrivano dall’orecchio. Chi soffre di questa condizione, infatti, non presenta deficit a livello dell’orecchio interno, che è in grado di convertire le onde sonore in segnali nervosi, ma bensì a livello delle aree del cervello che elaborano, filtrano e interpretano le informazioni uditive che giungono dall’orecchio.

I pazienti APD riportano difficoltà nel comprendere i suoni (soprattutto del parlato), decifrarne la localizzazione e, soprattutto, nel separare i rumori ambientali di fondo (come il ticchettio dei tasti del computer o il rumore del traffico) da un suono di interesse (come il suono del parlato). In poche parole, sono in grado di sentire, ma non di ascoltare.
Una delle ipotesi secondo cui l'uso di cuffie noise cancelling sia correlato all'aumento di disturbi dell'udito sostiene che questi dispositivi svolgano un compito che normalmente spetterebbe al cervello: filtrare i suoni e dare priorità alle informazioni uditive più rilevanti. Poiché il cervello è un organo plastico, cioè in grado di modificarsi in base agli stimoli ricevuti, un’esposizione costante a un ambiente isolato privo di rumori di fondo potrebbe renderlo meno allenato a distinguere tra suoni importanti e irrilevanti, creando un caos uditivo nella quotidianità. In pratica, è come se assistessimo a un concerto in cui il volume dei microfoni di tutti gli strumenti è impostato allo stesso livello, rendendoci incapaci di percepire una melodia armonica o il testo della canzone.
Questa spiegazione giustificherebbe anche perché l’aumento dei casi riguarda soprattutto i più giovani. I circuiti uditivi maturano solo in tarda adolescenza: se in questa fase il cervello non viene adeguatamente educato e viene abituato a una sola fonte sonora, sia essa un podcast o una canzone, potrebbe non sviluppare in modo ottimale la capacità di gestire più suoni contemporaneamente e prestare attenzione a quelli importanti, due sintomi chiave del disturbo APD.
Senza prove scientifiche le ipotesi restano speculazioni
La rapida diffusione dell’articolo ha da subito allertato il pubblico, preoccupato dalla diffusione di una possibile “epidemia” di APD. D’altronde, l'impiego delle cuffie è ormai diventato parte della nostra quotidianità, non solo nei momenti di svago, ma anche per lavoro o durante attività sportive. Per questo motivo, è meglio fare chiarezza e ribadire che non esistono studi scientifici che dimostrano una relazione causale tra l’impiego di cuffie con cancellazione del rumore e lo sviluppo di APD. Quella rilevata dalla BBC, a oggi, non può essere ritenuta una relazione causa-effetto, ma una semplice correlazione che, tuttavia, potrebbe essere condizionata da alcuni fattori da tenere in considerazione.
Per esempio, così come evidenziato da un articolo pubblicato dall’Università McGill, autorevole istituto canadese, le cuffie con cancellazione del rumore sono utilizzate proprio dai pazienti APD per ridurre il "caos acustico", smorzando i rumori ambientali e aiutandoli a concentrarsi su un segnale di interesse (come il parlato). Inoltre, l’APD è una comorbidità comune associata a condizioni di neurodiversità come l’autismo, la dislessia o l’ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività), in cui cuffie antirumore sono utilizzate per attenuare la maggiore sensibilità agli stimoli uditivi esibita dai bambini, aiutandoli a concentrarsi. Lo stesso l’istituto evidenzia come l’articolo della BBC prenda in considerazione un campione troppo piccolo e ristretto per trarre delle conclusioni generali, sottolineando come, al contrario, in America non sia stato osservato nessun aumento di APD, la cui diagnosi rimane inoltre oggetto di dibattito tra gli esperti, rendendo difficile ottenere dati coerenti e affidabili per misurare qualsiasi tendenza.
Anche il New York Times si è inserito nel dibattito, puntualizzando come le uniche cause conosciute di APD siano riconducibili, oltre a traumi cranici, a patologie della prima infanzia. Questo potrebbe giustificare l’aumento dei casi osservato tra i più giovani: mentre durante l’infanzia e l’adolescenza il cervello sarebbe in grado di utilizzare strategie compensatorie per mascherare i deficit, una volta cresciuti ed esposti a ambienti che richiedono capacità di ascolto e attenzione maggiori, come le aule universitarie o gli ambienti di lavoro, i difetti potrebbero emergere. Alternativamente, l’aumento dei casi osservato tra i ragazzi potrebbe essere riconducibile a una riduzione generale della soglia di attenzione causata dall'uso prolungato degli smartphone.
Solo futuri studi potranno chiarire il rapporto tra l’impiego di cuffie con cancellazione del rumore e l’APD. Fino ad allora, le ipotesi riportate restano speculazioni, ovvero supposizioni non ancora corroborate da evidenze scientifiche, e pertanto non devono essere considerate verità assolute.