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20 Agosto 2023
12:30

Le tre leggi di Keplero, la spiegazione semplice per comprendere i movimenti dei pianeti

L'enunciazione delle tre leggi di Keplero portò a compimento la rivoluzione copernicana ed è considerata oggi uno dei punti di svolta della storia della scienza e del genere umano.

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Le tre leggi di Keplero, la spiegazione semplice per comprendere i movimenti dei pianeti
3 leggi keplero
Credits: NASA/ESA, CactiStaccingCrane.

L'astronomo e matematico tedesco Giovanni Keplero, a cui si deve la formulazione delle tre leggi che portano il suo nome, è uno degli scienziati più influenti della storia umana nonché protagonista – insieme a Niccolò Copernico e Galileo Galilei – di quella rivoluzione della scienza e dell'astronomia che ha cambiato per sempre la storia del genere umano. In questo articolo, andremo a vedere in maniera più approfondita il contesto storico-culturale in cui Giovanni Keplero si trovava ad operare, cosa affermano le tre leggi da lui enunciate e le loro implicazioni sul moto dei pianeti, e perché esse rappresentano una rivoluzione nella concezione dell'Universo da parte dell'uomo.

Il contesto storico-culturale delle sue scoperte

L'astronomo Giovanni Keplero (Johannes Kepler in tedesco) deve gran parte delle sue fortune non solo alla sue innate doti scientifiche, ma anche all'occasione che gli si presentò innanzi di diventare assistente del famoso astronomo danese Tycho Brahe. Alla morte di quest'ultimo, infatti, Keplero ereditò non solo il suo incarico di matematico, astronomo e astrologo imperiale a Praga, ma anche la mole di precise misure collezionate da Brahe delle posizioni dei pianeti del Sistema Solare nel loro errare in cielo.

Il contesto storico-culturale in cui si trovò Keplero era di forte fermento religioso, politico e scientifico. Copernico aveva da poco enunciato la sua teoria eliocentrica secondo cui vi era il Sole e non la Terra al centro dell'Universo. Il dibattito era ancora in corso perché da un lato vi erano forti resistenze dalla Chiesa ad accettare un paradigma in cui l'uomo non era al centro dell'Universo, dall'altro non vi erano ancora state conferme sperimentali dell'esattezza di tale teoria.

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Disegno di Andreas Cellarius eseguito nel 1708 che raffigura il sistema eliocentrico. Credits: public domain.

Tycho Brahe, meticoloso astronomo osservativo, aveva misurato con una accuratezza eccezionale per l'epoca le posizioni dei pianeti e delle stelle, ma non era riuscito a trovare tra quei dati la prova certa che la Terra fosse in moto attorno al Sole. Keplero, che era un fervente eliocentrista, ereditò questa mole di dati ed iniziò una accurata re-analisi delle posizioni dei pianeti. Il suo desiderio più grande come scienziato era quello di trovare un modello eliocentrico geometrico dell'Universo che fosse in accordo con le migliori osservazioni astronomiche disponibili all'epoca, ovvero quelle di Brahe.

In un primo momento, analizzando i dati sull'orbita di Marte, egli formulò una teoria secondo cui i pianeti si muovevano su orbite circolari attorno al Sole, Terra inclusa. Con le sue conoscenze matematiche e l'uso astuto degli epicicli, cioè cerchi il cui centro si trova sulla circonferenza di un altro cerchio più grande detto deferente, egli riuscì a far coincidere le sue predizioni con le misure di Tycho Brahe per tutti i punti dell'orbita di Marte, tranne due. Siccome Keplero era assolutamente convinto dell'accuratezza delle misure di Tycho Brahe, a malincuore egli dovette abbandonare l'idea che i pianeti si muovessero su orbite perfettamente circolari.

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Illustrazione del moto retrogrado di Marte che portò in un primo momento Keplero ad ipotizzare un moto circolare dei pianeti con epicicli. Credits: Eugene Alvin Villar, Philip Greenspun illustration project.

Keplero iniziò così ad ipotizzare che le orbite dei pianeti potessero seguire altre curve geometriche. Dal momento che la discrepanza con un'orbita puramente circolare era minima, Keplero affermò che la successiva scelta più logica dovesse essere quella delle ellissi, visto che esse sotto opportune condizioni possono essere ricondotte ad un cerchio. Questo cambiamento di figura geometrica, seppur piccolo da un punto di vista matematico, aveva un grandissimo significato da un punto di vista filosofico. Con l'abbandono del concetto di orbite circolari, l'ultima fondamentale assunzione del modello Tolemaico geocentrico venne a cadere, sostituito da un modello eliocentrico con orbite non circolari. Grazie a questo nuovo modello di orbite ellittiche e all'enunciazione delle tre leggi, Keplero fu finalmente in grado di spiegare, in un contesto eliocentrico, tutte le osservazioni effettuate da Tycho Brahe, portando a compimento la rivoluzione copernicana e cambiando per sempre il paradigma secondo cui l'uomo era al centro dell'Universo.

Le tre leggi di Keplero e le loro implicazioni

Le prime due leggi di Keplero furono enunciate all'interno del manoscritto Astronomia Nova nel 1609.

Legge delle orbite ellittiche

La prima legge afferma che i pianeti orbitano intorno al Sole su orbite ellittiche, col Sole posizionato in uno dei due fuochi dell'ellisse, detto fuoco principale. Oltre alla citata implicazione storico-filosofica, questa legge implica anche che la distanza Sole-pianeta cambia continuamente lungo l'orbita, introducendo i concetti di perielio, cioè distanza minima dal Sole, ed afelio, cioè distanza massima.

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Illustrazione della prima legge di Keplero con i pianeti su orbite ellittiche attorno al Sole che occupa il fuoco principale dell’ellisse. Credits: Maksim, Zeyra, public domain.

Legge delle aree

La seconda legge di Keplero afferma invece che se consideriamo una linea immaginaria che collega un pianeta al Sole, tale linea spazza aree uguali in intervalli di tempo uguali. L'implicazione principale di questa legge è che i pianeti si muovono a velocità diverse lungo l'orbita ellittica attorno al Sole. La velocità è massima in correspondenza del perielio, mentre è minima in corrispondenza dell'afelio.

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Animazione mostrante la seconda legge di Keplero che implica che i pianeti si muovono a velocità diverse lungo l’orbita ellittica. Credits: Gonfer.

Legge dei periodi

La terza legge di Keplero fu invece enunciata nel manoscritto Harmonices Mundi nel 1618. Essa afferma che, in conseguenza delle prime due, il periodo di rivoluzione di un pianeta attorno al Sole è strettamente legato alla sua distanza media da esso. Più precisamente, esprimendo il periodo di rivoluzione in anni e la distanza, intesa come il semi-asse maggiore dell'orbita ellittica, in unità astronomiche (distanza media Terra-Sole pari a circa 150 milioni di chilometri), allora il periodo di rivoluzione al quadrato è proporzionale al semi-asse maggiore dell'orbita al cubo. L'implicazione principale di questa legge è che più un pianeta è lontano dal Sole, più tempo esso impiegherà a compiere una orbita completa attorno ad esso. Mercurio, il pianeta più vicino al Sole ad una distanza di circa 58 milioni di chilometri, impiega solo 88 giorni per compiere una orbita completa, mentre Nettuno, il pianeta più lontano a circa 4.5 miliardi di chilometri, impiega ben 165 anni per orbitare attorno al Sole.

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Grafico che mostra la terza legge di Keplero con i pianeti più vicini aventi i periodi di rivoluzione più piccoli e viceversa. Credits: Cmglee.

L'origine fisica delle leggi

Keplero formulò queste leggi da un punto di vista puramente empirico, cioè basandosi sulle osservazioni. Egli però non era al corrente di quale fosse la ragione fisica che portava i pianeti ad orbitare su delle ellissi. Era chiaro dalla formulazione delle leggi che dovesse esistere una qualche forma di forza a distanza che facesse orbitare i pianeti intorno al Sole, ma l'origine, la direzione e quanto fosse intensa questa forza era sconosciuto a Keplero. Si dovette attendere l'avvento di Isaac Newton e la formulazione della sua teoria della gravitazione universale per rendersi conto che è la forza di gravità la ragione fisica, l'origine dietro le leggi di Keplero.

Newton infatti, partendo dalla legge di gravitazione universale, fu in grado di derivare matematicamente le tre leggi di Keplero, un esercizio che ogni studente di Fisica si è trovato almeno una volta a dover risolvere. Utilizzando la teoria della gravitazione universale, le implicazioni delle leggi di Keplero diventano chiare: la prima legge suggerisce che i corpi sono sottoposti ad una forza di attrazione che li fa orbitare tra loro. La seconda legge dà informazioni sulla direzione di questa forza, dal momento che è possibile provare matematicamente che non vi è nessuna componente perpendicolare al piano su cui si svolge l'orbita, per cui la direzione è lungo la congiungente Sole-pianeta. La terza legge invece dà informazioni sulla intensità di questa forza, poiché l'osservazione che il periodo di rivoluzione è proporzionale al cubo del semi-asse maggiore dell'orbita ellittica implica che la forza gravitazionale che agisce tra i due corpi varia con l'inverso del quadrato delle distanze tra Sole e pianeta: se la distanza tra il Sole e il pianeta raddoppia, allora la forza di attrazione si riduce di un quarto.

Oltre le leggi

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Animazione non in scala della precessione del perielio dell’orbita di Mercurio. Credits: WillowW, CC BY 3.0, via Wikimedia Commons.

Grazie alle leggi di Keplero e alla teoria della gravitazione universale, gli astronomi sono stati in grado di predire le posizioni dei pianeti nel Sistema Solare e di scoprirne anche di nuovi, come il caso di Nettuno, scoperto nel 1846 grazie allo studio delle perturbazioni dell'orbita di Urano rispetto a quelle predette dalle leggi di gravitazione universale di Newton. Al giorno d'oggi, sappiamo che le leggi di Keplero sono una ottima descrizione dell'orbita dei pianeti fintanto che essi non si trovano troppo vicini alla loro stella, cioè in condizioni di campo gravitazionale debole. È emblematico il caso della precessione del perielio dell'orbita di Mercurio, ovvero della rotazione del punto più vicino dell'orbita al Sole nel corso del tempo.

Tramite una accurata analisi delle sue posizioni, gli astronomi si resero conto che il grado di precessione dell'orbita di Mercurio non poteva essere spiegato con la teoria della gravitazione universale e che quindi Mercurio non soddisfa completamente le leggi di Keplero. Fu solo con la formulazione delle teoria della Relatività Generale di Einstein che questo mistero venne risolto e attribuito all'effetto di distorsione dello spazio-tempo operato dal Sole sull'orbita di Mercurio, il quale, essendo il pianeta più vicino al Sole, risulta essere l'unico per cui questo effetto è misurabile.

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