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3 Dicembre 2025
16:59

L’esperimento per rendere le serre autosufficienti e accelerare la crescita delle piante: intervista all’autore

Un team di ricercatori ha testato con successo dei moduli in perovskite, con l'obiettivo di rendere le serre autosufficienti grazie all'energia solare. Abbiamo intervistato il dott. Spampinato, tra gli autori dello studio, per farci raccontare i risultati ottenuti e i possibili sviluppi futuri.

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L’esperimento per rendere le serre autosufficienti e accelerare la crescita delle piante: intervista all’autore
Intervista a Carlo Spampinato
Ricercatore presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Microsistemi e Microelettronica di Catania
esperimento-perovskite

Un team di ricercatori ha testato con successo dei moduli in perovskite con l'obiettivo di creare serre autosufficienti grazie all'energia solare. La perovskite, infatti, permette di costruire pannelli fotovoltaici semitrasparenti, mentre nel fotovoltaico tradizionale si usano celle al silicio che producono molta energia ma, essendo opache, possono penalizzare la crescita delle colture.

I risultati di questo esperimento sono promettenti e hanno evidenziato una crescita più rapida per le piantine di radicchio: tuttavia, come sottolineato dagli autori stessi, lo studio è stato realizzato a scala ridotta per un periodo di 15 giorni, senza testare moduli perovskitici semitrasparenti a grande area installati su serre operative. Anche per questo, si tratta di un “proof-of-concept”, che indica la necessità di ulteriori studi prima di un’applicazione su larga scala.

Abbiamo intervistato il dott. Carlo Spampinato – ricercatore presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Microsistemi e Microelettronica di Catania – principale autore dello studio, per farci raccontare come è stato realizzato l'esperimento e quali sono i possibili sviluppi futuri.

Dott. Spampinato, quali sono le caratteristiche tecniche della perovskite e perché è stato utilizzato proprio questo materiale?

L'esperimento mostra che i moduli a perovskite semitrasparenti lasciano passare una parte controllata della luce e, soprattutto, modificano lo spettro in modo favorevole per il radicchio: meno blu e UV, più rosso e infrarosso. Questo porta, sorprendentemente, a piantine con più foglie, foglie più grandi e più biomassa, pur ricevendo in totale meno luce rispetto al vetro semplice. Il materiale usato è una perovskite completamente inorganica a base di cesio, piombo e iodio, con una piccola aggiunta di ioduro di europio: in forma compatta si può indicare come CsPbI3:EuI2.

Lo strato attivo sulla “copertura” della mini-serra ha uno spessore di circa 130 nm. Da un punto di vista ottico, nel visibile (400–700 nm) la trasmittanza media è ~32%: significa quindi che circa il 32% della luce visibile passa, mentre il resto viene assorbito per fare elettricità. Nel rosso lontano/infrarosso (700–1100 nm) la trasmittanza sale a circa 70–80%; nella banda UV (360–400 nm) passa solo ~15,8% della luce, il resto viene schermato.

Durante l'esperimento sono stati testati diversi tipi di perovskite?

Sì, abbiamo confrontano diversi tipi di perovskite per avere un “giusto mix” tra produzione di energia e semitrasparenza: la perovskite a bandgap più stretto (che determina quali particelle energetiche (fotoni) della luce solare può assorbire la cella solare) – come FAPbI3 e MAPbI3 – assorbono di più nel visibile, quindi sono meno trasparenti. Quelle a bandgap più largo (come CsPbIBr2) sono più trasparenti, ma hanno efficienze fotovoltaiche record più basse.

La composizione CsPbI3 dopata con europio (Eu) si colloca nel mezzo: abbastanza assorbente da garantire buona efficienza fotovoltaica in configurazione semitrasparente, ma abbastanza “aperta” nel visibile e nel vicino infrarosso da far passare luce utile alle piante. Inoltre, essendo inorganica, è più stabile termicamente rispetto alle perovskiti ibride e l’europio aiuta a ridurre difetti e migliorare la stabilità di fase.

Quali sono le caratteristiche di questa “serra” sperimentale?

Nel lavoro sperimentale la “serra” è in scala di laboratorio, non una serra commerciale. Nella pratica, il tetto della micro-serra è formato da 4 vetrini affiancati, ciascuno di 2,5 × 2,5 cm²: in un caso sono solo vetro, nell’altro sono rivestiti con lo strato di perovskite, così da poter avere un confronto. Dentro ogni box ci sono 4 piantine di radicchio, per un totale 10 box (5 con tetto di vetro, 5 con tetto a perovskite), ripetuti in più cicli sperimentali. Infine, sopra i tetti c’è una torre a 12 LED che simula il Sole, con un ciclo luce/buio di 16 h/8 h.

In questa parte sperimentale non c’è un modulo fotovoltaico completo (con contatti, incapsulazione, collegamento alla rete), ma c'è solo il film perovskitico che filtra la luce. Per la produzione energetica è stata fatta una simulazione di un tetto di serra coperto da veri moduli semitrasparenti basati sullo stesso materiale: l'efficienza fotovoltaica simulata del dispositivo è di circa il 12,7%, la produzione annua stimata è di circa 220–243 kWh per metro quadrato di tetto, mentre negli stessi 15 giorni dell’esperimento sulle piantine, il tetto simulato produrrebbe circa 16 kWh/m².

Questo è il primo studio sistematico sull'utilizzo della perovskite nell’agrovoltaico: che cosa siete riusciti a dimostrare?

Per la prima volta viene mostrato che una perovskite semitrasparente può contemporaneamente migliorare la crescita iniziale del radicchio e, in teoria, rendere la serra energeticamente autosufficiente. Inoltre, il lavoro mostra che sotto un tetto semitrasparente in perovskite le piantine di radicchio, pur ricevendo circa la metà della radiazione totale rispetto al vetro, hanno sviluppato più foglie (3–4 contro 2) e con area media maggiore del ~25%, e più biomassa fresca e secca.

Le simulazioni energetiche hanno indicato che un tetto di serra reale coperto da questi moduli potrebbe coprire da solo il fabbisogno energetico annuo di una serra intensiva per lattuga/radicchio (illuminazione, climatizzazione, irrigazione).

Quali sono state le difficoltà riscontrate durante lo svolgimento dell'esperimento e quali sono i problemi da risolvere?

L’articolo sottolinea alcune criticità, prima fra tutti la stabilità: le perovskiti sono sensibili a umidità, calore e luce. In laboratorio il tetto è stato mantenuto sotto flusso di azoto secco, ma in una serra reale servirebbero incapsulazioni molto efficaci.

In secondo luogo, c'è il fatto che la perovskite contiene piombo: questo impone attenzione all’impatto ambientale e lo sviluppo di strategie di “cattura” del piombo in caso di rottura. L'esperimento, poi, è a scala ridotta, dura solo 15 giorni e riguarda solo la fase di semenzale: non ci sono ancora dati su resa finale, qualità commerciale, contenuto di metaboliti nella pianta matura. La parte fotovoltaica “vera” è solo simulata: non sono ancora stati testati, in questo lavoro, moduli perovskitici semitrasparenti a grande area installati su serre operative.

A questo punto, quali sono i prossimi sviluppi visti i risultati promettenti? 

Nello studio abbiamo indicato varie direzioni future, tra cui:

  • estensione a sistemi di dimensioni reali, cioè serre vere con tetti completamente coperti da moduli perovskitici semitrasparenti, esposti alle condizioni atmosferiche reali;
  • studi più lunghi sull’intero ciclo colturale, per capire se il vantaggio iniziale delle piantine si traduce in più resa o migliore qualità del raccolto;
  • testare moduli perovskitici semitrasparenti completi, incapsulati, su tetti di serre reali, quindi su superfici maggiori;
  • verificare il comportamento dei moduli anche in ambienti indoor a differenti livelli di illuminamento: abbiamo già mostrano che, sotto LED bianchi a bassa intensità, questi dispositivi potrebbero raggiungere efficienze del 21–22% e alimentare, ad esempio, sensori ambientali per il monitoraggio continuo.
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