
Il governo del Madagascar, guidato dal presidente Andry Rajoelina, ha dichiarato domenica 12 ottobre che è in corso un tentativo di colpo di Stato, dopo che l’unità d’élite dell’esercito Capsat ha rivendicato il controllo delle forze armate e chiesto le dimissioni del presidente a seguito delle proteste antigovernative che hanno già causato 22 morti.
In un comunicato, la presidenza ha denunciato “un tentativo di prendere il potere illegalmente e con la forza”, assicurando che Rajoelina “rimane nel Paese e continua a gestire gli affari nazionali”. Nel frattempo, la Capsat — che sostiene di controllare l’intero esercito — si è unita alle manifestazioni guidate dalla Generazione Z nella capitale del Madagascar, Antananarivo.
Colpo di stato in Madagascar: le ragioni delle proteste contro il governo
A partire da fine settembre, migliaia di persone sono scese in strada in diverse parti del Madagascar, dando vita alla più grande ondata di proteste che l’isola, situata nell’Oceano Indiano, abbia visto da oltre quindici anni. Ciò che era iniziato come una manifestazione di rabbia per la carenza di beni di prima necessità è diventato anche una sfida personale per Andry Rajoelina per continuare a detenere il potere del presidente.
Le tensioni sono aumentate dopo l’arresto di due importanti politici locali che avevano organizzato una manifestazione pacifica ad Antananarivo per protestare contro i cronici problemi di approvvigionamento di energia elettrica e acqua. Molti hanno interpretato la detenzione dei due politici come un tentativo di mettere a tacere il dissenso, suscitando la reazione di gruppi della società civile e la nascita di un movimento giovanile online chiamato "Gen Z Mada".
Da allora le proteste si sono estese oltre Antananarivo, coinvolgendo altre otto città dell’isola, ancora in fermento. Nella capitale, si sono verificati scontri nei pressi del lago Anosy e dello stadio Mahamasina, dove i giovani hanno risposto ai gas lacrimogeni e ai proiettili di gomma lanciati dalle forze dell’ordine con il lancio di pietre. Sventolando striscioni, i manifestanti hanno denunciato i blackout e accusato il governo di non garantire i diritti fondamentali dei cittadini.
Gen Z Mada ha coordinato le attività attraverso i social media, come Facebook e TikTok, fino alla creazione di un comitato, in seguito a un incontro con rappresentanti della società civile e politici locali. Altri gruppi, infatti, si sono uniti alla protesta: diverse organizzazioni sindacali, tra cui la più grande del paese, la Solidarietà sindacale malgascia, hanno espresso il loro sostegno. Il 9 ottobre è stata la giornata dello sciopero generale: la maggior parte dei sindacati del settore pubblico ha partecipato per sostenere la Gen Z e denunciare le difficoltà.
Anche gli ingegneri agronomi sono scesi in piazza con striscioni, chiedendo che le comunità rurali (che rappresentano l’80% della popolazione malgascia) non siano più trascurate. A guidarli c’era il presidente del loro sindacato e deputato del partito d’opposizione Fivoi, Antoine Rajerison, che ha denunciato progetti inutili come la funivia di Antananarivo, costruita al prezzo di un indebitamento del Paese per 150 milioni di euro, “mentre nelle campagne i contadini non hanno nulla”.
I manifestanti non hanno pubblicato un manifesto ufficiale, ma ciò che era iniziato come un’esplosione di rabbia per i servizi pubblici si è ormai trasformato in una più ampia richiesta di cambiamento politico. Molti giovani, costretti a lavori precari e mal pagati, chiedono le dimissioni del presidente, ritenendolo responsabile dei problemi che stanno affrontando.
Rajoelina ha inizialmente cercato di placare i manifestanti, ad esempio sciogliendo il governo guidato dal primo ministro Christian Ntsay, invitando al dialogo con i giovani e promettendo che la Banca Mondiale avrebbe finanziato interventi per affrontare le interruzioni di corrente.
Quando queste misure non sono riuscite a fermare le manifestazioni, il suo tono è cambiato: dietro le promesse di dialogo, il presidente ha scelto di avviare una repressione sistematica. Inoltre, in un discorso trasmesso in diretta sulla sua pagina Facebook, Rajoelina ha affermato che i manifestanti sarebbero stati “sfruttati per provocare un colpo di Stato” e che delle forze straniere starebbero finanziando il movimento con l’obiettivo di far cadere la presidenza.
Le difficoltà del Madagascar
La crisi politica malgascia è il frutto di una serie di difficoltà interconnesse, che fanno del Madagascar uno dei paesi più poveri al mondo: secondo la Banca Mondiale, il 75% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.
La crisi economica è aggravata da un sistema giudiziario debole, corruzione diffusa e scarsa capacità di attrarre investimenti.
Solo circa un terzo dei 30 milioni di abitanti ha accesso all’elettricità, secondo il Fondo Monetario Internazionale. I servizi, gestiti dalla società pubblica Jirama, subiscono quotidianamente interruzioni che durano ore: gli attivisti attribuiscono la crisi energetica alla diffusa corruzione all’interno della compagnia elettrica statale.
Il Paese ha anche una lunga storia di instabilità politica e sollevazioni popolari sin dalla sua indipendenza dalla Francia nel 1960. Nel 2009, le manifestazioni costrinsero l’allora presidente Marc Ravalomanana a lasciare il potere, aprendo la strada all’intervento dei militari Capsat che insediarono proprio Andry Rajoelina per il suo primo mandato. Rajoelina è stato poi rieletto nel 2018 e di nuovo nel 2023, sebbene entrambe le consultazioni siano state segnate da contestazioni dell’opposizione e accuse di irregolarità.