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8 Giugno 2023
7:30

Mini cervelli, cosa sono gli organoidi cerebrali e come ci aiutano a studiare meglio il cervello

Gli addetti ai lavori li chiamano organoidi cerebrali, per tutti gli altri va di moda il nome “mini-cervelli”, versioni miniaturizzate del cervello umano coltivate in laboratorio con l’obbiettivo di capire sempre meglio come si sviluppa e funziona il centro nevralgico del corpo umano.

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Mini cervelli, cosa sono gli organoidi cerebrali e come ci aiutano a studiare meglio il cervello
minicervelli organoidi cerebrali

“Cosa conosciamo del nostro cervello?” L’ho chiesto una domenica d’estate a Daniel, amico e collega neuroscienziato, mentre ce ne stavamo spiaggiati sulla riva del lago di Zurigo. Domanda volutamente banale: “ancora troppo poco…” mi risponde. Annuisco, ma sappiamo entrambi, in cuor nostro, che si tratta solo di una mezza verità. L’ultima edizione di “Principles of Neuroscience”, la bibbia per i cervellologi, è un mattone di 1800 pagine per 4 kg di peso, eppure contiene solo le informazioni “essenziali”. Mattone alla mano, ci verrebbe da dire che sappiamo tantissimo, e probabilmente avremmo anche ragione, ma la complessità del nostro cervello è talmente disarmante che siamo ben lontani dal coglierne l’essenza. Passa un attimo, poi ci scambiano uno sguardo d’intesa: «forse sarebbe più corretto chiedersi “cosa possiamo conoscere del nostro cervello?” »

Neanche il tempo di provare a rispondere. Daniel si alza, raccoglie le sue cose: “I’m leaving. I need to feed my organoids”. Non ci sono orari d’ufficio per chi fa ricerca, devi seguire i tempi del tuo esperimento. Quella domenica Daniel doveva fare un salto in lab per – traduco letteralmente – “nutrire i suoi organoidi”, i mini cervelli che da alcuni mesi coltiva per il suo progetto di dottorato qui a Zurigo. La tecnica esiste da una decina d’anni, ma ultimamente sta davvero spopolando. Lo seguo.

Brain organoid
Un organoide cerebrale. Credits: Daniel Gonzalez Bohorquez, Brain Research Institute, University of Zurich

Come si coltiva un Mini Cervello

Per costruire un mini cervello si parte da cellule staminali embrionali umane, ovvero le cellule di cui è composto l’embrione nei primissimi stadi di sviluppo. Queste cellule sono dette “pluripotenti” perché hanno il potenziale di diventare qualunque cellula specializzata del nostro corpo, come ad esempio gli epatociti del fegato, i miociti dei muscoli e i neuroni del nostro cervello.

cellule staminali umani mini cervelli
Al centro, cellule staminali embrionali umane.

Queste cellule vengono coltivate in una sorta di "brodo" ricco di nutrienti, in gergo detto medium. Nel giro di pochi giorni cominciano a formare delle microscopiche pallottole tondeggianti. Passa una settimana e Daniel aggiunge al medium alcune molecole segnale che inducono le cellule staminali embrionali a specializzarsi in cellule staminali neurali, un po’ meno pluripotenti e in grado di diventare soltanto neuroni. Di lì a qualche giorno, le cellule staminali neurali cominceranno a dividersi, organizzarsi e specializzarsi proprio come farebbero nel cervello di un embrione in via di sviluppo, creando una sorta di mini cervello di circa mezzo millimetro.

Brain organoid
Un organoide cerebrale. Credits: Daniel Gonzalez Bohorquez, Brain Research Institute, University of Zurich

Che sia chiara fin da subito una cosa… anzi due. Primo, nessun embrione è stato maltrattato per questo esperimento: oggi è possibile ottenere cellule staminali embrionali umane partendo da “banalissime” cellule della pelle (ma questa è un’altra storia). Secondo, a prima vista un organoide cerebrale non assomiglia per niente ad un cervello, ma ne conserva alcune proprietà e tra poco ve ne dirò qualcuna.

Arriviamo in laboratorio. Daniel indossa il camice, infila i guanti ed estrae dall’incubatore un contenitore di plastica con 12 pozzetti pieni di liquido rosato e protetti da uno strano coperchio stampato in 3D. Sul coperchio sono montate 12 eliche che ruotano grazie a un piccolo motore elettrico. Trattandosi di strutture tridimensionali, è importante che il medium sia in continuo movimento, per permettere ai nutrienti di raggiungere tutte le cellule che compongono l’organoide. Daniel rimpiazza il medium rosa e rimette gli organoidi a crescere nell’incubatore.

Cellule staminali mini cervelli

Perché abbiamo bisogno degli organoidi?

Molto di quanto conosciamo non deriva da studi diretti sul cervello umano, bensì su quello di animali modello come il verme, il moscerino, il pesce, il pollo, il topo ed il ratto. Il cervello di questi animali ha cellule e circuiti neurali comparabili al nostro. Questo perché, evolutivamente parlando, siamo parenti ed alcuni meccanismi biologici sono “comparsi” in un lontano antenato comune tra Homo sapiens e gli altri animali.

Ma, per quanto simili, ci sarà sempre una certa ed incolmabile distanza evolutiva che ci impedisce di capire tutto dell’essere umano studiando il topo. Ecco allora che i mini cervelli ci vengono in aiuto, perché si tratta di surrogati cerebrali che vengono assemblati a partire da cellule umane al 100% e pertanto mimano meglio, per alcuni aspetti, sia lo sviluppo del cervello umano, sia l’insorgere di alcune patologie.

Un esempio di malattia studiata con gli organoidi: la microcefalia

Prendiamo il caso della microcefalia, un difetto dello sviluppo dove cranio e cervello sono notevolmente più piccoli del normale. Studiando il genoma di questi pazienti sono stati trovati decine di geni che, se mutati, potrebbero essere causa della malattia. Non ci sorprende che molti di questi geni controllino la replicazione cellulare. Infatti, già a partire da 3 settimane dopo il concepimento, le cellule staminali neurali sono in gran fermento e cominciano a replicarsi velocemente per poter generare gli 85 miliardi di neuroni che compongono il cervello adulto. Nella microcefalia, uno o più geni alla base di questo meccanismo espansivo non funzionano come dovrebbero.

microencefalopatia mini cervelli

In che modo questi geni mutati e malfunzionanti causano la malattia? Una strategia “standard” per rispondere a questa domanda consiste nel riprodurre la stessa mutazione in un animale modello. Andando a mutare nel topo gli stessi geni che troviamo mutati nell’uomo, otteniamo topi con un cervello effettivamente più piccolo, offrendoci così l’occasione di sfruttare il cervello di topo come modello per la malattia umana.

Ma il topo non basta. Alcuni di questi geni, se mutati nel topo non danno alcun difetto. Perché? La risposta sta in quell’incolmabile distanza evolutiva di cui parlavo prima. Il fatto che topo ed essere umano condividano gli stessi geni, non significa che questi geni funzionino esattamente nello stesso modo. Forse sono coinvolti nello stesso meccanismo, ma magari in modo diverso.

In effetti, il cervello umano è circa 2400 volte più grande di quello del piccolo roditore, il che significa che la replicazione cellulare nei due cervelli non avviene nello stesso identico modo. Nell’uomo le cellule staminali si replicano molto di più, prima di cominciare a specializzarsi in neuroni. Ecco allora che gli organoidi ci vengono in aiuto.

È vero, i mini cervelli sono perfino più piccoli di quelli di topo, ma le loro cellule si riproducono secondo il progetto genetico per costruire un cervello umano e non un cervello di topo. E così, ci sono geni che se mutati nel topo non danno alcun difetto, ma compromettono la replicazione delle cellule staminali neurali umane di un organoide!

Cosa possiamo conoscere del nostro cervello?

Daniel spegne la luce del lab. Mentre ci avviamo alla fermata del tram, proviamo finalmente a rispondere alla domanda di partenza: cosa possiamo conoscere del cervello umano? Forse, in linea teorica, possiamo conoscere tutto ciò per cui disponiamo della tecnologia per farlo. E gli organoidi sono un incredibile tecnologia che ci permette di avvicinarci, come mai prima d’ora, a quel delicato momento in cui il potentissimo computer del nostro corpo, probabilmente il più complesso dell’universo conosciuto, nasce e si sviluppa.

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