Dopo la pandemia COVID-19 e le epidemie di vaiolo delle scimmie del 2022, l'attenzione globale riguardo la diffusione di virus patogeni è rimasta elevata. In questi giorni sentiamo parlare di nuovo di vaiolo delle scimmie (mpox) con l'Organizzazione Mondiale di Sanità (OMS) che dichiara questa epidemia in Africa un'emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale. L'OMS aveva già aperto l'emergenza per il vaiolo delle scimmie nel 23 luglio del 2022 ed era stata dichiarata conclusa il 11 maggio 2023, quindi non è una cosa nuova. Nonostante il primo caso in Svezia, non ci sono i presupposti per allarmarsi, dal momento che le vaccinazioni sono in fase di avviamento e disponiamo sia di vaccini dall'efficacia consolidata che di versioni sperimentali. In più, le autorità sanitarie africane ed internazionali hanno già attivato meccanismi di finanziamento, supporto alla sorveglianza epidemiologica e stanno aiutano i paesi ad accedere ai vaccini e a sviluppare strategie di distribuzione. Vediamo quindi nel dettaglio cos'è il vaiolo delle scimmie per avere una maggiore consapevolezza di quello che sta succedendo, consapevoli del fatto che L'European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) ha dichiarato che il rischio per l'Europa è "molto basso".
Cos'è l'mpox e come si trasmette
L’mpox, anche conosciuto come “vaiolo delle scimmie”, è una malattia infettiva causata da un virus del genere Orthopoxvirus cui appartiene anche quello del vaiolo. Ne esistono diversi tipi, appartenenti a due gruppi geneticamente distinti chiamati clade 1 e clade 2. Proprio quest’ultimo clade ha reso la malattia famosa per via delle epidemie scoppiate nel 2022 in 116 paesi membri dell’OMS, tra cui USA, Brasile e Regno Unito.
Fu la prima volta che il virus circolò al di fuori dei contesti endemici africani e tutt'ora esistono focolai del clade 2 in altri paesi oltre all'Africa. In Europa è stato registrato in questi giorni (16 Agosto 2024) il primo caso del nuovo ceppo in Svezia, in un uomo che aveva recentemente viaggiato in Africa ed è ora attentamente monitorato. Ma approfondiamo le sue origini e gli effetti sulla salute.
Il virus ha raggiunto l’uomo attraverso uno spillover, un salto di specie da scimmie e roditori delle foreste tropicali africane in cui è endemico. Può essere trasmesso attraverso rapporti sessuali, ma anche attraverso contatto diretto con la pelle. La malattia infatti comporta la comparsa, a 15-20 giorni dall’esposizione, di febbre, dolori muscolari e lesioni cutanee come estese irritazioni e pustole. Le persone più a rischio di complicanze gravi sono quelle immunocompromesse, i bambini e le donne incinta.
La situazione in Africa e qualche dato epidemiologico
Attualmente vi sono delle epidemie del clade 1, specificamente della variante 1b e 1a. Nel nord–ovest della Repubblica Democratica del Congo (RDC) c'è un focolaio di clade 1a, che colpisce principalmente i bambini e si diffonde in vari modi. Nel nord-est della RDC è emerso un nuovo ceppo, clade 1b, che si diffonde rapidamente tra gli adulti, soprattutto per via sessuale. Ci sono stati anche 100 casi confermati in laboratorio di clade 1b in quattro paesi confinanti con la RDC che non avevano mai segnalato mpox prima: Burundi, Kenya, Ruanda e Uganda.
Dal punto di vista epidemiologico, dall’inizio dell’anno la Repubblica Democratica del Congo ha più di 14.000 degli oltre 17.541 casi registrati in Africa, nonostante si stimino numeri maggiori per limiti nella capacità di testing. In termini di gravità, mentre la stragrande maggioranza degli infetti dal clade 2 guarisce senza gravi complicanze, la variante 1b risulta più severa con una letalità del 3%, nonostante al momento gli esperti registrino addirittura una letalità del 10%.
Cosa stanno facendo le autorità sanitarie
I centri epidemiologici africani hanno prontamente avvisato autorità internazionali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Le autorità sanitarie dell'Unione Africana hanno dichiarato l'emergenza sanitaria pubblica ed ora anche l’OMS ha esteso questa emergenza a livello internazionale. Questo atto consente alle case farmaceutiche, ad esempio, di richiedere una licenza speciale per produrre e inviare vaccini più velocemente. La consegna in tempi celeri di questi vaccini infatti sarebbe assolutamente cruciale, dal momento che la vaccinazione sembrerebbe essere efficace contro questo ceppo virale.
Il direttore generale dei Centres for Disease Control dell’Africa Jean Kaseya ha inoltre spiegato che conta molto sulla manifattura da parte di BioNTech di un vaccino a mRNA per il quale sono stati investiti 90 milioni di dollari. I trial per questo vaccino sperimentale sono già partiti e ci sarebbe già anche una fabbrica pronta in Rwanda. Per il momento il direttore Kaseya stima che siano necessarie almeno 10 milioni di dosi, mentre l'OMS calcola che saranno necessari almeno 15 milioni di dollari per attuare i processi di sorveglianza e vaccinazione, avendo stanziato autonomamente già circa un milione e mezzo dal proprio fondo per le emergenze.
In attesa che le case farmaceutiche inviino i dati per nuovi vaccini ancora più specifici per questa variante, sono disponibili 215.000 dosi del vaccino JYNNEOS che l‘Unione Europea e la produttrice Bavarian Nordic sono pronte a spedire. Anche l'organizzazione internazionale Gavi ha dichiarato di voler supportare, non solo finanziariamente, gli sforzi di vaccinazione in Africa.
E noi, dobbiamo preoccuparci?
Sebbene la situazione in Africa sia al momento abbastanza grave, per l’Europa i rischi sono limitati. L’European Centre for Disease Prevention and Control sta monitorando attentamente la situazione ed ha rilasciato un comunicato in cui spiega che il rischio è “molto basso” per l’Europa, inoltre è già attiva una task force per l’emergenza.
Certamente è importante seguire gli sviluppi di questa epidemia nei paesi africani per comprendere i rischi posti anche a paesi fuori dal continente come l’Europa, ma al momento non è il caso di preoccuparsi. Rimangono fondamentali la produzione, spedizione e somministrazione di vaccini in tempi rapidi, per non rendere vana le dolorose lezioni apprese con la pandemia di COVID.