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Mentre in buona parte dell'Europa avveniva un'intensa ondata di calore estiva, nei giorni scorsi diversi Paesi del Sudamerica – in cui ora è inverno – hanno registrato un'ondata di freddo eccezionale, con –1,9 °C a Buenos Aires (la temperatura più bassa dal 1991) e numerose stazioni meteo che hanno registrato temperature record in Argentina (–16 °C nella regione del Cuyo in Patagonia, –9 °C nelle regioni di Chubut e Neuquén), in Cile (–9,3 °C a Chillán, –8,1 °C a Puerto Montt, –7,9 °C a Temuco) e in Uruguay (5,8 °C di massima a Montevideo, la più bassa dal 1967). Si è vista neve in città e luoghi dove questo fenomeno è assolutamente insolito, come la spiaggia di Miramar in Argentina e il deserto di Atacama, in Cile, considerato tra i luoghi più aridi del pianeta, che il 26 giugno si è imbiancato di neve per la prima volta da 10 anni. Il freddo polare avrebbe provocato la morte di 15 persone in Argentina e Uruguay.

Dati alla mano, Argentina e Cile si sono trovati nei giorni scorsi fino a 12 °C sotto la media climatologica calcolata rispetto al periodo 1979-2000. Questa ondata di freddo anomala è il risultato dell'incursione di un intenso anticiclone (cioè un'area ad alta pressione in rotazione) arrivato direttamente dalla regione antartica e che si è proteso fino al Paraguay e all'Uruguay. Ma come fa un anticiclone antartico ad arrivare fino in Sudamerica?

Per capirlo dobbiamo parlare del vortice polare, cioè una sorta di ciclone permanente sopra i poli terrestri alimentato dalle bassissime temperature. Entrambi i vortici polari si distinguono in due componenti: una ad alta quota (nella stratosfera) con correnti ad alta velocità di forma pressoché circolare, e una componente più bassa (nella troposfera) a latitudine più bassa: questa componente viene chiamata corrente a getto, o jet stream.

Come si vede dalla figura sopra, le correnti a getto hanno una traiettoria meno regolare rispetto alla componente troposferica: questo è vero soprattutto nell'emisfero boreale, dove le correnti incontrano ostacoli orografici e altre caratteristiche geomorfologiche che ne deviano la direzione. Le correnti a getto antartiche, invece, tendono a essere molto più stabili perché soffiano sopra l'oceano antartico, dove non c'è pressoché nulla a “disturbarle”.
Il ruolo delle correnti a getto è di “confinare” l'aria molto fredda polare, impedendole di raggiungere latitudini più basse. Può capitare però che il vortice polare si indebolisca, tipicamente a causa di un rapido riscaldamento stratosferico (Sudden Stratospheric Warming, SSW). Nella zona antartica gli SSW sono talvolta legati all'assorbimento di radiazione solare UV da parte dello strato di ozono nell'alta atmosfera. In caso di riscaldamento ad alta quota, il vortice polare può indebolirsi o addirittura “rompersi”, diventando discontinuo. Ecco che allora si apre una porta nel “muro” che confina l'aria fredda polare. Quest'aria si sposta quindi a latitudini più basse, portando ondate di freddo anomale come quella che si è verificata nei giorni scorsi in Sudamerica.
La stessa cosa avviene naturalmente anche nell'emisfero boreale: l'instabilità del vortice polare ha come effetto un aumento nella componente verticale del moto del jet stream, che quindi può portare anche alle latitudini europee aria fredda proveniente direttamente dall'Artico, provocando freddo improvviso anche fuori stagione, soprattutto verso la fine dell'inverno boreale quando il vortice polare comincia a perdere parte della sua forza.