Ci sono cibi che ci disgustano, anche se non sappiamo bene perché. Ebbene, la risposta, come sempre, ce l'hanno i neuroni: il disgusto infatti dipende in buona parte dai condizionamenti che riceviamo già dalla primissima infanzia, seppure siano tantissimi i fattori che influenzano questa emozione primaria, tanto interni quanto esterni all'individuo. Gli scienziati, in particolare i neuroscienziati, hanno studiato tutto il pattern di attivazione del nostro cervello in risposta all'assunzione di cibo sgradito. Il risultato di questi studi fanno riferimento al fatto che il disgusto di alcuni alimenti ha una propria base neurale, con una funzione strettamente evolutiva. Infatti il disgusto è una delle emozioni primarie che proviamo tutti nella nostra vita. Vediamo quindi perché abbiamo questa reazione particolare dopo che mangiamo un cibo che non ci piace e quali sono le aree del cervello che si attivano.
Il cibo percepito come disgustoso attiva diverse aree del cervello per il senso di allerta e pericolo. Tra queste ne abbiamo due che si attivano debolmente: il network attenzionale ventrale e la sostanza grigia periacqueduttale.
Queste due aree del cervello è come se si preparassero ad una reazione di attacco o fuga. La prima area, ovvero il network dell'attenzione ventrale, è un mix di neuroni che coordina le aree del cervello, a partire da quella visiva per focalizzare l'attenzione su uno stimolo nuovo. Questi neuroni sarebbero in grado di "portare" la nostra attenzione verso uno stimolo saliente e anche, perché no, potenzialmente pericoloso: proprio come un cibo disgustoso.
Inoltre, in risposta all'attivazione di questo importante network, il disgusto attiva anche la seconda area, la sostanza grigia periacqueduttale, che ha invece il compito di destare la risposta emotiva e corporea di difesa: alcuni in risposta all'attacco fuggono, altri si immobilizzano, a quasi tutti aumenta fisiologicamente il battito cardiaco e la sudorazione.
Ma il disgusto non stimola solo il network dell'attenzione rendendoci vigili di fronte a potenziali minacce, ma stimola anche due aree deputate alla percezione del disgusto: l'amigdala e l'insula. L'amigdala, che di solito si attiva in presenza della paura di un pericolo, contribuisce alla funzione evoluzionistica di rifuggire tutto ciò che non ci piace.
Il disgusto ha la sua zona di pura percezione nell'insula: una parte della corteccia cerebrale ben nascosta all'interno dell'intersezione tra lobo temporale e parietale. Essa si è sviluppata proprio per rispondere in modo selettivo al disgusto, come uno dei cinque sensi. Ebbene, gli scienziati hanno potuto vedere che l'insula è l'area maggiormente attiva anche quando percepiamo cose disgustose e quando guardiamo un'espressione facciale di disgusto.
A questo punto la domanda sorge spontanea: ci sono dei cibi che fanno disgusto a chiunque? Sebbene la modulazione di queste aree sia un fatto molto soggettivo e individuale, ci sono delle sostanze chimiche che possono innescare reazioni di disgusto nel cervello di molti. Uno studio ha mostrato che il cibo maggiormente in grado di attivare le aree del disgusto tra individui diversi è il formaggio. Altra cosa interessante è che quasi tutti, quando percepiscono disgusto, hanno il riflesso di vomitare. Anche questa azione, inaspettatamente, ha a che fare con il cervello. In particolare, la zona detta "chemoreceptor trigger zone", localizzata vicino al quarto ventricolo, è la responsabile del senso di vomito. Quando il cervello percepisce che uno stimolo pericoloso è entrato (o sta per entrare) nel nostro corpo, attiva la zona deputata al vomito per eliminarla. Elementare, no?