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13 Settembre 2025
15:00

Perché gli atleti italiani gareggiano con le divise delle Forze dell’Ordine

Molti campioni italiani sono atleti di Stato in corpi come le Fiamme Oro (Polizia) e le Fiamme Gialle (Guardia di Finanza). Questo sistema garantisce loro uno stipendio, permettendo di dedicarsi all'allenamento a tempo pieno come veri professionisti e di raggiungere l'eccellenza.

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Perché gli atleti italiani gareggiano con le divise delle Forze dell’Ordine
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L’atleta italiano Filippo Tortu, finanziere, al Golden Gala del 2017 a Roma. Credit: via Wikimedia Commons

Durante Olimpiadi, Mondiali o Europei, capita spesso di sentire che un atleta gareggia per le "Fiamme Oro" o per le "Fiamme Gialle". Non è un dettaglio secondario, ma un fenomeno di tradizione tutta italiana: in Italia la maggior parte degli atleti è arruolata in corpi come Polizia, Carabinieri, Esercito o Guardia di Finanza. Il perchè è da ricondurre ad una questione soprattutto economica, in quanto a differenza di sport come calcio, tennis, basket e altri, negli sport meno “ricchi” – come atletica leggera, scherma o nuoto – i guadagni da sponsor e premi non sono sufficienti per vivere e allenarsi a tempo pieno. Per questo molti campioni italiani entrano nei gruppi sportivi dei corpi di Stato: in particolare Esercito, Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Aeronautica, Marina, Polizia Penitenziaria e Vigili del Fuoco.

Perché gli atleti italiani entrano nelle forze dell’ordine: i vantaggi

Essere degli "atleti-militari" o far parte di di un corpo di Polizia offre vantaggi concreti: uno stipendio fisso, strutture di allenamento all’avanguardia, supporto tecnico, accesso a fisioterapisti e preparatori atletici qualificati, e la possibilità di dedicarsi completamente allo sport senza dover lavorare altrove.

Far parte di uno di questi gruppi sportivi è anche una garanzia di avere una continuità professionale e un reddito sicuro anche dopo il ritiro dall’attività agonistica. Alle ultime Olimpiadi di Parigi, circa il 73% della delegazione azzurra apparteneva a un gruppo sportivo militare o a corpi civili dello Stato: sui 403 atleti dell’Italia Team, 296 indossavano anche la divisa. Un dato in crescita costante: ai Giochi estivi di Atlanta 1996, solo il 32% dei 111 atleti azzurri apparteneva a un gruppo sportivo militare. Negli anni successivi, la percentuale è cresciuta costantemente, raggiungendo il 70% a Tokyo 2020 con 268 atleti militari. Il trend mostra una crescita chiara ed evidente, con alcune eccezioni: 34% a Sydney 2000, 33% ad Atene 2004, 51% a Pechino 2008, 63% a Londra 2012 e 44% a Rio 2016.

Questa peculiarità degli atleti-militari ha radici antiche. Già a fine ‘800, atleti arruolati in Esercito, Marina e Guardia di Finanza partecipavano a gare internazionali. Alle Olimpiadi di Londra 1908, ad esempio, l’Italia vinse l’oro nella lotta greco-romana con Enrico Porro, marinaio del cacciatorpediniere Castelfidardo.

La situazione sportiva in Italia e come si ottiene la doppia divisa

In Italia, molti atleti scelgono di affiancare alla carriera sportiva quella militare o nei corpi civili dello Stato, un fenomeno tipicamente nazionale legato a motivazioni pratiche e strutturali. In Italia, solo quattro sport godono ancora di uno status professionistico riconosciuto: calcio (fino alla Serie C), golf, ciclismo e basket (solo Serie A maschile). Tutti gli altri, anche quelli praticati ai massimi livelli internazionali come le discipline olimpiche, rimangono ufficialmente dilettantistici.

La Riforma dello Sport ha provato a introdurre modelli più “aziendali” e professionistici per società e associazioni, ma la realtà rimane in gran parte artigianale, con un ruolo decisivo del lavoro volontario. A questo si aggiunge l’assenza di un sistema sportivo scolastico strutturato: circa il 60% delle scuole primarie non dispone di palestre, rendendo impossibile replicare il modello dei college statunitensi.

Nei gruppi sportivi militari e nei corpi civili dello Stato l’ingresso avviene tramite concorso pubblico, simile a quello delle forze dell’ordine, ma pensato per chi ha già raggiunto risultati importanti nello sport a livello nazionale o internazionale, certificati dal CONI. Chi supera il concorso viene arruolato come volontario a tempo determinato per quattro anni (ogni due anni gli atleti vengono sottoposti a verifiche per confermare la permanenza nel gruppo), con uno stipendio pari a quello del personale di pari grado, e assegnato al centro sportivo di riferimento.

Al termine della carriera agonistica, le strade possibili sono diverse: si può rimanere in servizio come istruttore o preparatore atletico, lavorare in scuole militari e centri sportivi, partecipare a concorsi interni per avanzare nella carriera, oppure scegliere di congedarsi.

Dai Carabinieri alle Fiamme Oro: i campioni italiani che hanno fatto la storia dello sport militare

I gruppi sportivi militari italiani negli anni hanno prodotto un numero elevato di campioni, dagli eroi storici agli atleti contemporanei. Nei Carabinieri sono passati Alberto Tomba, lo sciatore leggendario che dopo gli ori olimpici è arrivato al grado di maresciallo, Raimondo D’Inzeo, pluricampione olimpico e mondiale d’equitazione, e Armin Zoeggeler, mito dello slittino con sei medaglie olimpiche.

Tra i finanzieri, spiccano nomi come Isolde Kostner, una delle prime donne nel corpo e campionessa di sci, Domenico Fioravanti, primo oro olimpico del nuoto italiano a Sydney 2000, Giuseppe Gibilisco, oro mondiale nel salto con l’asta, Tania Cagnotto e Arianna Fontana, fuoriclasse rispettivamente nel nuoto e nello short track. A loro si aggiunge Filippo Tortu, velocista olimpico e primatista italiano dei 100 metri.

Nelle Fiamme Oro (Polizia di Stato), storici campioni come Livio Berruti, oro olimpico sui 200 metri a Roma ’60, Carlo Pedersoli (Bud Spencer) e Loris Capirossi hanno fatto scuola, mentre oggi spiccano Marcell Jacobs, oro olimpico nei 100 metri, Valentina Vezzali, Bebe Vio, Elisa Di Francisca, Gianmarco Tamberi, Massimo Stano, Federico Pellegrino e Sofia Raffaeli. Il Centro Sportivo Esercito, nato poco prima delle Olimpiadi di Roma 1960, include anche discipline non olimpiche legate all’addestramento, come paracadutismo e winter triathlon, e ha formato campioni come Marco Albarello (sci nordico), Marta Bassino (sci alpino), Diana Bacosi (tiro a volo), Michela Moioli (snowboard) e Fabio Basile (judo).

Le Fiamme Azzurre (Polizia Penitenziaria) contano atleti in ciclismo, atletica e sport del ghiaccio, su tutti Carolina Kostner, mentre le Fiamme Rosse (Vigili del Fuoco) hanno avuto come fiore all’occhiello Jury Chechi nella ginnastica.

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