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Nonostante i suoi quasi 55 000 posti, distribuiti tra tribune, curve e distinti in quota su due livelli, lo Stadio Maradona lavora – a oggi – preservando una storica limitazione imposta sulla sua capienza massima, dettata dall'impossibilità di aprire al pubblico il famoso terzo anello: stiamo parlando della parte sommitale dello stadio, ora fisicamente separata dalla rimanente per mezzo di imponenti transenne. Realizzata in occasione dei lavori di costruzione della copertura metallica, negli anni '90, ha avuto solo pochi momenti di effettivo utilizzo nella sua vita fino a oggi. Ma perché è stata chiusa? Il sistema di travi che permette la creazione dei nuovi posti a sedere ha un problema vibrazionale. Di recente, pare che si siano avviate particolari attività di analisi e indagini preliminari per studiare meglio il fenomeno e capire quale possa essere la soluzione più efficace al problema, insieme con altri interventi di riqualificazione dell'opera nel suo complesso.
Il sistema strutturale dello Stadio Maradona
Per capire meglio il problema che affligge il terzo anello dobbiamo comprendere il funzionamento strutturale dello stadio nella sua interezza. Per garantire visibilità completa da ogni punto in altezza, le strutture di sostegno per gli spettatori devono essere realizzate in maniera tale da consentire sufficiente visione anche nelle zone più alte dello stadio. Nel caso del Maradona, questo avviene per il tramite di due sistemi strutturali differenti:
- La parte sottostante degli spalti, costituita dai primi due anelli dello stesso, è realizzata in cemento armato ed è nei fatti la struttura originaria del precedente Stadio San Paolo, inaugurato nel 1959. Le gradonate di appoggio per gli spettatori si incastrano su tanti costoni in calcestruzzo armato, radialmente disposti lungo lo sviluppo della struttura ovale che circoscrive il campo. Questi costoni arrivano fino in fondazione e scaricano quindi tutto il peso delle gradonate – e dei carichi su esse agenti – al terreno in profondità.
- La parte superiore, che comprende il terzo anello, è un'opera di più recente realizzazione (1990) e risulta essere disconnessa strutturalmente dalla precedente. Questa parte si compone a sua volta di due grosse macrostrutture:
- I cavalletti di copertura, formati da gigantesche torri controventate in acciaio a cui si collega una enorme travatura lunga circa 30 metri, che si apre a sbalzo dentro lo stadio e funge da supporto alla copertura interna.
- I graticci di travi tra due torri consecutive, formanti il terzo anello dal punto di vista delle sedute. Questo graticcio aveva l'obiettivo di aumentare la capienza dello stadio, portata a circa 76 800 posti nei pochi momenti di apertura successivi alla sua costruzione.

Perché il terzo anello è chiuso: la causa nelle vibrazioni del graticcio di travi
Il problema strutturale che non permette l'apertura del terzo anello al pubblico è in sostanza associato a un eccessivo problema vibrazionale del graticcio in acciaio, cioè del sistema di travi che permette la creazione dei nuovi posti a sedere. Sostanzialmente, vuol dire che le travi in acciaio che lo compongono sono molto suscettibili ai carichi che vi agiscono e al modo in cui questi vengono applicati: i carichi, in questo caso, non sono altro che gli spettatori e il modo in cui vengono applicati sono niente altro che i movimenti che questi compiono durante la partita. Accade cioè che, nel momento in cui la struttura a graticcio comincia a caricarsi, si comincia anche a diffondere un fastidioso fenomeno vibrazionale che si propaga in tutto il sistema, fino ai supporti laterali (le torri) e – pare – anche agli edifici circostanti. Questi sono i motivi per cui, poco dopo la sua messa in funzione, si optò per una sua chiusura provvisoria.

Quali conseguenze può comportare questo fenomeno? Principalmente due. La prima conseguenza è che il generico spettatore che si trova in un punto del terzo anello comincerà a subire gli effetti delle vibrazioni, avvertendo un forte senso di fastidio causato dalle accelerazioni che il corpo subisce: di per se, già questo identifica un non corretto funzionamento del sistema strutturale, sebbene questo non comprometta la statica del sistema.
La seconda immediata conseguenza di questa debolezza è legata al possibile innesco di fenomeni di risonanza: se la causa scatenante le vibrazioni persiste, l'ampiezza delle stesse può aumentare sensibilmente, generando via via sempre più fastidi ed esponendo eventualmente le strutture metalliche anche a problemi di fatica che si accumulano nel tempo. La condizione attualmente più sicura per l'utilizzo dello stadio è quindi quella di eliminare il problema mediante l'interdizione al pubblico del terzo anello, così da eliminare in toto la causa scatenante le vibrazioni e – conseguentemente – le eventuali amplificazioni dinamiche da essa causate.
Le possibili strategie risolutive
Nello studio dei fenomeni vibrazionali e della riduzione degli effetti che i carichi dinamici causano sulle strutture, è possibile agire principalmente seguendo tre strade distinte:
- Variazione della rigidezza del sistema, ovvero la sua capacità di opporsi elasticamente alle sollecitazioni esterne. Questo può avvenire, per esempio, collegando il graticcio alle strutture in cemento armato del secondo anello, ovvero variando i sistemi di supporto delle travi principali.
- Variazione della massa del sistema: una soluzione potrebbe essere quella di progettare opportune masse, cosiddette accordate, in grado di contrastare le vibrazioni generate dai carichi. Queste masse agirebbero mediante un sistema similare a quello presente all'interno del Taipei 101, che si attiva in caso di forti venti o terremoti.
- Incremento dello smorzamento strutturale, ovvero la capacità della struttura di dissipare queste vibrazioni per il tramite di speciali dispositivi, opportunamente dimensionati e posizionati. In questo caso, la soluzione sarebbe molto più affine a quella introdotta per la risoluzione dei famosi problemi di oscillazione del Millennium Bridge.
Facciamo un paragone più semplice: le vibrazioni sono come un fastidioso solletico sul nostro corpo. I carichi che agiscono conoscono perfettamente il punto in cui noi soffriamo di più. Allora possiamo dire che nei primi due casi di intervento è come se avessi trovato il modo di spostare il mio punto debole in qualche altra parte che nessuno più conosce. Nel terzo caso di intervento, invece, il punto debole rimane li dove stava prima, ma cerco di coprirlo quanto più posso di modo che mi dia quanto meno fastidio possibile.