
L’Istria non appartiene all’Italia perché dopo la Seconda Guerra Mondiale fu assegnata alla Jugoslavia dal trattato di pace, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947. In precedenza, una parte della popolazione era di lingua ed etnia italiana ma, sin da prima della stipula del trattato, aveva iniziato ad abbandonare il territorio e a cercare rifugio in Italia. I confini definitivi tra Italia e Jugoslavia sono stati sanciti dal Trattato di Osimo del 1975, che ha risolto la questione di Trieste, e non sono cambiati dopo la dissoluzione della Jugoslavia negli anni ’90. Oggi l’Istria appartiene quasi interamente alla Croazia.
Dove si trova l’Istria: la cartina
L’Istria è una penisola del Mar Adriatico, situata tra il golfo di Trieste e il golfo del Quarnaro. Dal punto di vista politico, appartiene quasi interamente alla Croazia, con l’eccezione di una porzione di territorio facente parte della Slovenia e di due comuni, Muggia e San Dorligo della Valle, appartenenti all’Italia. La città più popolosa è Pola, appartenente alla Croazia.

Storia dell’Istria
L’Istria è stata per secoli un territorio conteso. Nel Medioevo, una parte della Penisola apparteneva ai domini della Repubblica di Venezia e un’altra al Sacro Romano Impero. I confini tra le due porzioni del territorio variarono nel corso dei secoli ma, in linea di massima, Venezia controllava la parte occidentale e meridionale, con le città di Pola, Capodistria e Rovigno (oggi Pula, Koper e Rovinj), mentre l’Impero amministrava la parte nord-orientale, con la città di Abbazia (Opatija). Nel 1797 in seguito al trattato di Campoformio, il territorio di Venezia fu annesso dall’Impero asburgico, che così ottenne il controllo di tutta l’Istria.

Una parte della popolazione istriana, concentrata nelle città e nel settore occidentale della Penisola, era di etnia e lingua italiana. La percentuale esatta è oggetto di discussione. Stando al censimento del 1910, la composizione linguistica dell’Istria era la seguente:
- 41,6% della popolazione parlava serbo-croato, concentrati nella parte orientale della Penisola
- 36,5% della popolazione parlava italiano, concentrati nella parte occidentale e nei centri urbani
- 13,7% della popolazione parlava sloveno
- 3,3% della popolazione parlava tedesco
Minoranze più piccole parlavano rumeno e altre lingue. Il censimento, realizzato dalle autorità austriache, era considerato sbagliato dagli italiani.
Al termine della Prima Guerra Mondiale, l’Impero d’Austria si dissolse e il Regno d’Italia poté annettere l’intera Istria, inclusa la parte orientale, abitata da popolazioni slave. Secondo un censimento realizzato nel 1921, il 58% della popolazione totale parlava la lingua italiana.
Durante il Ventennio fascista, l’Istria fu sottoposta a un processo di italianizzazione, che comportò, tra l’altro, il divieto di usare lingue diverse dall’italiano e la discriminazione della popolazione di etnia slava.

L’Istria dopo la Seconda Guerra Mondiale: l’annessione alla Jugoslavia e l’esodo
La Seconda guerra mondiale in Istria mostrò tutta la sua tragicità. Nel 1941, sfruttando i successi della Germania nazista, il Regno d’Italia poté annettere altri territori adriatici e l’intera Slovenia, macchiandosi di gravi crimini contro la popolazione slava. L’occupazione italiana, però, durò poco: dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, tutta la zona, inclusa l’Istria, fu occupata dai tedeschi, che due anni più tardi furono costretti a ritirarsi dai partigiani jugoslavi guidati dal maresciallo Tito.
Al termine della guerra, si aprì la questione del confine tra Italia e Jugoslavia. I quattro Paesi vincitori (Unione Sovietica, Stati Uniti, Regno Unito e Francia) avanzarono quattro diverse proposte. Fu accettata quella francese, che tracciava il confine lungo la linea che lo delimita ancora oggi e che, esclusa quella sovietica, per l’Italia era la più svantaggiosa, perché lasciava l’intera Istria alla Jugoslavia. Il trattato di pace che sanciva il nuovo confine fu firmato a Parigi il 10 febbraio 1947.
Gran parte della popolazione di lingua ed etnia italiana lasciò il territorio istriano per rifugiarsi in Italia: fu l’esodo giuliano-dalmata, che, iniziato sin da prima della firma del trattato, coinvolse anche altri territori passati alla Jugoslavia, per un totale di 250.000-300.000 persone. La vicenda, che rientra nei trasferimenti di popolazione avvenuti al termine della Seconda guerra mondiale, è oggetto di polemiche in merito al ruolo delle milizie jugoslave, che si macchiarono di crimini contro la popolazione italiana, spingendola a lasciare il territorio.

La questione di Trieste
Il trattato del 1947 non risolse la questione di Trieste (non appartenente all’Istria, ma a essa vicina), rivendicata sia dall’Italia, sia dalla Jugoslavia. Il trattato dispose infatti la creazione di uno Stato a sé stante, il Territorio libero di Trieste (TLT), diviso in due settori: settore A, amministrato dagli Alleati e comprendente la città di Trieste; settore B, amministrato dalla Jugoslavia, comprendente la porzione meridionale del territorio.

Nel 1954, in seguito al Memorandum di Londra, il settore A passò sotto il controllo dell’Italia e il settore B sotto quello della Jugoslavia. Di fatto, la linea che divideva i settori A e B divenne il confine tra Italia e Jugoslavia. A livello giuridico, la questione fu definita solo nel 1975 con il Trattato di Osimo, sottoscritto dai due ministri degli esteri: Mariano Rumor per l’Italia e Miloš Minić per la Jugoslavia. In base al trattato, entrato in vigore nel 1977 dopo la ratifica dei due Parlamenti, i confini stabiliti nel 1954 diventarono definitivi. Trieste restò perciò all’Italia.
La dissoluzione della Jugoslavia, avvenuta negli anni ’90, non ha cambiato i confini e l’Istria, come abbiamo visto, è entrata a far parte quasi completamente della repubblica croata.