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16 Ottobre 2023
12:00

Perché non soffriamo il solletico se ce lo facciamo da soli?

È impossibile soffrire il solletico se quando ce lo facciamo da soli. Si tratta di uno strano gioco del cervello, chiamato "soppressione centrale". Scopriamo come funziona.

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Perché non soffriamo il solletico se ce lo facciamo da soli?
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Quando proviamo a farci il solletico da soli, o in generale nei tocchi autoindotti, l'area del cervelletto che riceve le sensazioni tattili si “spegne”, producendo così una sensazione meno intensa. Come mai?

Il solletico produce una sensazione di riposta facciale già 300 millisecondi dopo che qualcuno ha posto le sue mani sul nostro corpo. Una vittima di solletico, inoltre, ride nel 70% dei casi, o quantomeno emette delle vocalizzazioni caratteristiche. L’intensità della sensazione, ovviamente, dipende in gran parte dal soggetto e dal contesto in cui si trova, ma ci sono delle obiettive eccezioni, delle volte in cui è proprio impossibile avere la sensazione di solletico. Per esempio, quando proviamo a farcelo da soli. Per capire perché, occorre prima scoprire come funziona il fenomeno del solletico a un livello neuroscientifico.

Come funziona il solletico

Il nostro corpo è interamente tappezzato da recettori sensoriali per la sensazione del tatto, che sia esso violento – e dunque provochi dolore – oppure gentile, materno, piacevole. Questi recettori sono canali ionici dipendenti daltocco meccanico (e infatti si chiamano meccanocettori), il che significa che a ogni tocco c’è un potenziale trasferimento di cariche che arriva fino al cervello.

A seconda del tipo di tocco che riceviamo si attivano diversi tipi di recettori situati sulla pelle. Un tocco forte che fa male attiverà i meccanocettori del dolore, mentre un tocco delicato invece stimolerà altri tipi di recettori. In ogni caso, è stato dimostrato che il solletico attiva i recettori del dolore oltre alle “normali” vie sensoriali tattili. Ecco perché, se prolungato nel tempo, può diventare un vero e proprio tormento.

Quando la sensazione di solletico arriva al cervello (dopo circa 300 millisecondi), essa viene portata in alcune specifiche zone per essere processata dalla corteccia somatosensoriale. Essa si trova vicino a quella motoria, potremmo dire nella parte centrale superiore del cervello.

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Cosa succede se ci facciamo il solletico da soli?

Molti studi hanno dimostrato che il tocco autoindotto (e anche il solletico) produce una sensazione tattile meno forte, attenuata rispetto a quella che proveremmo in caso di passività. Eppure, la corteccia somatosensoriale sembra ricevere le stesse informazioni. Com’è possibile?

La colpa è del cervelletto. Si pensa infatti che i neuroni contenuti in questa area ricevano le informazioni dopo che sono passate dalla corteccia somatosensoriale, come per “aggiustarle”. Succede anche tutte le volte che compiamo un movimento: non a caso, il cervelletto è sempre stato considerato la sede del coordinamento e del controllo motorio. Anche la sensazione tattile, dopo che passa dalla corteccia, viene recapitata al centro di controllo del cervelletto.

Qui succede la magia: quando la sensazione tattile è stata prodotta da noi stessi, l’area corrispondente del cervelletto si “spegne”, si inattiva: i neuroni non si “svegliano”, come invece succede quando la sensazione di tatto viene dall’esterno. Questa differenza di comportamento dei neuroni del cervelletto permette di distinguere una forma disensazione tattile attiva e passiva.

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Il cervelletto è l’area evidenziata in rosso.

Non ogni solletico è uguale

I primi a distinguere e descrivere scientificamente diverse forme di solletico furono due psicologi di fine Ottocento, Artur AlleyStanley Hall: dobbiamo a loro il conio di due termini per indicare le due principali forme di solletico percepite dai nostri sensi.

  • Knismesi è il termine usato per descrivere la risposta al solletico leggero e delicato, come quando qualcuno ci fa il solletico con una piuma o sfiorando leggermente la nostra pelle. Questa è la sensazione tipica di quando un ragno o un insetto ci salgono addosso: ecco perché spesso provoca una sensazione di prurito o formicolio, ma di solito non scatena risate o reazioni intense. Inoltre, knismesi è spesso autoindotto, il che significa che una persona può provocarsi il prurito da sola.
  • Gargalesi è il termine usato per descrivere il solletico più intenso, quello che provoca risate incontrollate e reazioni più forti. Questo tipo di solletico coinvolge spesso le zone del corpo più sensibili, come le ascelle o i piedi. Gargalesi è di solito esterno, ossia viene provocato da qualcun altro e non è facilmente autoindotto. È interessante notare che le risposte di gargalesi sembrano coinvolgere una componente sociale, poiché il solletico tra amici o familiari può essere una forma di interazione e connessione.
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Il solletico fa davvero piacere?

Come detto in precedenza, è stato dimostrato che il solletico attiva sia le normali vie sensoriali tattili sia quelle del dolore. A seconda dell’intensità della stimolazione e della componente emotiva associata, il solletico può dunque risultare sia divertente sia spiacevole.

Uno studio effettuato su 84 studenti universitari ha inoltre dimostrato che solo il 32% di essi amasse veramente essere solleticato. Non è un caso che l’ambivalenza del solletico possa essere rinvenuta anche in natura, dal momento che molti altri mammiferi, soprattutto primati, hanno il solletico come componente sociale o quantomeno ne soffrono la sensazione come noi. Nelle scimmie, per esempio, il solletico è di solito associato al gioco, dunque a una componente sociale piacevole e conoscitiva. Anche nella psicologia dello sviluppo, per esempio, si parla di atto di unione tra genitore e piccolo. Al contrario, molte altre specie lo percepiscono come nocivo e pericoloso, o addirittura lo usano per rafforzare il loro predominio dal momento che la vittima del solletico è praticamente inerme.

Come ogni cosa, dunque, anche il solletico ha i suoi lati oscuri. Siamo certi però che il solletico passivo, subìto per gioco o per violenza, è pur sempre diverso da quello autoindotto, e che la soppressione della sensazione di solletico lo rende uno degli aspetti sensoriali più bizzarri e curiosi per gli studi neuroscientifici evolutivi.

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