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6 Dicembre 2025
13:00

Perché parliamo con cani, gatti e altri animali: ecco i meccanismi psicologici

Tendiamo a parlare con i nostri animali e ad antropomorfizzarli perché usiamo noi stessi come modello, cerchiamo prevedibilità e abbiamo bisogno di connessioni sociali.

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Perché parliamo con cani, gatti e altri animali: ecco i meccanismi psicologici
parlare agli animali domestici

Ti sei mai ritrovato a raccontare al tuo cane la tua giornata, o a spiegare per filo e per segno al tuo gatto perché sia l'animale più straordinario sul pianeta terra? Se la risposta è sì, non preoccupatevi, non siete gli unici, anzi, è un comportamento talmente diffuso da essere finito sotto la lente della scienza. Alla base di questa attitudine c'è la nostra tendenza ad antropomorfizzare gli animali, ovvero a conferirgli caratteristiche tipicamente umane, tanto più se sono i nostri animali di compagnia. Tuttavia, non si tratta solo di una nostra proiezione mentale: il nostro parlare agli animali innesca reali benefici fisiologici, legati al rilascio di ossitocina, e trova un riscontro sorprendente nei nostri cani, capaci di decodificare parole e intonazioni molto più di quanto immaginiamo.

Il significato di parlare con con cani e gatti: i fattori psicologici per cui lo facciamo

La scienza ci offre una risposta basata su tre meccanismi psicologici che, uniti insieme, ci spingono a umanizzare i pelosi.

Per prima cosa, l'umano è antropocentrico, ovvero tende a utilizzare sé stesso come parametro di misura di tutte le cose. È un meccanismo semplice: conosciamo alla perfezione le nostre emozioni e i nostri pensieri, mentre quelli degli animali ci sono oscuri. Di conseguenza, quando cerchiamo di capire il nostro cane o gatto, il cervello usa la scorciatoia più immediata: proietta su di loro ciò che proviamo noi. In psicologia si chiama “ancoraggio egocentrico”. Funziona un po' come per i bambini piccoli, che faticano a distinguere il proprio punto di vista da quello degli altri. Anche da adulti, quando non abbiamo abbastanza informazioni (o energie) per analizzare il comportamento animale in modo oggettivo, il nostro istinto “egocentrico” prende il sopravvento e attribuiamo loro pensieri umani.

Il secondo fattore è il nostro bisogno intrinseco di interagire efficacemente con l'ambiente e di renderlo prevedibile. Attribuire caratteristiche e motivazioni umane agli agenti non umani ci rende più facile dare un senso alle loro azioni, riducendo l'incertezza e aumentando la nostra fiducia nelle previsioni future sul loro comportamento.

Il terzo e forse più commovente fattore è il desiderio profondo e basilare di stabilire connessioni sociali, talmente forte da essere ricercato anche con gli animali, che possono diventare dei sostituti delle relazioni sociali tipicamente umane. Uno dei dati che emergono dalle ricerche afferma che le persone più sole (che sia solitudine cronica o momentanea) sono più propense ad antropomorfizzare i loro animali domestici. Questi ultimi diventano connessioni sociali efficaci quando manca la connessione umana.

Interagire con gli animali fa produrre ossitocina e riduce lo stress

L'interazione uomo-animale è associata a molti effetti positivi, tra cui il miglioramento dell'umore, la promozione del comportamento sociale e una netta riduzione dei parametri legati allo stress. Una spiegazione fondamentale per questi benefici risiede nell'attivazione del sistema dell'ossitocina, spesso soprannominato l'“ormone dell'amore”.

ossitocina molecola
La struttura molecolare dell’ossitocina.

L'ossitocina viene rilasciata nel corpo in risposta a stimoli sensoriali come il tocco, il calore e l'atto di accarezzare, specialmente in contesti di relazioni basate sulla fiducia. È stato dimostrato che l'interazione con gli animali domestici, in particolare i cani, provoca un aumento significativo dei livelli di ossitocina sia nell'uomo che nell'animale. Questo rilascio di ossitocina ha effetti antistress: riduce i livelli di cortisolo (l'ormone dello stress), abbassa la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca, e ha un effetto ansiolitico. L'effetto benefico è tanto più forte quanto più intimo è il rapporto: infatti, accarezzare il proprio animale produce un aumento di ossitocina maggiore rispetto all'accarezzare un animale sconosciuto.

Quindi, quando parliamo al nostro animale, non solo stiamo soddisfacendo un nostro bisogno di comprensione e connessione sociale, ma stiamo innescando un ciclo biologico di benessere. Il nostro animale, pur non rispondendo a parole, risponde effettivamente in un modo che attiva il nostro sistema di ricompensa neurale (integrando significato e tono), mentre il contatto fisico rilascia ossitocina, che a sua volta riduce il nostro stress.

Ok, non rispondono a parole, ma capiscono?

A chi non ha un cane potrà suonare sorprendente, molto meno invece a chi ne ha uno: anche se non possono rispondere a parole, i cani sono eccezionalmente bravi a decodificare le nostre intenzioni comunicative, grazie a un sistema neurale che in parte è analogo a quello umano.

cani capiscono linguaggio
Secondo studi di imaging, i cani sono in grado di comprendere alcune parole e il tono con cui le diciamo.

Gli studi di risonanza magnetica funzionale sui cani svegli hanno dimostrato che:

  • Elaborano il significato: i cani mostrano una lateralizzazione verso l'emisfero sinistro per l'elaborazione delle parole che hanno un significato, indipendentemente dall'intonazione utilizzata. Questo suggerisce che, proprio come gli umani, i cani mantengono rappresentazioni lessicali indipendenti dall'acustica.
  • Elaborano il tono: le informazioni emotive veicolate dall'intonazione (in particolare il tono più affettivo e acuto che usiamo quando parliamo con loro, che è simile a quello che utilizziamo con i neonati) sono elaborate in una regione uditiva nell'emisfero destro.
  • Integrano i due segnali per il premio: il loro sistema di ricompensa neurale (le regioni cerebrali primarie legate al piacere, come il nucleo ventrale striato) risponde in modo più forte solo quando sia il significato lessicale sia l'intonazione sono coerenti con una lode.

In sostanza, il cane riconosce sia il cosa dici ("Bravo!") sia il come lo dici (tono felice), e capisce che stai offrendo un premio solo quando entrambi i segnali combaciano. Ciò suggerisce che la capacità di analizzare e integrare significato e intonazione non è una capacità unicamente umana derivante dalla facoltà di linguaggio, ma una funzione più antica, presente anche in specie non linguistiche e fortemente addomesticate come il cane, abituato da decine di migliaia di anni a vivere a fianco a noi.

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