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18 Ottobre 2025
7:00

Prevedere le eruzioni vulcaniche con l’analisi dei terremoti: il nuovo studio INGV sull’Etna

Un nuovo studio dell'INGV rivela come analizzare la relazione tra la quantità di terremoti di bassa magnitudo e di alta magnitudo consenta di individuare i movimenti del magma anche in profondità sotto un vulcano. La scoperta è stata fatta analizzando i dati sismici registrati presso l'Etna tra il 2005 e il 2024.

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Prevedere le eruzioni vulcaniche con l’analisi dei terremoti: il nuovo studio INGV sull’Etna
eruzione etna

Analizzare i terremoti in un’area vulcanica può aiutare a migliorare la previsione delle eruzioni vulcaniche: lo afferma un recente studio, dal titolo Earthquake frequency-magnitude distribution at Mount Etna sheds light on magma ascent in the volcano’s plumbing system, in cui i ricercatori dell'INGV hanno analizzato in che modo la risalita del magma nel sottosuolo influenza la produzione di terremoti sulla base del cosiddetto "valore b", un parametro che rappresenta la relazione tra la quantità di terremoti di bassa magnitudo e di alta magnitudo. Per farlo, hanno preso in considerazione i dati sismici registrati tra il 2005 e il 2024 presso l’Etna. Il parametro considerato ha consentito di individuare i movimenti del magma dalla crosta profonda fino in superficie. Le sue variazioni potrebbero costituire un fenomeno precursore delle eruzioni vulcaniche molto significativo, che precederebbe di alcuni mesi le emissioni di gas dovute alla risalita del magma.

Lo studio INGV dei terremoti nell’area vulcanica dell’Etna

Il monitoraggio dei vulcani attivi avviene attraverso le osservazioni geologiche e la registrazione di dati fisici e chimici, che forniscono informazioni su come il magma si muove nella parte superficiale della crosta. In questo modo consentono di prevedere la fuoriuscita di magma fino in superficie solo poco prima che questa avvenga. I movimenti del magma in profondità, invece, sono più difficili da comprendere e rilevare. Il nuovo studio dell’INGV ha proprio lo scopo di analizzare ciò che accade nella crosta profonda, in modo da sapere con grande anticipo che cosa potrebbe accadere in superficie in un’area vulcanica. I ricercatori hanno analizzato i dati sismici relativi all’Etna, riferiti al periodo compreso tra il 2005 e il 2024 e registrati da una rete sismica di oltre 30 stazioni: questi eventi sismici, oltre 20.500, avevano magnitudo compresa tra 0,1 e 4,8 ed erano relativi a tre diverse profondità crostali. In particolare, è stato preso in considerazione il cosiddetto “valore b”, che descrive quanto spesso si verificano i terremoti di bassa magnitudo rispetto a quelli di alta magnitudo. Le variazioni nel tempo di questo parametro possono indicare cambiamenti negli stress a cui sono sottoposte le rocce della crosta lungo il sistema di alimentazione dei vulcani, e quindi rilevare i movimenti del magma dai livelli profondi a quelli superficiali. Questi valori, nel caso dell’Etna, hanno consentito di ricostruire la risalita del magma dal mantello terrestre, il suo accumulo a medie profondità nella camera magmatica e la risalita successiva dalla camera magmatica verso la superficie.

Immagine
La sismicità e il valore b relativi al periodo 2005–2024 in corrispondenza dell’Etna. Credit: Marco Firetto Carlino et al.

L’importanza del “valore b” nella previsione delle eruzioni vulcaniche

Dallo studio è risultato che le variazioni del “valore b” possono precedere anche di alcuni mesi le emissioni di gas dovute alla risalita del magma. Ciò è possibile perché i terremoti rivelano i movimenti del magma in profondità nell’immediato, mentre i gas devono risalire per kilometri prima di fuoriuscire in superficie. Secondo i ricercatori, il monitoraggio di questo parametro potrebbe quindi integrare quello standard della variazione dei parametri chimici e fisici. Bisogna però considerare che l’affidabilità della sua analisi dipende dall’accuratezza del monitoraggio sismico, in modo da rilevare anche i terremoti più deboli. A questo scopo in futuro potrebbe essere utilizzata l’intelligenza artificiale, che consentirebbe di rilevare e localizzare molti più eventi sismici. Il monitoraggio del “valore b” potrebbe quindi migliorare la nostra comprensione della dinamica del magma e rilevare in anticipo anomalie che possono portare a eruzioni vulcaniche.

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