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Oggi non possiamo prevedere le eruzioni vulcaniche però esistono dei segni precursori, ovvero dei fenomeni che possono "annunciare" la ripresa dell'attività vulcanica, soprattutto per i vulcani a condotto chiuso. Tra i diversi tipi di osservazioni condotte per verificare lo stato di un vulcano vi sono l'aumento delle fumarole, la deformazione del suolo e i tremori vulcanici.
In questo video vi spieghiamo quali sono i segnali precursori di un'eruzione e quando si manifestano.
Aumento delle Fumarole
Per «fumarola» s’intende l’emanazione di un miscuglio di gas composto essenzialmente da vapore acqueo e da altri gas vulcanici, come anidride carbonica, anidride solforosa, acido solfidrico, acido cloridrico e altri componenti in minor quantità.
I gas emessi hanno temperature che possono oscillare da circa 100 °C fino a oltre 500°C. Nel momento in cui fuoriescono dal suolo vengono a contatto con un ambiente la cui temperatura è enormemente inferiore (temperatura ambiente) e condensano, formando i caratteristici «fumi», da cui deriva il nome del fenomeno.
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Quando il magma inizia la sua risalita e tende ad avvicinarsi alla superficie terrestre, la diminuzione della pressione favorisce il rilascio dei gas, i quali, attraverso i pori e le fratture delle rocce del basamento del vulcano, arrivano in superficie, dando vita alle fumarole, dal tipico colore biancastro. Tendenzialmente più il magma risale, più il fenomeno delle fumarole tende a intensificarsi.
Inoltre un altro segnale importante è dato dalla chimica dei fluidi, che prima di un'eruzione mostrano dei cambiamenti composizionali dei dovuti all'aumento della componente magmatica.
Deformazioni del suolo e tremori vulcanici
Prima di un’eruzione vulcanica l’ascesa del magma può provocare una piccola variazione della pendenza delle pendici del vulcano, rilevabile con uno strumento chiamato «tiltmetro».
![Immagine](https://staticgeopop.akamaized.net/wp-content/uploads/sites/32/2021/11/tiltmetro.jpg)
In altri termini, il suolo può localmente deformarsi, creando spesso anche delle fratture. Questo fenomeno è spesso accompagnato da terremoti, solitamente deboli e localizzati nell’intorno dell’edificio vulcanico. Queste oscillazioni continue del suolo (chiamate «tremore vulcanico»), a differenza dei terremoti tradizionali, possono durare anche per ore.
Quanto tempo prima dell’eruzione si manifestano i fenomeni precursori?
La risposta non è semplice e non può essere universale perché ogni vulcano (ricordiamo, a condotto chiuso) dev’essere considerato come singolare, unico e, in quanto tale, con delle caratteristiche e un’evoluzione diversa dagli altri. In altri termini, ogni vulcano ha una storia a sé.
Per vulcani a condotto aperto, come l’Etna e lo Stromboli, il discorso dei fenomeni precursori è da prendere ancor più con le pinze; si tratta di apparati vulcanici diversi da quelli chiusi per cui si comportano in maniera molto differente. Le riattivazioni, in linea di massima, sono raramente precedute (salvo casi recenti e ben documentati, come l’eruzione del Vesuvio del 1944) dai segnali precursori appena descritti. In altri termini, quelli a condotto aperto possono essere imprevedibili e sbottare come una bottiglia di Coca-Cola con dentro un pacchetto di Mentos.
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A differenza dei fenomeni idrogeologici (frane, alluvioni, inondazioni) che si possono prevedere, limitare e potenzialmente evitare, i terremoti e le eruzioni vulcaniche non possono essere impediti né ridotti di magnitudo. Davanti a un sisma o a un’eruzione vulcanica siamo impotenti.
L’unica cosa che la scienza può fare è tentare di limitare il rischio con la prevenzione e ciò significa essenzialmente due cose:
- Conoscere la probabilità d’insorgenza di un fenomeno per poter predisporre in tempo utile le difese;
- Intraprendere delle politiche di prevenzione guidate dalla consulenza scientifica, alla scala comunale, regionale e nazionale.
Nel nostro Paese questi compiti rappresentano due tra gli obiettivi chiave del Dipartimento della Protezione Civile e INGV.