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"Il burro fa bene, la margarina fa male", chissà quante volte lo abbiamo sentito. Be', in realtà non è così semplice: spesso questi due alimenti vengono contrapposti in modo superficiale, ma la vera differenza sta nella composizione. Innanzitutto, il burro è un alimento di origine animale, mentre per la margarina si utilizzano principalmente oli vegetali. Sono entrambi costituiti da acidi grassi, ma con caratteristiche chimiche e strutturali diverse: il burro è ricco di acidi grassi saturi, che lo rendono solido e stabile, mentre la margarina deriva da oli vegetali ricchi di acidi grassi insaturi, solitamente liquidi a temperatura ambiente e per questo ha bisogno di una lavorazione industriale per ottenere una consistenza simile a quella del burro. Uno dei processi più noti, l’idrogenazione, può generare i cosiddetti grassi trans, potenzialmente dannosi per la salute, ma esistono metodi alternativi che riducono questi rischi.
Le differenze tra burro e margarina: struttura simile, ma non uguale
Burro e margarina sono due facce della stessa moneta: sono composti costituiti da acidi grassi. La differenza sostanziale tra i due sta nella struttura degli acidi grassi: in base alla presenza di legami semplici o doppi possono avere delle importanti differenze sia nella struttura che nelle caratteristiche.
Il burro, ottenuto dalla panna del latte, è un alimento di origine animale con una predominanza di acidi grassi saturi, cioè con legami semplici tra gli atomi di carbonio che li compongono e una struttura lineare che permette agli acidi grassi di interagire e aggregarsi in maniera più stabile e omogenea: di conseguenza ha una struttura compatta e solida, a temperatura di frigorifero. Se lasciato a temperatura ambiente, invece, il burro tende ad ammorbidirsi senza sciogliersi completamente, dato che il suo punto di fusione si aggira tra i 32 ei 35°C. Da un punto di vista chimico, gli acidi grassi saturi del burro si possono dividere in due grandi categorie: quelli a catena lunga, con più atomi di carbonio come acido laurico, acido miristico e acido palmitico, possono aumentare l'LDL, il "colesterolo cattivo" e sono più difficili da metabolizzare, per cui vengono immagazzinati come riserva nel tessuto adiposo, favorendo l'accumulo di grasso; e quelli a catena corta, come l'acido butirrico (4 atomi di carbonio), da cui il burro prende anche il nome, che invece promuovono la crescita di batteri intestinali benefici e hanno proprietà antinfiammatorie.

La margarina, invece, è costituita principalmente da grassi insaturi di origine vegetale (estratti per esempio da soia, girasole, colza). Negli acidi grassi insaturi sono presenti doppi legami tra gli atomi di carbonio che li compongono: queste introducono delle "pieghe" nella catena, che impediscono alle molecole di disporsi in modo compatto e fa sì che i composti a base di grassi insaturi siano generalmente più liquidi a temperatura ambiente. Questa piccola, ma fondamentale differenza, fa sì che mentre il burro è naturalmente solido per la predominanza di acidi grassi saturi, la margarina necessita di lavorazioni specifiche per ottenere la stessa consistenza.
Come rendiamo la margarina più simile al burro: l'idrogenazione
Partiamo subito con una puntualizzazione: parlare di margarina è sbagliato. Ne esistono, diversi tipi, a seconda delle materie prime utilizzate e dei processi produttivi: sarebbe quindi più corretto parlare di margarine, ma per non complicare troppo il discorso continueremo a parlare con il termine al singolare.
La margarina nasce storicamente come alternativa più economica al burro: fu inventata nel 1869 dal chimico francese Hyppolyte Mège-Mouriès in risposta a un concorso indetto da Napoleone III, che cercava un sostituto del burro accessibile alle classi popolari e all'esercito. In un periodo in cui la produzione di burro era costosa e limitata dalla disponibilità di latte, si cercava un grasso spalmabile che fosse più economico e più facilmente reperibile.

Per rendere la consistenza della margarina più simile a quella del burro, uno dei processi più conosciuti è la cosiddetta idrogenazione: aggiungendo moli di idrogeno molecolare (H2) e usando degli appositi catalizzatori, si eliminano i doppi legami degli acidi grassi insaturi trasformandoli in acidi grassi saturi o parzialmente saturi. Questo permette di avere una consistenza più solida rispetto a prima.
L'idrogenazione è utile non solo per migliorare la consistenza della margarina, ma anche per aumentarne la conservabilità: i doppi legami sono chimicamente più reattivi e soggetti a processi di ossidazione, che portano all'irrancidimento del prodotto. Eliminandoli, si ottiene un grasso più stabile, meno incline a degradarsi nel tempo e quindi con una durata di conservazione più lunga.
I rischi dell'idrogenazione nella margarina
Tuttavia, quando l'idrogenazione è parziale, non tutti i doppi legami vengono saturati e alcuni possono subire una modifica nella loro configurazione, passando dalla forma cis (quella naturale, che conferisce alla molecola una struttura più “curvata” ) alla forma trans, che sono state associate a un aumento del rischio di malattie cardiovascolari (secondo l'OMS, più di 278.000 decessi all'anno, nel mondo, possono essere associati a un eccessivo consumo di grassi trans). Per questo motivo, al giorno d'oggi molte margarine vengono prodotte con metodi alternativi all'idrogenazione catalitica, come l'interesterificazione.
Proprio questi processi industriali contribuiscono a dare alla margarina la cattiva reputazione di prodotto artificiale, soprattutto se paragonata al burro, che viene invece percepito come più naturale e casereccio. Per compensare questa differenza, può capitare che alla margarina vengano aggiunti aromi e coloranti per renderla più simile al burro, sia nel sapore che nell'aspetto.