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I ricercatori dell’Accademia delle Scienze di Guangzhou, in Cina, sono riusciti a produrre un neonato di “scimmia chimerica” iniettando in un embrione di macaco di Giava cellule staminali pluripotenti di un altro embrione della stessa specie ma geneticamente distinto. L'individuo risultante è stato il primo primate chimerico nato vivo ad avere un'alta percentuale di cellule provenienti da staminali di un donatore, e disegna nuovi orizzonti per la ricerca biomedica poiché indica che gli esperimenti sul chimerismo possono aiutare a cercare cure per le patologie umane.
Cos'è una "chimera" dal punto di vista genetico
Non è la prima volta che si sente parlare di “chimere”, e in particolare di scimmie chimera, già frequentemente riprodotte in laboratorio perché biologicamente più simili agli esseri umani di quanto non lo siano le chimere ottenute da topi e ratti. Ma cosa intendiamo per chimera, e quindi chimerismo?
Parliamo di un essere vivente, animale o vegetale, che possiede due o più linee cellulari geneticamente distinte a comporre organi e tessuti. È un fenomeno che può verificarsi naturalmente nella trasmissione del patrimonio genetico da genitori a prole quando due cellule uovo fecondate indipendentemente da due spermatozoi si uniscono divenendo uno. L’individuo che si originerà avrà il materiale genetico sia dell’uno che dell’altro ovulo e quindi anche due o più impronte genetiche, che andranno a sommarsi in un solo individuo.
Possiamo osservare il chimerismo genetico, per esempio, quando incontriamo un animale con gli occhi di colore diverso.
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L'utilità scientifica delle chimere
Questo fenomeno può venire riprodotto in laboratorio per lo studio delle patologie umane e il relativo sviluppo di trattamenti, proprio come è successo nella ricerca dell’università cinese dove però il piccolo primate è stato sottoposto a eutanasia ad appena dieci giorni di vita perché in grave stato di ipotermia e difficoltà respiratoria. Ciò ha sicuramente messo in rilievo che si tratta di un procedimento molto complicato, la cui buona riuscita non è scontata e che dunque presenta problematiche etiche.
Da tempo gli scienziati creano chimere animali utilizzando cellule staminali pluripotenti – cioè in grado di svilupparsi in un’ampia varietà di tessuti – prelevandole dalla regione interna dell’embrione, e modificandole geneticamente prima di essere impiantarle nell’embrione ricevente.
Per esempio, alcune cellule staminali portatrici di mutazioni genetiche per una particolare malattia possono essere aggiunte a embrioni privi di tali mutazioni. Così facendo, gli scienziati sono in grado di studiare l’influenza delle cellule portatrici della mutazione sulla fisiologia del nascituro e sulla sua salute.
Lo studio cinese sulla scimmia chimerica
I ricercatori di Guangzhou hanno creato embrioni riceventi raccogliendo ovuli di macaco di Giava (Macaca fascicularis); a parte hanno estratto cellule staminali di un secondo embrione proveniente da un’altra cellula uovo precedentemente fecondata e diversa dal punto di vista genetico ma della stessa specie animale. La seconda linea di cellule è stata modificata geneticamente per manifestare un colore verde fluorescente nel fenotipo del nascituro, caratteristica che si è potuta apprezzare nei polpastrelli e nelle iridi.
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Per far crescere le cellule staminali in laboratorio, queste sono state coltivate in un composto di sostanze nutritive e proteine che ne favorisse la crescita. A 7 giorni di sviluppo, 20 di queste cellule sono state iniettate all’interno di ciascuno dei 74 embrioni riceventi che hanno espresso un forte segnale fluorescente. A loro volta, questi embrioni sono stati impiantati nell’utero di 40 scimmie surrogate. Di queste, solo 12 scimmie sono rimaste incinte e solo una ha dato alla luce un individuo maschio vivo con polpastrelli e occhi verdi ma che è sopravvissuto solo 10 giorni prima che insorgessero importanti complicanze.
La novità dello studio
Le scimmie chimeriche prodotte finora in laboratorio possedevano tra lo 0,1% e il 4,5% delle cellule staminali del donatore in organi come cervello, reni e polmoni e non costituivano un modello adatto per lo studio delle malattie umane.
La chimera prodotta nello studio dell'Accademia di Guangzhou, invece, ha portato a risultati interessanti: in media, il 67% delle cellule di 26 tessuti diversi, tra cui polmoni e cuore, discendeva dalle cellule staminali del donatore. Ma è stato nel tessuto cerebrale e nel tessuto intestinale che il chimerismo è risultato più evidente: qui la progenie delle cellule pluripotenti da donatore costituiva oltre il 90% delle cellule totali.
Si tratta quindi di un risultato promettente per quanto riguarda lo studio delle patologie umane e lo sviluppo delle relative cure farmacologiche.
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I limiti scientifici ed etici degli studi sulle chimere
Nonostante i risultati promettenti, l'efficienza nel generare chimerismi primati rimane bassa. Secondo gli scienziati, questo può essere attribuito a due fattori principali: lo stato pluripotente delle cellule e le condizioni di coltura embrionale in vitro. Non sono stati infatti esplorati i meccanismi alla base dello scarto di sviluppo tra le cellule pluripotenti del donatore e quelle della cellula uovo ricevente, né l’eventuale esistenza di fattori pro-apoptotici (che inducono cioè alla morte programmata delle cellule) interni alle cellule staminali del donatore quando inserite nell’embrione ospite.
Comprendere questi meccanismi potrebbe consentire di ottimizzare la generazione nelle chimere e consentire la crescita di organi geneticamente compatibili a quelli umani in modelli animali, studiando sia l’evoluzione delle patologie umane che le relative cure farmacologiche. Questo ci pone, tuttavia, di fronte a questioni etiche di una certa rilevanza che dovranno necessariamente essere messe sul piatto della bilancia per la valutazione di costi e benefici di questo tipo di ricerca.